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Considerazioni per una spesa sanitaria pubblica al 7% del Pil

di Sandro Venanzi

19 SET - Gentile Direttore,
alla vigilia di importanti scadenze per la definizione delle scelte di finanza pubblica per il 2025 e gli anni a seguire torna di estrema attualità la discussione sulla evoluzione della spesa sanitaria pubblica e sulla attenzione che ad essa riserva l’attuale governo. Le opposizioni hanno fatto del livello di definanziamento del SSN forse il principale argomento di contestazione dell’operato del governo mentre fonti governative ribadiscono con insistenza che il definanziamento è stato operato in passato e le risorse aggiuntive annuali attuali sono superiori a quelle messe in campo dai precedenti governi.

Per fare chiarezza ed impostare un ragionamento che, se possibile, possa definire il percorso per invertire la rotta di progressiva crisi della sanità pubblica, occorre convenire su quale sia il dato che meglio definisce l’adeguatezza delle risorse riservate alla sanità pubblica. Valgono le modificazioni nominali annuali della spesa o il rapporto di questa rispetto al PIL?

E’ fuori di ogni dubbio che sia quest’ultimo valore quello che conta. La dinamica del PIL nominale comprende sia la crescita di ricchezza prodotta che la componente relativa all’inflazione. Quest’ultima è responsabile dell’incremento dei costi che bisogna fronteggiare, in particolare quelli relativi al personale, soprattutto per i rinnovi di contratti e convenzioni che sono posti a carico delle risorse destinate annualmente alla Sanità.

Inoltre l’incremento del PIL determina a parità di pressione fiscale un corrispondente incremento delle entrate tributarie che lo stato ha a disposizione per gli inevitabili incrementi delle varie voci di spesa. Pertanto affermazioni come quelle fatte da esponenti del governo e della maggioranza che i fondi destinati alla sanità negli anni recenti sono i più alti di sempre non hanno alcun valore ai fini del giudizio di adeguatezza delle risorse messe in campo, mentre un rilevate definanziamento in atto è testimoniato dalla caduta negli ultimi 2 anni della spesa sanitaria pubblica in percentuale sul PIL dal 6,8% del 2022 al 6,3% medio del 2023-2024.

Anche l’entità delle risorse aggiuntive annuali non può pertanto essere sganciata dalla dinamica annuale del PIL nominale che negli anni recenti e nelle previsioni per i prossimi anni è significativamente superiore a quella verificatasi ad esempio nel periodo 2008-20018 caratterizzato da bassa crescita e bassa inflazione. Tutto ciò giustifica l’adozione del rapporto tra spesa e PIL come reale indicatore dell’adeguatezza e sostenibilità di ogni singola voce di spesa. Ora esistono prevalenti argomentazioni che il dato più accettato come indicativo di una spesa sanitaria pubblica sostenibile e sufficientemente adeguata corrisponda ad un rapporto spesa/PIL di almeno il 7%.

Tralasciando le numerose argomentazioni a sostegno di una tale affermazione e considerando che le più evolute economie hanno un livello di finanziamento superiore a tale valore, vale la pena notare che recenti affermazioni di due autorevoli esponenti politici di maggioranza ed opposizione e cioè l’attuale Ministro della Sanità Orazio Schillaci e la senatrice Beatrice Lorenzin, che ha rivestito in passato tale carica, hanno entrambi affermato la necessità di raggiungere come minimo l’obiettivo del 7%. Fonti di stampa rivelano che anche Giorgia Meloni abbia di recente palesato un suo convincimento della giustezza di un tale obiettivo.

Quando però si passa dalle affermazioni di principio alla corretta quantificazione delle risorse annualmente necessarie al conseguimento di un finanziamento adeguato tenendo conto della dinamica del PIL prevista per i prossimi anni, si ha l’impressione che non ci sia nelle sedi politiche la corretta percezione delle cifre in gioco. In sede governativa incrementi annuali di 2-3 miliardi dei fondi per la sanità vengono celebrati come segnali di grande attenzione a tale comparto della finanza pubblica mentre nel campo dell’opposizione proposte di legge presentate nei mesi scorsi per portare la spesa sanitaria pubblica al 7,5 e 8% del PIL ipotizzano incrementi annuali intorno ai 4 miliardi.

In sede di discussione di tali proposte di legge è apparso evidente che un finanziamento annuale aggiuntivo di 4 miliardi è appena sufficiente a conseguire e mantenere un livello di spesa del 6,5%. Risorse aggiuntive maggiori sono necessarie per recuperare un livello di spesa del 7% anche con un intervallo temporale che arrivi al 2030.
Nella seguente tabella la dinamica del PIL dal 2024 al 2030 è quella indicata nel DEF 2024 fino al 2027 e per gli anni a seguire viene ipotizzato un incremento prudenzialmente in linea con gli anni precedenti. Le cifre relative al PIL di quegli anni sono riportate in corsivo. Le cifre della colonna che si riferiscono al percorso ipotizzato per raggiunge un livello di spesa del 7% sono riportate in grassetto.



In sintesi si evidenzia come aumenti nominali della spesa sanitaria pubblica di 2-3 miliardi l’anno riducono negli anni avvenire la percentuale di spesa verso il 6% del PIL, incrementi di 4 miliardi stabilizzano tale rapporto intorno al 6,4%, mentre per raggiungere nel 2030 una spesa al 7% del PIL occorre prevedere altri 2,5 miliardi l’anno per un totale di 6,5 miliardi. Altri 2,5 miliardi per un totale di 9 miliardi l’anno sarebbero necessari per portare la spesa al 7,5% del PIL con risorse molto più consistenti e per un periodo più prolungato rispetto a quanto previsto dal DdL proposto dal Partito Democratico.

Come si vede, recuperare un livello adeguato di finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale richiede incrementi annuali ben superiori a quelli di cui si ragiona in questi giorni. Il Presidente del Veneto Zaia ha nei giorni scorsi commentato con entusiasmo l’ipotesi di incremento delle risorse per il 2025 per 2 miliardi elogiando la Presidente Meloni per l’impegno profuso in proposito e nessuno ipotizza risorse superiori a quanto previsto nel DEF di quest’anno che è documento non programmatico e a legislazione vigente stima incrementi di spesa di cica 3 miliardi l’anno.

Del resto in attesa delle cifre del Documento Programmatico di Bilancio di cui sono state esaminate in Consiglio dei Ministri le direttive fondamentali, emerge già che per rispettare i vincoli di finanza pubblica imposti dall’Europa la spesa primaria complessiva potrà crescere annualmente dell’1,5% e la spesa sanitaria potrà rispettare tale vincolo solo con un incremento annuale di poco superiore ai 2 miliardi. Ciò è evidenziato nella riga aggiuntiva alla tabella sopra riportata in cui si vede anche che per raggiungere il 7% nel 2030 l’incremento medio annuo della spesa sarebbe del 4,3%, quasi 3 volte il limite per la spesa pubblica complessiva. Obiettivo possibile solo con il convincimento generale della priorità del tema del superamento della crisi progressiva del Sistema Sanitario Nazionale e delle giuste risorse che ciò richiede, argomento però che oltre a dichiarazioni generiche non sembra ricevere la dovuta attenzione e collocazione nei programmi inerenti la prossima manovra finanziaria.

Dr. Sandro Venanzi
Ex Direttore Struttura complessa USL Umbria 2 attualmente in pensione
Membro Segreteria Aziendale Anaao-Assomed USL Umbria 2

19 settembre 2024
© Riproduzione riservata

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