Gentile direttore,
troppo spesso si sente dire che i medici sono disinteressati al proprio Ordine professionale e quindi disertano le elezioni ordinistiche. Ma se davvero si vuole che i medici vadano a votare, occorre rendere agevoli le procedure di voto, evitando condizioni che le rendono difficoltose.
Va ricordato anzitutto che gli Ordini sono provinciali e non cittadini, quindi estesi in territori ampi e spesso disagevoli; proprio per tale motivo la normativa elettorale prevede sia l’eventuale istituzione di più sedi che la possibilità di votare sino a 5 giorni, ma soprattutto il più semplice voto telematico a distanza, che oggi risulta il modo facilmente fruibile ed atto a garantire la necessaria partecipazione di tutti, sia dei colleghi afflitti da turni massacranti che territorialmente distanti (ma che ogni giorno espletano telematicamente ampia parte del loro lavoro).
Inoltre, solo l’ampia partecipazione al voto vuol dire anche effettiva rappresentatività ed autorevolezza degli Ordini, essenziale in questi tempi di grave crisi del SSN in cui ai medici sarà certo chiesto di garantire un surplus di impegno a favore dei malati.
Purtroppo, larga parte degli Ordini, essendo da lungo tempo poco rappresentativi e spesso autoreferenziali, sono sentiti “inutili” dalla maggior parte dei medici, che quindi “non desiderano sprecare inutilmente” il loro scarsissimo tempo libero, recandosi a votare in sedi disagevoli.
Tale situazione però viene clamorosamente controvertita quando il diritto di voto viene davvero reso possibile e garantito facilmente a tutti, come accade laddove le condizioni per votare sono facilitate ed estese, infatti a L’Aquila con la scelta del voto telematico (previsto poi anche a Latina) ha votato oltre la metà degli aventi diritto (53 %, 1568 medici votanti su 2973 iscritti) garantendo vera rappresentatività.
Purtroppo appare impietoso il confronto con gli Ordini che hanno scelto modalità di voto con una sede unica, pur avendo territori estesi ed ampia numerosità di iscritti, risultando afflitti da un astensionismo che si aggira attorno al 90% (si pensi ad esempio a Modena 561 medici votanti su 4985 11%, Milano 2335 medici votanti su 26609 meno del 9%, a Roma 3953 medici votanti su 41553 circa 9,5%, a Firenze circa il 10% dei 9149 medici iscritti); ne risultano liste vincenti che inevitabilmente sono assai poco rappresentative, votate solo dal 5 al 9 % dei medici aventi diritto, quindi anche poi scarsamente autorevoli di fronte alle altre istituzioni. Tali fatti rappresentano una sconfitta per tutti, anche per i vincitori, ma soprattutto per tutti i medici.
In effetti ottenere una larga rappresentatività dovrebbe essere sentita come una priorità assoluta, proprio in questi tempi difficili, in cui i medici, ormai largamente insufficienti numericamente, sono sempre più subissati dal lavoro, da turni massacranti e da eccesso di pazienti loro assegnati, con scarsi riposi compensativi (anche solo per il rispetto di tali condizioni, il voto andrebbe facilitato il più possibile).
Le norme da tempo consentono modalità di voto agevoli a favore di tutti i medici, ma però la scelta effettiva è lasciata in capo ai Consigli uscenti, che potrebbero trovarsi in “conflitto di interessi”, magari nell’essere tentati di scegliere una modalità di voto apparentemente favorevole …… anche se la normativa chiarisce che ogni scelta deve essere adeguata: “Le votazioni durano da un minimo di due a un massimo di cinque giorni [….] e si svolgono anche in più sedi, con forme e modalità che ne garantiscano la piena accessibilità in ragione del numero degli iscritti, dell’ampiezza territoriale e delle caratteristiche geografiche […] anche in modalità telematiche” L.3, 11/01/2018.
Forse trattandosi di organi “sussidiari dello stato”, le scelte sulle modalità di voto, oltre che la verifica e la certificazione dei risultati, dovrebbe essere in carico, od almeno garantita dallo Stato stesso (Ministero dell’Interno o della Salute). Altra problematica normativa sentita è l’assenza di rappresentatività in seno ai consigli, delle liste di minoranza che restano ad oggi del tutto escluse.
Si auspica, anche da parte del legislatore, una maggior attenzione alle problematiche ordinistiche complessive (non solo mediche) con eventuali adeguamenti normativi, affinchè tutti gli Ordini professionali possano tornare ad essere sentiti utili ai propri iscritti e non inutili e costosi orpelli del passato…
Marco Ceresa