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Salvare il Ssn. Ma di quale Sanità si parla?  

di Tiziana Sampietro

09 GIU - Gentile Direttore,
Giuseppe Conte torna sul tema della Sanità Pubblica, non più solo indicandola - all’unisono con altre forze di opposizione - come prima voce dell’elenco dei pilastri dello stato sociale che si sfarina, ma entrando nel merito, nella prefazione al libro di I. Cavicchi “articolo 32, un diritto dimezzato”, 2025, Castelvecchi Ed.

Il diritto alla salute, previsto come “fondamentale”, dalla Costituzione è ormai dimezzato “poiché - afferma Conte - il nostro sistema sanitario pubblico è in declino da cinquant’anni” (ma più precisamente da 33 anni). Concorda sulla necessità di articolare una contro-prospettiva per una strategia di opposizione. Di più, accetta “di stringere una preziosa alleanza,.. per restituire al “diritto alla salute” la sua vocazione fondamentale e universale, venendo incontro ai bisogni drammatici dei cittadini”. Parole che, insieme con altre iniziative pregnanti del Movimento 5 Stelle, accendono la speranza di un nuovo inizio per la ricostruzione della Sanità Pubblica. E’ certo che, niente di ciò potrà avvenire senza l’impegno diretto delle forze politiche. Oltre i circoli dei tecnici e gli innumerevoli, quanto generici, appelli per salvarla.

L’elemento più interessante è, però, credo, l’invito “a voltare definitivamente pagina superando le politiche neoliberiste incautamente attuate dal centrosinistra”.

E’ proprio qui, infatti, l’equivoco più insidioso che le forze politiche devono preliminarmente chiarire: di quale Sanità si parla? Di quella stabilita dalla legge Tina Anselmi del 1978 o della Sanità privatistico-aziendalistica che si è strutturata sulle leggi successive a negazione della prima? Sono due Sanità in antitesi tra loro, su matrici di valori e organizzazioni opposte. Quale delle due dovrebbe costituire il punto di ripartenza?

Nell’immaginario collettivo e nelle testimonianze (l’ultima, accorata, di Francesca Mannocchi), è la Sanità di Tina Anselmi.

Chiarire questo punto in premessa definisce la lealtà del patto che si scrive con i cittadini. La seconda sanità va eliminata per salvare la prima. Quindi, abrogare le leggi successive (502 -517/’92 e 299/’99) alla riforma di Tina Anselmi. (Il referendum CGIL è buon esempio: per ridare dignità al lavoro. il job act va abrogato). Scelta che sarebbe in accordo col sentimento generalizzato che addita, come il male maggiore della sanità, la privatizzazione. Che affonda le sue radici proprio nella aziendalizzazione. Un processo che non si chiarisce nello spazio di un commento

Dove porterebbero i nuovi percorsi necessari indicati da Conte se partissero dallo status quo della Sanità-Azienda e delle assicurazioni (che saccheggiano soldi pubblici e privati, potendo comprare prestazioni sanitarie sottocosto)? Frutto del neoliberismo e consustanziato in una privatocrazia a maglie strette, in cui la guida dello Stato non si intravede. Azienda organizzata per vendere un prodotto, la prestazione, dove sparisce la missione del SSN a difesa della salute. Il medico ridotto, in extremis, a lettore di codice a barre, il paziente a consumatore. Nel mentre la domanda di salute inevasa è terreno di conquista dei fondi di investimento e di aumento di disuguaglianze.

La medicina commerciale, a egemonia delle grandi lobby industriali, informa di sé la sanità-azienda. “Le mani sulla medicina.” La scienza non è democrazia, ma un’organizzazione a controllo democratico (come la sanità di Tina Anselmi) difende meglio gli interessi della salute-bene comune. Nella articolazione armonica tra ospedale e territorio, difesa dell’ambiente e della salute sul lavoro, nella continuità assistenziale tra ospedale e territorio, garantita da day hospital, e day surgery. Tutto abolito, come servizi per il lavoro, consultori. In dieci anni 372 pronto soccorso, 111 piccoli ospedali, 37.000 posti letto.

Nella Sanità-Azienda opera, incontrastato, un sistema di potere autoritario a matriosche (il presidente della Regione, nomina i direttori regionali, che nominano i direttori amministrativi, i direttori sanitari e i primari). Ce n’è d’avanzo per prefigurarsi lo sviluppo di reti familistico-clientelari che si rafforzano in traffici di influenza e fidelizzazioni di cordate a cielo aperto.

Migliorare la Sanità-Azienda non si può. Invece, oggi, ciò che è stato tagliato viene proposto quale panacea con altro nome, la medicina di prossimità; come se ciò non fosse avvenuto- ed era l’altro ieri! Innesti posticci che non attecchiscono per incompatibilità. Nei fatti un fallimento (solo il tre%, le case di comunità a pieno regime). Così del PNRR Sanità, rimane un piano edilizio costoso e inutile, in mancanza di risorse umane.

Le nuove proposte in Sanità devono fronteggiare problemi difficili.

Tra i molti, le risorse e la loro allocazione, di soldi e personale, a fronte di una regionalizzazione costosa e sregolata (fino a 167 medici sono collocati nella direzione sanitaria di una regione-per lavoro burocratico- equivalenti al numero di medici per 17 unità chirurgiche); la formazione e l’uso dei medici e degli specializzandi in un più moderno rapporto Università Ospedale.

Il compito è difficilissimo. Dal ’92 ad oggi la Sanità-Azienda, un mostro chimerico, ha avuto tempo per radicarsi e rafforzarsi di conflitti di interessi tollerati, su una trama regole non scritte ma con forza normativa.

Per ripartire dalla Sanità di Tina Anselmi (benché soppressa adolescente- dopo 14 anni dalla sua istituzione, ha dimostrato che l’art 32 può diventare servizio, sistema, eguaglianza) ci vuole radicalità. Bisogna scegliere tra il neoliberismo- che ha portato al disastro che vediamo o la democrazia progressiva della Costituzione.

Tiziana Sampietro
Medico e ricercatrice

09 giugno 2025
© Riproduzione riservata

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