La presa in carico, un percorso a ostacoli?
di Tiziana Zungri
16 SET -
Gentile Direttore,immaginate di dover affrontare un percorso difficile, come una malattia o un infortunio. Il recupero è il “faro” che rappresenta un ritorno alla normalità, un momento cruciale in cui ogni passo avanti è una vittoria. Eppure, questo percorso, così importante per la salute e il benessere delle persone, spesso si trova ad affrontare ostacoli inattesi.
Uno di questi ostacoli è la mancanza di un approccio integrato e multidisciplinare. Troppo spesso, ci si ritrova a dover affrontare un percorso frammentato, senza un team di professionisti che lo segua in modo coordinato. Il risultato? Un recupero più lento, un maggior rischio di complicanze e, in ultima analisi, una minore qualità di vita.
Un aspetto che emerge con chiarezza è quello economico. Spesso, le gare d’appalto per l’acquisto di presidi sanitari, come ad esempio i materassi antidecubito (ma se ne potrebbero citare diversi altri), vengono vinte dalle offerte più basse, sacrificando la qualità a favore del prezzo. Questa scelta apparentemente vantaggiosa si rivela poi un boomerang: un materasso economico può provocare piaghe da decubito, complicando notevolmente la situazione del paziente e aumentando in modo esponenziale i costi della sua cura.
I dati sono impietosi: una piaga da decubito può costare al Servizio Sanitario Nazionale e alle famiglie migliaia di euro, mentre un materasso di qualità, seppur più costoso all’acquisto, rappresenta un investimento a lungo termine, evitando complicazioni e riducendo le spese complessive.
È arrivato il momento di cambiare prospettiva. La qualità della presa in carico non è un costo, ma un investimento nella salute e nella qualità della vita delle persone. È fondamentale valorizzare il lavoro dei professionisti sanitari, garantendo loro gli strumenti necessari per svolgere al meglio il proprio compito.
Dobbiamo far comprendere a tutti, cittadini e decisori politici, che la sanità non è un settore su cui si può risparmiare senza conseguenze. Investire in riabilitazione significa garantire un futuro migliore ai pazienti, alle loro famiglie e alla società nel suo complesso.
È evidente che un approccio più oculato, che privilegi la qualità dell'assistenza e l'utilizzo di presidi sanitari adeguati, si tradurrebbe in un risparmio complessivo per il sistema sanitario.
Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale:
• Valorizzare il lavoro di squadra: Ogni professionista sanitario coinvolto nel percorso svolge un ruolo cruciale.
• Investire nella formazione: È necessario garantire una formazione continua sempre più personalizzati e individualistica, orientata alle innovazioni e alla certificazione.
• Sensibilizzare l'opinione pubblica: È importante far comprendere ai cittadini che la salute è un bene prezioso e che investire nella riabilitazione significa investire nel futuro.
Chiediamo quindi:
• Un maggior coinvolgimento dei professionisti sanitari nella definizione delle politiche sanitarie.
• Una maggiore attenzione alla qualità dei presidi sanitari acquistati dalle strutture pubbliche.
• Una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’importanza della riabilitazione.
Solo lavorando insieme possiamo costruire un sistema sanitario più efficiente, più umano e più sostenibile.
Investire nella qualità significa investire nel futuro delle persone. È tempo di superare l'idea che la sanità sia un costo e di riconoscerla come un bene prezioso da tutelare e valorizzare.
In questo contesto diventa imprescindibile e fondamentale l’impegno reale e concreto delle istituzioni come gli Ordini Professionali TSRM e PSTRP (Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione) non solo perché sono chiamati alla vigilanza del corretto esercizio professionale ma soprattutto perché oggi il loro compito è dare la giusta valorizzazione e riconoscimento ai professionisti della salute.
Dr.ssa Tiziana Zungri Tecnico Ortopedico
16 settembre 2024
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore