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Questione infermieristica, riflessioni ed esperienze

di Giuliana Morsiani e Vianella Agostinelli

23 OTT - Gentile Direttore,
proprio negli ultimi giorni con l’assistente infermiere e con le prescrizioni infermieristiche si è riacceso il dibattito sull’infermieristica a cui si vuole segnalare un lavoro “Caring: dalla visione agli esiti assistenziali - Riformare le prassi dell’infermiere”1 che si aggiunge sul tavolo della discussione partendo dall’analizzare la situazione infermieristica dall’interno del contesto aziendale e offendo riflessioni frutto di esperienze dirette delle autrici in realtà organizzative aziendali dell’Emilia-Romagna e della Toscana.

Oggi più che mai c’è necessità di mettere ordine avendo chiaro i capisaldi di una politica di Direzione Assistenziale che sia in grado di agire una discontinuità dall’impostazione gestionale di “manutenzione” dei processi ordinari, per spingersi verso quelle dinamiche di “progettualità”, rispondendo alla forte necessità di riprendere il cammino evolutivo dell’infermieristica fermo agli anni Novanta.

Le conoscenze infermieristiche oggi in Italia, sono ferme alla fase della “teoria”, se prendiamo a riferimento lo studio di Meleis Afaf infermiera filosofa americana che ha ben delineato il loro percorso evolutivo. L’infermieristica è qui bloccata da oltre trent’anni, anni in cui la comunità professionale non è rimasta inoperosa, anche se il sapere infermieristico non è riuscito a progredire e a rispondere ai successivi tre stadi di sviluppo. La fase più critica è proprio quella a cui dobbiamo ancora rispondere oggi, quella della “filosofia”. La domanda che ci si pone è di facile comprensione, ma di difficile risposta, perché interroga la professione su qual è “il contributo disciplinare al vivere e alla salute dell’uomo”2 chiedendoci di rendicontare il beneficio, il valore, l’utilità prodotta dall’Infermieristica.

È questo il grande quesito a cui la professione oggi deve rispondere per rimettere ordine ai propri pensieri e ragionamenti partendo dalle radici dell’essenza professionale del Caring per re-ingegnerizzare i processi assistenziali, spingendo verso il superamento del prestazionalismo e del modello per compiti in un ripensamento complessivo delle forme collaborative con medici, Oss e, perché no assistente infermiere.

L’innovazione è riposta nell’adeguare l’organizzazione infermieristica nelle sue attività produttive: da standardizzate e frammentate in verticale vengono riassemblate in orizzontale, nei processi in cui le fasi di attività si sviluppano nella chiarezza delle responsabilità.

Il ripensamento non può che interessare le prassi dell’infermiere, aggiornando il cuore operativo dall’interno della professione, affinché l’infermiere possa rispondere in modo compiuto al mandato di governo dell’intero processo del prendersi cura, arrivando fino a misurare gli esiti assistenziali.

La spinta verso la revisione degli assetti può essere sintetizzata nell’acronimo PAI+PN/IfeC = Esiti assistenziali, nella cui lettura convergono e si armonizzano la dimensione professionale con quella gestionale/organizzativa, portando nel giusto ordine i fini con i mezzi. Nella pianificazione assistenziale infermieristica (PAI) si esprime la prassi professionale, mentre con i modelli organizzativi dell’assistenza Primary nursing (PN) nelle degenze e dell’Infermieristica di famiglia e comunità (IfeC) nei setting territoriali, si accompagna la persona lungo la dimensione organizzativa di continuità assistenziale.

Una ricchezza, quella degli esiti assistenziali raggiunta con linguaggi standardizzati3, grazie ai quali è possibile qualificare e quantificare i contributi dell’infermieristica equipaggiandola con indicatori assistenziali puntuali, che consentono di presentarsi al “tavolo interprofessionale” con un ruolo rinnovato e qualificato.

È infatti lo stadio dell’“interprofessionalità” quello più produttivo e funzionale per rispondere in maniera adeguata ai bisogni di salute, quello a cui l’Infermieristica e le altre professioni sanitarie devono rivolgere il contributo specifico per uscire da un assetto competitivo e rivolgersi verso quello realmente collaborativo.

La fase finale della “digitalizzazione” e traduzione nel linguaggio digitale dei processi di cura certifica il grado di “maturità” raggiunto dalle professioni. Infatti, nell’investimento nelle piattaforme digitali non si può informatizzare il lavoro di una professione quale espressione di una razionalità tecnica , prestazionale, concentrata nel “fare” e negli interventi infermieristici. Diversamente deve dare prova di saper superare quel confinamento di post ausiliarietà che dai compiti mira agli esiti assistenziali per misurare poi indicatori complessivi sulla salute delle persone.

Va da sé che la spinta al ripensamento del ruolo e delle prassi assistenziali passa dalla revisione della politica professionale della Direzione Assistenziale affinché affondi nel caring la sua filosofia concettuale e la visione prospettica della valorizzazione professionale. L’ordine proposto è impregnato dalla visione professionale che supporta la diversa padronanza dell’agire, dell’organizzare, del migliorare, dell’integrare, dell’armonizzare, attraverso una rinnovata consapevolezza dell’essere professionisti, per una reazione costruttiva, collettiva e strategica.

Giuliana Morsiani
Infermiera, Dottoressa di ricerca -Ausl di Modena

Vianella Agostinelli
Infermiera, Direttrice del Dipartimento Professioni Infermieristiche e Ostetriche - Ausl Toscana Sud-Est

Note
1) La scelta presente nel libro è relativa al modello Gordon e linguaggi tassonomici NANDA-I, NOC e NIC.
2) Schon D.A. Il professionista riflessivo. Edizioni Dedalo, 1993.
3) Cavicchi I. Medicina e sanità: snodi cruciali. Edizioni Dedalo, 2010.



23 ottobre 2024
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