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La riorganizzazione del Ssn: non è solo una questione di soldi 

di Antonio Salvatore

14 OTT - Gentile Direttore,
come ogni anno, approssimandosi la Legge di Bilancio, il dibattito politico si accende sulle risorse da destinare alla sanità. Riaffiorano, quindi, i vecchi temi: il de-finanziamento pubblico della spesa sanitaria, l’aumento della spesa privata, il fenomeno migratorio (di pazienti e di professionisti), i divari territoriali, la carenza di personale e quant’altro.

Per quel che concerne le risorse da destinare alla sanità, è pacifica la circostanza che la “ragioneria” abbia governato le scelte politiche del passato, che si sono tradotte in tagli indiscriminati che hanno depotenziato la struttura del nostro Ssn.

Durante la “stagione dei tagli” (2010-2019), ci ricorda GIMBE, la sanità pubblica ha patito tagli per oltre 37 mld di euro. Superato il periodo pandemico (2020-2021), le Leggi di Bilancio 2023 e 2024 hanno previsto un incremento significativo di risorse per la sanità (il FSN è passato dai 125,4 mld di euro del 2022 ai 135,6 mld di euro del 2026), nei limiti della sostenibilità della spesa pubblica.

Giova infatti ricordare che, in base al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2024, approvato dal CdM il 9.4.2024, il totale delle spese correnti del nostro Paese è lievitato negli ultimi cinque anni in misura significativa, anche a causa degli interessi passivi sul debito pubblico. Pertanto, le somme da allocare alla sanità – il cui costo impatta per circa il 15% del totale della spesa pubblica corrente – devono necessariamente tener conto della sostenibilità del Bilancio dello Stato.

Quanto alla spesa sanitaria privata, il 2023 ha fatto registrare una crescita di oltre il 10% rispetto al 2022 (da 41,5 mld del 2022 a 45,9 mld del 2023). L’assistenza per cura e riabilitazione (18,2 mld di euro) ed i prodotti farmaceutici (15 mld di euro) cubano oltre il 70% del totale.

Pertanto, il potenziamento del SSN non dipende solo dalle maggiori risorse finanziarie, ma anche – e soprattutto – da interventi legislativi tempestivi e strutturati: ridefinire i LEA in base ai fabbisogni effettivi e su evidenze scientifiche, intervenire sugli sprechi e le inefficienze del Ssn anche grazie agli strumenti di sanità digitale, potenziare la sanità integrativa, mitigare i vincoli normativi che ingessano le Regioni sottoposte ai piano di rientro, rivedere i criteri di riparto del FSN anche al fine di contenere i flussi migratori.
Ma vi è un ulteriore elemento di criticità che impatta fortemente sulla riorganizzazione del nostro SSN: la norma sulla depenalizzazione dell’atto medico, a garanzia dei pazienti e dei professionisti.

L’attuale assetto normativo, per come concepito, incide fortemente sulle specializzazioni e sulla migrazione verso il privato o verso altri Paesi.

Pertanto, fermo restando le responsabilità penali per gli atti dolosi, la depenalizzazione dell’atto medico, a parere di chi scrive, contribuirebbe a rafforzare il Ssn.

Antonio Salvatore
Direttore del Dipartimento Salute di ANCI Campania
Vice Presidente della Fondazione Triassi per il Management Sanitario

14 ottobre 2024
© Riproduzione riservata

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