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Dal Governo primi segnali positivi ma di passi per non far franare il Ssn ne servono ancora parecchi

di Francesco Dentali

13 APR -

Gentile direttore,
nelle ultime settimane il Governo ha finalmente deciso di intervenire sulla sanità con alcune misure nel Decreto Bollette. Un primo segnale certamente positivo dopo le numerose richieste di attenzione da parte del settore che dopo la pandemia sta rischiando di tornare nel ruolo di Cenerentola nell’agenda politica.

Un primo aspetto da rimarcare riguarda le misure che rafforzano le norme a tutela del personale sanitario che subisce violenze. Ormai il fenomeno delle aggressioni è sotto gli occhi di tutti e rappresenta uno di quei fattori che minano la serenità degli operatori che sempre più spesso fuggono dalla sanità pubblica. E allo stesso tempo è condivisibile l’annuncio della depenalizzazione dell’errore medico salvo in caso di dolo.

Importante anche il segnale dato sulle tutele e le garanzie anche economiche per il personale del Pronto soccorso, anche se è del tutto evidente che le criticità che vivono i professionisti, anche e soprattutto dopo questi anni di pandemia, riguardano tutti gli operatori del Ssn in particolare quelli che basano la maggior parte della loro attività sulla cura dei pazienti ricoverati senza l’incentivo economico della libera professione.

Sarebbe pertanto lecito attendersi interventi per migliorare le condizioni di lavoro di tutta la dirigenza medica e del personale del Comparto.

Lo dico da presidente della Federazione dei medici internisti (FADOI) che in questi anni hanno assistito il 70% dei pazienti Covid ricoverati in ospedale, e che tutt’ora si occupano del ricovero della maggior parte dei pazienti acuti provenienti dal Pronto Soccorso con grande impegno personale al centro della filiera assistenziale, nella quale è difficile distinguere chi abbia maggiori carichi di lavoro e maggiori responsabilità.

Di passi però per non far precipitare il nostro Ssn ne vanno fatti parecchi.

Penso in primis all’attuazione del Pnrr che oggi procede a rilento. In questo senso come FADOI abbiamo sempre criticato l’impianto del Dm 77 sull’assistenza territoriale perché dal nostro punto di vista è stato redatto pensando più a costruire dei “corpi separati” (Case e Ospedali di Comunità) senza però abbattere quel muro che tra ospedale e territorio ha causato tanti mali al nostro Ssn. In questo senso come FADOI stiamo elaborando anche delle partnership istituzionali per la verifica e attuazione del Dm 77, che dovrà necessariamente procedere di pari passo con l’aggiornamento del Dm 70 sugli standard degli ospedali. Solo costruendo un sistema integrato potremo migliorare il nostro sistema di cure.

Fondamentale sarà poi velocizzare l’ammodernamento delle nostre strutture che ormai la pandemia ci ha ampiamente dimostrato che devono essere flessibili e duttili a seconda delle esigenze di salute. In tutta questa progettualità sarà essenziale valorizzare la Medicina Interna. I pazienti ricoverati in nei nostri reparti hanno sempre condizioni cliniche gravi e di difficile gestione, con esigenze assistenziali molto complesse, richiedono costante assistenza e competenze specifiche, con ampio utilizzo di tecnologie sofisticate, strumentazioni tecnico-diagnostiche e terapie integrate. Tutto ciò impegna notevolmente il personale sanitario, medici e infermieri di medicina interna.

Purtroppo i reparti di Medicina Interna, che garantiscono una elevata intensità̀ di cura, vengono ancora definiti dal Ministero con il codice 26-Medicina generale, con una dotazione di personale e posti letto che è quella di un basso livello di cura. In tal senso, è fondamentale la ri-definizione del codice 26 Medicina Generale come Medicina Interna e la trasformazione della Medicina Interna da disciplina a ‘bassa’ a ‘media intensità di cura’, ridefinendo gli standard per il personale sanitario ancora vincolati dal vecchio DM 109/1988 Donat Cattin. Non soltanto un fatto nominale o burocratico ma il sostanziale riconoscimento di un ruolo specifico e di un carico assistenziale diverso.

Altro tassello su cui attendiamo risposte è quello della ricerca, che il Ministro Schillaci conosce bene e sul quale si è impegnato.

I tempi troppo lunghi della burocrazia erano e sono un fattore che limita la partecipazione dell’Italia ai trials e agli studi clinici in genere.

I lacci e lacciuoli della privacy ostacolano ogni più semplice progetto di ricerca. Nella gran parte dei casi sono proprio i pazienti a risentirne, venendo privati di attività di ricerca, in particolare quelle osservazionali retrospettive, che potrebbero fornire importanti risultati e spunti per il miglioramento dell’attività clinica e dell’uso di farmaci e procedure, a tutto vantaggio dei malati.

Il nostro gap con gli altri Paesi europei è ormai conclamato e a rimetterci sono soprattutto gli assistiti, perché dove si fa ricerca ci si cura anche meglio. Nei Paesi dove si fa sperimentazione clinica solitamente arrivano prima anche i farmaci innovativi e si diffonde più rapidamente la loro conoscenza tra i medici che possono poi utilizzarli al meglio.

Desta infine molta preoccupazione la riforma dell’autonomia differenziata. Sono sempre stato critico sulla riforma che portò alla regionalizzazione della sanità. il Sistema sanitario è nazionale e deve dare linee d’indirizzo anche organizzative alle Regioni. Abbiamo visto tutti durante la pandemia quanti problemi abbia creato l’assenza di una rete di comando ben definita. Il Paese si deve muovere nella stessa direzione, ed è chiaro che ogni Regione ha delle sue specificità, ma il Ssn dev’essere uno, non solo di nome ma di fatto.

Francesco Dentali

Presidente Fadoi (Società scientifica della Medicina Interna)



13 aprile 2023
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