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L’importanza della formazione come fondamento della professionalità

di Antonio Panti

23 AGO - Gentile Direttore,
di recente sono apparsi su QS diversi interventi sul problema della regolarizzazione dei crediti ECM. Per diposizione della Commissione Nazionale ECM con l’anno prossimo termina la fase sperimentale, dopo oltre vent’anni, e gli Ordini, informati della situazione di ciascun medico relativamente agli obblighi formativi effettivamente conseguiti, dovranno procedere alla valutazione deontologica applicando eventuali sanzioni in caso di inosservanza. Un compito non facile stante la complessità delle norme e la debolezza dell’impianto informatico del SSN.

Mi sembra che tutti gli esperti interpellati da QS fossero concordi sull’importanza della formazione come fondamento della professionalità e si dichiarassero disponibili a attuare la normativa fondando, quindi, il giudizio deontologico sulla mera trasposizione delle decisioni amministrative della Commissione ECM; in tal modo si misura la competenza professionale del medico, derivante da un idoneo adeguamento cognitivo e comportamentale, col metro dei crediti acquisiti.

Sarà che non mi tolgo dalla mente l’insopportabile bambina televisiva: quanti crediti hai? “tutti!”, ma  così si trasforma la burocrazia in deontologia, il contrario di quel che si è sempre affermato sull’indipendenza di questa anche rispetto alla legge. In realtà non si è mai approfondito il tema della sostanza deontologica della formazione continua, cioè il rapporto tra deontologia e formazione, per cui vorrei proporre qualche riflessione.

Il medico deve studiare per adeguare nel tempo le proprie cognizioni e migliorare comportamenti e skill. La formazione continua, quella che si chiama long life learning, tipica del professionista, ha aspetti cognitivi e professionali. I primi si potrebbero misurare con il meccanismo classico dell’esame, i secondi valutare sulla capacità di problem solving del medico. Nella libera professione è giudice il cliente e il medico impreparato uscirà dal mercato, quando, invece, il medico eserciti in un rapporto di lavoro di dipendenza o autonomo il giudice non può essere che il datore di lavoro che ha interesse a fornire ai clienti un’assistenza di qualità. In pratica, in questo caso, l’obbligo formativo è contrattuale ed è un onere di servizio che l’amministratore pubblico o privato valuterà nelle forme concordate tra le parti.  

Da un punto di vista professionale la formazione rientra nel vasto tema della valutazione dei risultati, un tema sul quale ancora il Codice Deontologico non ha trovato un concreto punto di caduta. Il sistema dei crediti ECM è più volto all’acquisizioni di nozioni anche se non trascura la parte professionale. Ma questa è una questione secondaria. Importante è capire che la valutazione dei medici, alla quale si apprestano gli Ordini, mentre ha un evidente appiglio contrattuale non è chiaro come si possa meccanicamente agganciare al possesso di un numero di crediti formativi stabiliti in via amministrativa da un organo del SSN.

E la deontologia? Perché il nodo della questione è che un conto è una norma ottativa, che spinga il medico a mantenere adeguate anzi a migliorare le proprie performances professionali, altra cosa è una norma dispositiva che misuri la formazione con il metro dei crediti e su questa fondi una valutazione disciplinare. Se si considera la questione da un punto di vista squisitamente deontologico, interessa non tanto la meccanica dei crediti quanto la capacità di ciascun iscritto di saper affrontare i problemi che gli si presentano secondo le più moderne acquisizioni scientifiche, in una relazione umana corretta, senza sprechi di risorse, seguendo una metodologia riconosciuta.

Ma come valutare questa competenza? E, comunque, quali strumenti valutativi possiede l’Ordine in base alla legge vigente, la 3/18, qualora si volesse dar corso a questo ragionamento? Non è chiaro il nesso tra formazione e deontologia se non sul piano esortativo. Al di là di un possibile ruolo dell’Ordine, in quanto ente sussidiario dello Stato, nei riguardi dei liberi professionisti, una valutazione deontologica dello stato di adeguamento professionale di ciascun medico, derivante dal continuum formativo personale, richiamerebbe piuttosto quell’istituzione, mai concretizzata per quanto discussa, che è la ricertificazione della laurea.

Un compito siffatto potrebbe essere affidato all’Ordine nell’ordinamento italiano? Penso proprio di no. La parola “ordine” richiama un mondo di regole in cui trova difficoltà a collocarsi quell’assoluta autonomia professionale che gli “Ordini” rivendicano. Che ne verrà in un diverso clima politico? Nonostante questo ragionamento, sul quale sarebbe bene riflettere, gli Ordini seguiranno le indicazioni della Commissione ECM, nonostante la grande difformità dell’offerta formativa, temo in mezzo a difficoltà e controversie in un quadro di debole aggancio alla deontologia.

Antonio Panti

23 agosto 2022
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