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Un’altra grande riforma: dall’educazione sanitaria all’educazione “salutare”

di Micaela Naccarato

05 MAG -

Gentile Direttore,
la tremenda esperienza Covid-19, vissuta dal mondo intero, ha introdotto un nuovo modo di concepire il welfare assistenziale, da doversi considerare oramai al lordo anche delle previdenze non contributive, da ricodificare - per esempio - da assegno di accompagnamento in servizi da acquisire, magari, a mezzo voucher spendibili nel Ssn.

Ciò è scaturito dall’esigenza di assicurare alla persona umana la tutela della propria salute, intendendo per tale sia il proprio star bene che il vivere meglio il proprio star male. Quest’ultimo, sino ad arrivare ad accettare i gravi stati di morbosità irreversibili spesso comportanti la fine della vita.

Con il Covid ancora in corsa, seppure rallentata, si è reso quindi necessario dare gas alla riforma dell’assistenza godibile. Si è cominciato a dare seguito al DM 70 del 2015, anche esso in procinto di modifiche (si veda QS 22 ottobre 2021), riferito all’assistenza ospedaliera, per finire al c.d. D.M. 71 afferente alla assistenza territoriale, ancora “negli spogliatoi”, avviato alla conclusione con una procedura non usuale e di dubbia costituzionalità, atteso il non perfezionamento dell’Intesa Stato-Regioni non si sia perfezionata la richiesta intesa Stato-Regioni (si veda QS 20 aprile).

Per ovviare a ciò il Governo ha ritenuto approvare una delibera in data 21 aprile 2020 - lo stesso giorno della mancata Intesa determinata dal voto contrario della Regione Campania – dal medesimo ritenuta sostitutiva del massimo evento concertativo e dunque prodromica all’adozione del previsto Dpcm (si veda QS 3 maggio).

Fatta questa premessa, occorre capire cosa accadrà sia nella fase definitoria dell’anzidetto DM 71 che in quella attuativa.

Prioritariamente, sorge il dubbio dell’approccio della domanda verso l’offerta salutare. Una buona organizzazione della salute si caratterizza, infatti, non solo per l’organizzazione resa disponibile all’utenza bensì per la capacità di quest’ultima di saper approfittarne, sino a godere della migliore qualità erogativa. Tutto questo porta a costruire un corretto contenuto della domanda nei confronti della quale contribuisce notevolmente una buona esecuzione della medicina primaria, di quella assicurata dai c.d. medici di famiglia, siano essi quelli di medicina generale che i pediatri di libera scelta. Ovviamente, tutto questo è inteso a conseguire la migliore conoscenza di ciò che occorre alla persona umana per vivere bene la propria esistenza e, quindi, delle loro famiglie.

A garanzia di un siffatto ineludibile sapere di sé stessi, in rapporto alla disponibilità erogativa dei Lea, assume un ruolo importante l’educazione salutare, non già sanitaria perché finalizzata soprattutto al mantenimento dello stato di benessere cui la Costituzione assegna al legislatore l’obbligo di tutela a mente dell’art. 32 della Costituzione. Con ciò riservandosi di assicurare misure di previdenza/assistenza ai bisognosi e a tutti coloro in grado di provvedervi, prevedendo a tal proposito gli interventi solidaristici di cui all’art. 38 Cost.

Da questa nuova concezione di salute è senz'altro scaturita l'esigenza di una ridefinizione di educazione sanitaria, esigenza che però non ha trovato sempre il modo di tradursi in intervento formativo rivolto alla popolazione nel suo complesso sia perché spesso le richieste di base non trovano la via istituzionale attraverso la quale esprimersi ed essere soddisfatte, sia perché il rinnovamento culturale stenta a imporsi rispetto ai vecchi modelli culturali e gestionali egemonizzati dalla medicina tradizionale.

Con gli spazi legislativi disponibili, soprattutto quelli di carattere interdisciplinare che investono diversi ambiti attuativi, tutto questo si è tuttavia reso possibile. Meglio, si sono resi praticabili, in modo capillare, linee di interventi formativi e programmazione ad hoc, da praticare sul terreno istituzionale più favorevole e ottimale: quello della scuola dell'obbligo includendo in questa anche la scuola per l'infanzia.

Al riguardo, è quasi superfluo affermare la necessità che l'educazione sanitaria venga prodotta nella scuola, inserendosi al pari degli altri interventi formativi per sviluppare argomenti e indurre atteggiamenti e pratiche attraverso le quali il singolo e la collettività imparino a difendere e a mantenere il bene prezioso della salute.

Gli spazi didattici attraverso i quali può essere esplicata l'azione educativa sono molteplici e possono addirittura trovare la possibilità di un approccio, come detto, interdisciplinare con gli altri contenuti dei curricoli scolastici. In proposito, è indispensabile comunque che l'ideazione e la progettazione di un programma di educazione sanitaria non assuma la separatezza tradizionale che contraddistingue il rapporto educativo nella scuola.

Quell’errore di ipotesi che porta a supporre che tutto si svolga nelle aule scolastiche tenendo presente solo il punto di vista interno ad esse, ma al contrario punti al superamento di quella separatezza coinvolgendo profondamente gli operatori e gli insegnanti, le famiglie, i tecnici, i medici, le forze attive presenti nel territorio considerate in un rapporto di collaborazione.

Al raggiungimento di questa compresenza possono essere utilizzati strumenti legislativi e organismi già attivi nella scuola e nel sistema sociosanitario, in modo da far scaturire dalla partecipazione allargata le esigenze reali della popolazione e da far nascere atteggiamenti attivi e propositivi in difesa della salute e a favore dell'educazione alla salute.

Avv. Micaela Naccarato

Azienda Ospedaliera di Cosenza

 



05 maggio 2022
© Riproduzione riservata

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