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Due aspetti assistenziali da considerare nella revisione del DM 70

di Marco Ceresa

25 MAG -

Gentile Direttore,
finalmente è in discussione la revisione del vecchio “regolamento degli standard ospedalieri”, il DM 70/2015, certo necessaria e resa essenziale dopo la dura lezione pandemica. Peraltro tale DM avrebbe dovuto già essere aggiornato da anni per adeguarsi ad alcuni aspetti incoerenti con gli stessi Livelli Essenziali di Assistenza del 2017, anche oggetto di reiterate interrogazioni parlamentari.

Fra le molte aree carenti già evidenziate da più parti, mi preme sottolineare in particolare due aspetti specifici clinicamente rilevanti, da un lato in relazione alla possibile miglior gestione dei malati cronici necessitanti di una effettiva “cerniera” unificatrice tra ospedale e territorio, dall’altro in relazione all’effettivo concreto controllo della sofferenza in ogni setting di cura.

Relativamente alla miglior gestione della cronicità sarebbe importante pensare, oltre all’eventuale necessità di incremento di posti letto, soprattutto alla espansione dell’attività ambulatoriale specialistica, dandole adeguata dignità e remunerazione affinché ne sia incentivata l’erogazione da parte di tutti (scandaloso che lunghe liste d'attesa vi siano per le prestazioni SSN ma non per quelle private); va considerato che il miglior controllo assiduo del malato cronico certamente ne migliora la qualità di vita e ne riduce le esigenze di ricovero e quindi gli elevatissimi costi correlati.

Tale attività dovrebbe includere con pari dignità (quindi con codifiche e remunerazioni specifiche) l’espansione delle prestazioni consulenziali, fondamentali al fine di utilizzare al meglio ogni occasione di ricovero ospedaliero per cercare di risolvere od almeno stabilizzare i diversi aspetti patologici di pazienti sempre più affetti da poli-comorbilità.

Altro aspetto importante, che potrebbe essere assolto anche a partenza dall'ospedale, dovrebbe essere l’istituzione, codificata e quindi facilmente richiedibile anche dai MMG, di “visite specialistiche domiciliari” a favore di tutti quei pz che per vari motivi non possono accedere alle sedi ambulatoriali, o non è opportuno che lo facciano (disabili di vario tipo: geriatrici, psichiatrici, neuropsichiatrici infantili, ecc).

Tali attività sarebbero certamente da embricare con i dettami del DM71, regolamento degli standard territoriali, che seppur recentemente approvato è stato soggetto ai rilievi del Consiglio di Stato con conseguente necessità di adeguamenti che potrebbero essere proficui.

Relativamente alla realizzazione del miglior controllo della sofferenza in ogni setting di cura, finalmente sarebbe importante dare realizzazione concreta a quell’art 38 comma 2 dei LEA, “nell'ambito dell'attività di ricovero ordinario sono  garantite tutte le prestazioni cliniche … inclusa la terapia del dolore e le cure palliative …”, ridando quindi dignità alle Cure Palliative anche come disciplina ospedaliera, dopo che non era stata per nulla prevista nel DM 70/2015 (in violazione dei dettami della legge 38/2010).

Vista la scarsità di personale non sarebbe fuori luogo costituire delle piccole unità di medici che si occupino di sofferenza a tutto tondo, al di là della fase di malattia, coinvolgendo unitariamente od almeno sinergicamente, sia chi si occupa di palliazione, che chi si occupa di dolore cronico, al fine di trattare inizialmente il malato a livello consulenziale durante i ricoveri, per poi in un secondo tempo inviarlo ai servizi più specifici a seconda della necessità. Inoltre proprio su questo tema, vi sarebbe da dare realizzazione a quella mozione voluta dall’On Trizzino un anno fa ed approvata da tutti i parlamentari che, fra i vari punti, impegnava il governo “a garantire un servizio di cure palliative ambulatoriali e di consulenza per ogni ospedale di base, un hospice ospedaliero per ogni presidio ospedaliero di primo livello”.  

La miglior gestione delle cronicità e delle sofferenze dei malati, monitorati costantemente duranti i loro percorsi di cura, ne migliorerebbe certamente l'evoluzione clinica, evitando di coglierli  poi in affollati Pronti Soccorsi per aggravamenti improvvisi ormai occorsi che sarebbero stati evitabili. La prevenzione ha ovviamente dei costi economici, ma certamente molto inferiori rispetto a quelli (non solo economici, ma anche sociali e di qualità di vita) che comunque poi vi sarebbero per il trattamento di condizioni più gravi. 

Marco Ceresa

Medico



25 maggio 2022
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