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Prevenzione della Sindrome del Bambino Scosso, le competenze agite dall’infermiere pediatrico

di Marina Vanzetta

29 APR - Gentile Direttore,
la Sindrome del Bambino Scosso (SBS) rappresenta una grave forma di trauma da abuso nei confronti di lattanti e bambini piccoli. Coinvolge soprattutto i bambini sotto i due anni di età, con un picco tra i 3 e i 6 mesi e un’incidenza – rispettivamente – di 15 e 38,5 casi ogni 100.000 bambini, potenzialmente sottostimata per le difficoltà diagnostiche. Si tratta una problematica complessa che richiede un approccio multidisciplinare e una comprensione approfondita dei meccanismi fisiopatologici coinvolti. Il quadro clinico che si manifesta nei bambini abusati e che sviluppano la SBS è caratterizzato da manifestazioni multiorgano che richiedono un’osservazione attenta, data la potenziale sottovalutazione della sintomatologia.

Le conseguenze della SBS nei neonati e nei lattanti possono essere davvero devastanti e permanenti e si caratterizzano con manifestazioni sia a breve che a lungo termine. Ruolo cruciale nella prevenzione – come sottolineato da Silvia Rossi e Tindara Morabito, infermiere pediatriche in una recente intervista all’Infermiere online, – è rappresentato dall’identificazione dei fattori di rischio. Si tratta di fattori che sono spesso legati a situazioni di profonda fragilità umana: la stanchezza di una madre nel periodo post-partum, la frustrazione di fronte a un neonato che sembra inconsolabile, problematiche di salute mentale, storie di violenza domestica. Il pianto – sottolineano – è l’unico strumento che il bambino ha per comunicare: che abbia fame, sonno, bisogno di accudimento egli si esprime attraverso il pianto. Anche se appare inconsolabile, non bisogna mai scuoterlo per calmarlo.

Valutazione attenta del rischio, dunque, osservazione mirata del bambino per individuare tempestivamente segni e sintomi, educazione, prevenzione, accompagnamento delle famiglie, in particolare quelle a rischio di un bambino con SBS sono solo alcune delle competenze agite dagli infermieri pediatrici. Nell’assistenza al bambino integrano, infatti, conoscenze e competenze cliniche avanzate, un’elevata capacità di valutazione e un approccio che pone al centro dell’intervento l’intero nucleo familiare. Ciò al fine di promuovere in modo mirato e personalizzato l’attivazione immediata del team multidisciplinare, comprendendo sia l’eventuale assistenza intensiva necessaria, che la presa in carico territoriale a lungo termine sempre in un’ottica multidisciplinare e di advocacy cardini di una rete che deve essere di protezione e garantire a ciascun bambino uno sviluppo e una crescita serena e al nucleo familiare supporto e non isolamento.


Marina Vanzetta
L’Infermiere Online

29 aprile 2025
© Riproduzione riservata

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