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Possiamo davvero fare a meno del medico di base?

di Giuseppe Belleri

23 MAG - Gentile Direttore,
l'ultimo intervento di Roberto Polillo sul QS rievoca il fantasma che da decenni agita la comunità professionale dei medici del territorio: l’inarrestabile declino della MG, preludio alla messa in liquidazione ed estinzione per deperimento funzionale, ad opera della trionfante differenziazione tecno-specialistica e della proliferazione di professioni sanitarie, che ne usurpano la giurisdizione, screditando e svuotando il ruolo generalistico di un paria relegato ai margini del sistema, a dispetto della piaggeria retorica sulla sua declamata "centralità".

Il profilo e l'immagine pubblica del MMG oscilla tra le code estreme della curva gaussiana: da un lato prevale quella del "mutualista" generico di base, passivo certificatore deprofessionalizzato, passacarte burocratico e docile impiegato esecutivo, ligio ai desiderata dei "clienti" o agli ordini dei superiori, incapace di farsi carico dei problemi degli assistiti, smistati agli specialisti. Al polo opposto dello spettro troviamo l'immagine idealizzata di un superman clinico in grado di intervenire indifferentemente, con pari efficacia e qualità professionale, in situazioni acute e croniche, tanto da insidiare gli specialisti.

In mezzo c'è la maggioranza di onesti professionisti che negli ultimi decenni ha dovuto far fronte ad una trasformazione tanto silenziosa quanto profonda, con un cambiamento informale e per certi versi epocale, senza strumenti e risorse adeguate all'impegno richiesto, per l'immobilismo, i vincoli normativi e il disinteresse della controparte. Insomma con il nuovo millennio è cambiato il mondo e la medicina generale è riuscita ad adattarsi, pur con grande fatica, esiti organizzativi e clinici incerti, nonostante l'incuria e i ritardi della gestione nazionale, che peraltro le vengono paradossalmente imputati; quasi che l'ormai ventennale vacanza contrattuale o il decennale oblio della Balduzzi fosse "colpa" o frutto di una perversa tattica sindacale (autolesionistica) e non invece una deliberata strategia dilatoria della controparte per mettere con le spalle al muro un sindacato, peraltro acquiescente e consociativo.

Vediamo in modo sommario in cosa consiste il lavoro sul territorio, sul piano qualitativo e quantitativo, riconducibile alle categorie dell'epidemiologia.

PREVALENZE. Il cambiamento radicale e “catastrofico” dell'ultimo trentennio è quello epidemiologico-anagrafico, che emerge dal confronto tra le prevalenze delle malattie croniche non trasmissibili, in forma singola e associate, rispetto al secolo scorso: oggi oltre un terzo della popolazione adulta è affetta da una o più condizione cronica di rischio asintomatico o patologia cardiovascolare e/o metabolica o respiratoria, che richiede interventi su diversi fronti come indicano i relativi percorsi, linee guida, regole prescrittive etc... A questi capitoli clinici si aggiunge la multiforme patologia degenerativa ortopedica e flogistica e i non meno impegnativi problemi psicosociali e psichiatrici, spesso sotto-soglia a cui si è aggiunto il disturbo d’ansia da malattia codificato dall’ultimo DSM. Questa multiforme fenomenologia assorbe i ¾ delle risorse pubbliche.

I cronici monopatologici in fase acuta - come “il” cardiopatico, “il” bronchitico o “il” diabetico "puri" - sono una rara eccezione rispetto al cumulo di problemi che riempie il fardello esistenziale dell'ultima fase del ciclo biologico e psico-sociale, punteggiata da fragilità, decadimento cognitivo, invalidità, non autosufficienza e terminalità multiorgano. La gestione coordinata e continuativa della cronicità è la mission prioritaria della MG nella cornice dei PDTA e del Governo Clinico che comporta compiti ambulatoriali e domiciliari imponenti così articolati: inquadramento diagnostico, monitoraggio e verifica delle terapie, follow-up periodici, registrazione dei parametri bio-clinici, educazione sanitaria e terapeutica, rivalutazione del percorso e verifica degli indicatori di processo/esito individuali e di popolazione, coordinamento degli interventi in relazione con care-giver, case manager ed altri operatori sanitari etc.. Si tratta di compiti sociosanitari ed assistenziali praticamente sconosciuti nel secolo scorso e meno eclatanti degli interventi diagnostici e terapeutici salva-vita, svolti con impegno e difficoltà, per i vincoli di una soffocante burocrazia.

A partire dalla seconda metà del secolo scorso la cronicità prevalente ha messo in crisi la storica identità professionale del medico, consolidata nei secoli e centrata sulla risoluzione di eventi acuti, fonte di prestigio e riconoscibilità sociale; si deve al ginevrino prof. Assal la lucida tematizzazione delle differenze, prima di tutto culturali ed identitarie, e dei nodi professionali che i medici devono superare per aiutare, con l'educazione e un nuovo modello di intervento e relazione, il malato cronico ad autogestire in modo efficace la sua nuova condizione (empowerment). Allo spostamento della gestione della cronicità dal territorio all’ospedale, con relativa messa in liquidazione di una MG ormai obsoleta e al capolinea, era indirizzata la riforma della presa in carico lombarda, dai disastrosi esiti empirici verificati sul campo per il disinteresse specialistico. I risvolti economico-finanziari dell’appropriatezza e della razionalizzazione delle cure sul territorio sono incomparabili rispetto agli auspicati interventi in situazioni acute.

Ai sindacati si può se mai rimproverare di non aver capito il valore strategico della cura della cronicità e di non essere stati in grado di valorizzare l’oscuro lavoro dei MMG, che può emergere dalla sistematica registrazione ed estrazione delle informazioni residenti in quella vera e propria miniera d’oro degli archivi informatici generalistici.

INCIDENZE. A questi compiti già di per sé gravosi si aggiunge l'incidenza di nuove condizioni croniche e, soprattutto, di quelle acute di minore impatto clinico ma di non minore impegno organizzativo e professionale, che devono essere gestite sul piano diagnostico-terapeutico sul territorio, a partire delle virosi respiratorie e da quelle gastroenteriche stagionali. Se i nuovi casi di diabete, tumore o di IMA restano entro la dozzina all'anno, nelle stagioni invernali hanno la stessa incidenza quotidiana le sindromi influenzali, per non parlare dell'orribile biennio del Covid-19.

Ad esempio nella stagione autunno-inverno 2022-2023 le sindromi influenzali hanno fatto segnare il record assoluto di casi, con quasi 14milioni di infezioni (esattamente 13.963.000), vale a dire più del doppio dell'anno prima. Una mole imponente di lavoro sopportata per il 95% dalla medicina del territorio, ma che è certamente meno eclatante di una brillante diagnosi di IMA o di aritmia ipercinetica. Ben venga quindi il contributo di farmacisti ed infermieri per attenuare l'impatto delle patologie minori sul MMG, in modo da concentrare energie e risorse alla gestione della cronicità. Riguardo alle incombenze certificative minori da tempo viene richiesto che il paziente possa ricorrere all’autocertificazione per i primi giorni di malattia.

PREVALENZA LIFE TIME. L'ultimo capitolo è quello delle forme a carattere acuto o ricorrente che prima o poi succedono un po' a tutti nella vita, dalla cefalea all'anemia sideropenica, dai traumatismi minori alle patologie venose, dai disturbi gastroenterici stagionali a quelli infettivi ORL, dalle allergie alle calcolosi, dalle dermatiti alle punture d'insetto, dai disturbi della sfera genitale alla gravidanza/menopausa, dalle infezioni batteriche del cavo orale a quelle cutanee, dalle patologie tiroidee alle neoplasie benigne, dalla lombalgia alle sindromi vertiginose, dalle emorroidi all'herpes etc.. La maggior parte di queste patologie non giunge in corsia, è poco frequentata dalla formazione curricolare e resta confinata sul territorio dove avviene l'iniziale inquadramento diagnostico, la prima valutazione e l'impostazione terapeutica.

LA TERRA DI NESSUNO. Ma c’è di più: nell’epoca della medicina mutualistica era praticamente sconosciuta una fetta non meno rilevante di condizioni croniche da fronteggiare sul territorio, vale a dire la zona grigia ed incerta dei MUS. A dire il vero anche oggi questo acronimo è praticamente ignorato dalla formazione universitaria e specialistica, tranne rari casi. Eppure riguarda quasi il 20% delle consultazioni ambulatoriali, di cui costituisce la parte sommersa e non percepita dagli stessi medici che, a loro insaputa, se ne devono occupare. Lascio alla curiosità del lettore la scoperta del significato del misterioso acronimo.

Chi se ne farà carico quando il “medico di base” sarà definitivamente tramontato ed estinto?

Dott. Giuseppe Belleri
Ex MMG - Brescia

23 maggio 2023
© Riproduzione riservata

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