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Servono risorse ma anche una profonda riflessione sulla salute mentale

di Federico Durbano 

17 MAG - Gentile Direttore,
mi inserisco nel dibattito apertosi tra Emi Bondi (Presidente SIP) ed Angelozzi rispetto al "salvataggio" della legge 180/1978, solo per condividere alcuni commenti. Fermo restando che tutti i Paesi esteri invidiano la nostra riforma della salute mentale ma nessuno la ha poi applicata a casa sua (come dire, "andate avanti voi che vediamo come va a finire, poi nel caso decidiamo"), e fermo restando che fin dalla nascita la riforma non è mai stata veramente finanziata in maniera adeguata per poter dire che è stata applicata al 100%, non posso che apprezzare come sempre Angelozzi per il suo coraggio di dire che il Re è nudo.

Condivido appieno analisi e (sconcertanti) conclusioni, anche se il 18 maggio a Roma sosterremo (come Direttori dei DSM) che il progressivo depauperamento di risorse è dannoso, per i pazienti e per la società.

Sappiamo benissimo che vengono pubblicati continuamente "libri dei sogni" che annebbiano la vista dei nuovi lotofagi, ma bisogna anche avere il coraggio di dire che il Re è nudo. In definitiva, tutti sono concordi che un sistema sanitario pubblico, universale ed equo non debba essere smantellato (chi è il pazzo che sosterrebbe il contrario?), ma nessuno è in grado di dire con che denari lo si potrà sostenere, almeno nel contesto economico-finanziario attuale del nostro Paese.

Un altro limite (almeno nell'area della salute mentale) è inserire in maniera acritica tutto ciò che è reattivo e adattativo nell'orizzonte psicopatologico e quindi meritevole di presa in carico specialistica. Così facendo le risorse non basteranno mai, in quanto la sofferenza umana è infinita ma non così le risorse. Ed in ogni caso non tutta la sofferenza (il termine politically correct è "disagio"...) è "malattia", spesso i sistemi omeostatici (come il nostro, sia nell'aspetto fisico ma anche in quello psichico) necessitano di momenti di riassestamento (il famoso "disagio") che non può e non deve essere assunto ad equivalente di malattia.

Quindi è vero che bisognerebbe riflettere prima di tutto sull'obiettivo della salute mentale nei servizi pubblici, ma poi anche sulla reale epidemiologia della "malattia" e non del "disagio", e solo dopo questi passaggi pensare alle risorse utili declinando sia l'organizzazione che la quantità di persone da impiegare, infine chiedere i fondi necessari a sostenere le azioni programmate. Sempre tenendo conto dei vincoli di sistema, che non sono più quelli degli anni '70-'80 del secolo (!!!) scorso e che soprattutto prevedono che siano le Regioni ad organizzare i propri servizi sanitari - anche quelli di salute mentale - rendendo di fatto ogni organismo centrale un'arma spuntata se non dotata di un mandato forte ma sostenuto normativamente.

E anche io quindi esprimo qualche perplessità rispetto alle posizioni ideologizzanti e direi neo-umanistiche degli estensori del citato "Manifesto", che di fatto rifiutano un approccio scientifico e moderno, evidence-based, della psichiatria sostenendo invece modelli psicologizzanti ed eccessivamente individuali (o individualistici) che negano di fatto ciò che è alla base della ricerca, innovazione e organizzazione razionale dei servizi. Forse la nostra debolezza è proprio questa: di avere troppe anime, che non comunicano tra loro e che non hanno la forza di porsi come stakeholders del sistema, pilatescamente aspettando che qualcuno decida per noi. Che non sempre è Babbo Natale... Salvo poi pretendere il diritto di lamentarsi.

Dott. Federico Durbano
Direttore S.C. Psichiatria Martesana UOP 34
Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze
Azienda Socio-Sanitaria Territoriale Melegnano e della Martesana

17 maggio 2023
© Riproduzione riservata

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