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Basta sparare a zero sui medici di famiglia

di Ornella Mancin

23 MAG -

Gentile direttore,
“Vanno, vengono, ogni tanto si fermano” questo meraviglioso incipit della canzone le Nuvole di Fabrizio De Andrè, potrebbe essere il leitmotiv di questo ripetersi ciclico di attacchi più o meno velati alla medicina di famiglia.

Qualche giorno fa una lettera sul Corriere della sera (Giangiacomo Schiavi), qualche mese fa un editoriale sulla rivista Gente a firma Umberto Brindani correlato dalla foto del mitico dr. Tersilli ; ogni tanto fa capolino questo desiderio di denigrare il medico di famiglia descritto come introvabile, lavativo, inadempiente e pieno di soldi. Del resto, non stiamo simpatici neanche alla politica, se qualche anno fa anche il ministro Giorgetti ci ha liquidati dicendo che ormai dal medico di famiglia non ci va più nessuno.

Dispiace tuttavia che in maniera reiterata il tentativo di demolire la figura e il ruolo del medico di famiglia venga da chi lavora in sanità e avrebbe gli strumenti per capire la complessità del nostro operare.

Il dr. Polillo a distanza di una settimana torna con un suo “studio e analisi”, che in quanto tale lascia molto perplessi, dove afferma che la medicina di famiglia è “una professione non più indispensabile ai fini assistenziali”, che continua a esistere paradossalmente perché i mmg “sono i titolari esclusivi di una serie di atti burocratici e amministrativi” e che per “non morire {i mmg}non devono più limitarsi a svolgere quasi esclusivamente funzioni di tipo burocratico” ma “devono ritrovare un ruolo nella divisone sociale del lavoro sanitario , oggi assente” devono cioè “ ridefinire le loro competenze “ ;

Dice tra l’altro e a titolo di esempio, che anche se” nessuno pretende che il MMG affronti urgenze ed emergenze” ciò” non esime il MMG dal saperle riconoscere da un punto di vista diagnostico e dal procedere a una stabilizzazione del paziente prima dell’arrivo del 118”.

Questa affermazione basta da sola per lasciarci basiti! Viene da chiedersi che conoscenza abbia il dr. Polillo del lavoro reale del medico di famiglia descritto da lui come un “passa carte” che manco più sa riconoscere un edema polmonare, un attacco ischemico o uno shock anafilattico al punto immagino di lasciare morire il paziente davanti ai suoi occhi, incapace pure di prendere il telefono e chiamare il 118, figuriamoci a fare qualcosa di utile.

Ma non contento di questo prosegue fornendo una serie di suggerimenti a suo dire necessari per dare senso al nostro lavoro e che sono nella nostra pratica clinica almeno da 20 anni:

- Essere “il responsabile dell’assistenza dei propri pazienti garantendo la presa in carico”;

- Fare da “coordinamento degli interventi sanitari e cura delle patologie specie di quelle croniche al fine di evitare riacutizzazioni e ricoveri”;

- diventare “un referente affidabile e competente per tutti i professionisti coinvolti nel percorso di cura”;”

“attivare registri di patologie … sviluppando interventi proattivi “

- Diventare “un protagonista nella domiciliarizzazione delle cure, oggi possibile con gli strumenti della telemedicina”

- “avere in ruolo nel contrasto agli stili di vita patologici.”

Io non so che conoscenza abbia il collega del nostro lavoro ma quanto scritto appare offensivo nei confronti di una categoria di professionisti che ogni giorno si prende carico della salute dei propri pazienti e li accompagna nel percorso di cura. Viene il dubbio che il dr. Polillo non conosca minimamente il ruolo e il significato di essere medico di famiglia a partire dal quel rapporto fiduciario che permette al paziente di scegliere un medico a cui affidare la propria salute in un percorso che attraversa tutta la vita e che consente al medico di conoscere l’ambiente di vita del paziente e di arrivare ad ognuno con una capillarità che è estranea a ogni altro servizio.

In molte zone di Italia mancano medici di famiglia e quelli rimasti obtorto collo si stanno facendo carico di un numero di pazienti in eccesso rispetto al massimale cercando di garantire a tutti uno standard di assistenza adeguato. Il nostro lavoro ci sta impegnando 10-12 ore al giorno e sta sottraendo spazio alla nostra vita privata e ai nostri affetti.

Spiace che anche tra i colleghi ci sia chi preferisce una narrazione secondo la quale lavoriamo 15 ore la settimana e guadagniamo una barca di soldi. Non si capisce perché se è così, sempre meno giovani medici intraprendano questa strada.

Siamo consapevoli che la sanità territoriale ha bisogno di essere riformata, ma senza nessuna riflessione seria sul cambiamento in atto nella società, sui bisogni assistenziali dei cittadini e su che figura di medico vogliamo, credo che una vera riforma non sia possibile. Del resto, è più facile tamponare costruendo case di comunità destinate a restare contenitori vuoti e indicare nei medici di famiglia il capro espiatorio del malfunzionamento della sanità, creando così le condizioni favorevoli per sostituire di fatto la convenzione con le assicurazioni, le cooperative, le mutue.

C’è bisogno di uno sguardo limpido, non obnubilato da “nuvole”, capace di prendere consapevolezza della fatica e della dedizione di quanti ogni giorno lavorano con impegno per la salute di tutti: non ci sono medici di serie A e medici di serie B, non ci sono professioni più importante di altre e tutti dovrebbero contribuire con la riflessione e il ragionamento al miglioramento e al mantenimento del nostro SSN , spingendo la politica a fare le scelte più idonee perché il grande patrimonio che abbiamo non venga distrutto.

Ornella Mancin



23 maggio 2023
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