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Ecco perchè bisogna ridefinire le attività della genetica medica

di Pietro Cavalli

09 MAG -

Gentile Direttore,
il linguaggio utilizzato in Medicina si distingue da quello quotidiano per il ricorso ad una terminologia specifica, che ha lo scopo di raggiungere la maggiore oggettività possibile nel definire gli aspetti diagnostici, terapeutici, prognostici.

Se quindi l’impiego di un lessico specifico costituisce un aspetto assai importante della Medicina, ci si dovrebbe chiedere perché il ricorso al medico specialista in Genetica Medica continui invece ad essere universalmente denominato “consulenza genetica”. Tale definizione deriva dalla traduzione italiana del termine “Genetic Counseling” ed è basata, senza sostanziali modifiche, su quanto proposto nel 1975 della ASHG (American Society of Human Genetics) e ancora oggi definito da NIH (National Institute of Health) come “il processo (di comunicazione) che aiuta le persone a comprendere e ad adattarsi alle implicazioni mediche, psicologiche e familiari dei contributi genetici alle malattie”.
Altre definizioni di “genetic counseling “ citano l’esperienza psicoterapeutica, il processo psicoeducazionale, il processo psicodinamico, il processo comunicativo, il processo educazionale, il processo di adattamento e molte altre definizioni simili.


Stupisce quindi, a fronte degli enormi progressi della Medicina in generale e della Genetica Medica in particolare, una definizione che riesce a sopravvivere imperturbabile alla evoluzione scientifica avvenuta nell’ultimo mezzo secolo della nostra storia. Se oggi la Genetica medica è divenuta un elemento fondamentale per la diagnosi, prognosi e terapia di un numero sempre crescente di condizioni morbose, appare invece poco comprensibile una descrizione della sua attività che non ne rispecchia le caratteristiche attuali.

Perché allora si continua ad accettare ed utilizzare, senza averne compreso (spiegato?) il significato, una definizione risalente a mezzo secolo fa, quando la genetica medica era tutt’altra cosa rispetto a quella con la quale ci confrontiamo oggi? Chi si ricorda che nel 1975 i nord-vietnamiti entravano a Saigon, il pilota della Ferrari di formula 1 era Niki Lauda, Cassius Clay conservava la corona dei pesi massimi, Giacomo Agostini diventava campione del mondo di motociclismo? Negli anni ’70 del secolo scorso il massimo che si poteva fare in diagnostica genetica era (forse) l’analisi dei cromosomi e quindi ogni altra condizione genetica non poteva venire affrontata se non attraverso modalità che oggi potremmo definire approssimative.

E’ evidente che la comunicazione del rischio di una malattia genetica in quei tempi ormai remoti doveva per forza basarsi su competenze comunicative e/o psicologiche, dal momento che non esistevano alternative, né diagnostiche e neppure terapeutiche. Appare invece molto strano che oggi, a distanza di mezzo secolo, un periodo nel quale la Medicina e la Genetica Medica hanno acquisito conoscenze e possibilità di intervento assai avanzate e in cui i test genetici risultano applicabili sia ad una quantità sempre crescente di patologie che alla definizione del loro rischio, si continui ad utilizzare il termine “consulenza genetica” per ogni prestazione clinica di Genetica Medica.

Nonostante Regione Lombardia e possibilmente altre Regioni definiscano correttamente le prestazioni di genetica medica come “prima vista di genetica medica” e “visita genetica di controllo”, rimane tuttavia la prestazione definita “consulenza genetica associata al test”, che di nuovo fa riferimento al termine omnicomprensivo “consulenza genetica” , inspiegabilmente il riferimento principale dell’attività di genetica medica. Anche se gli aspetti relazionali e psicologici sono e restano importanti nel normale rapporto medico-paziente, auspicabilmente basato su una conoscenza approfondita del paziente, sulla fiducia reciproca e sulla capacità di comunicare, giova tuttavia ricordare che, senza un corretto percorso clinico-diagnostico, la sola comunicazione non è sufficiente, specie quando c’è assai poco da comunicare.

In definitiva pare opportuno, a distanza di molti, troppi anni, ri-definire quella che oggi viene definita genericamente “consulenza genetica”: si tratta infatti di un atto medico, del tutto sovrapponibile ad altre attività specialistiche della Medicina. Finchè la attuale terminologia non sarà rivista, esiste il rischio reale che si possa confondere una prestazione medica specialistica con qualsiasi altro intervento da parte di professionisti che traggono grande soddisfazione nello svolgere attività medica senza averne la qualifica. Una revisione di questa nomenclatura potrebbe anche servire a mettere un po’ d’ordine nell’attività di “consulenza genetica” oggi svolta da troppi altri medici specialisti in materie che con la Genetica Medica hanno molto poco a che fare.

Pietro Cavalli
Medico



09 maggio 2025
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