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L’altra faccia del mondo dei gettonisti

di Maria Adelia Ricciardelli

16 GIU - Gentile Direttore,
i medici a gettone (o gettonisti) sono professionisti che lavorano fuori dall’organico ordinario, assunti tramite cooperative o in modalità libera professionale (Partita IVA). Vengono impiegati “su chiamata” per coprire turni scoperti, specialmente nei reparti di emergenza-urgenza. In molti PS la maggior parte dei turni è coperta da gettonisti giungendo al 60-70% dei turni. La causa principale di questo massiccio ricorso ai gettonisti è legato alla carenza di organico nei PS per mancanza di specializzati, per turni massacranti, stipendi insufficienti per motivare il personale strutturato.

L’ attrattività del lavoro a gettone è determinata da una paga oraria spesso doppia o tripla rispetto ai contratti pubblici, con possibilità di decidere quando lavorare (es. fine settimana liberi) e questo ha comportato dimissioni o fuoriuscita dal SSN di tanti medici esperti che vanno ad incrementare la fila dei medici neolaureati privi di esperienza, pensionati, o professionisti da regioni estere.

Sempre più spesso si presentano medici con esperienza e competenza ma costretti ad un turnover elevato tra varie strutture che rende difficile una presenza costante e quindi la possibilità di integrazione con i team locali.

Con il dl Bollette e successive delibere, il ricorso ai gettonisti è stato limitato a situazioni “di necessità e urgenza” non prorogabili oltre 12 mesi nelle aree critiche ma nel frattempo non sono disponibili tutte le risorse necessarie per garantire la normale funzionalità di molti Pronto Soccorsi.

Tutti valutano i costi elevati e gli squilibri economici che l’utilizzo di questi professionisti determinano all’interno delle strutture ma nessuno ha mai indagato chi sono questi medici, soprattutto quelli che provengono da altri paesi e quali storie di vita vissuta caratterizzano i loro sguardi. Le storie dei medici migranti che arrivano in Italia dopo viaggi terribili — spesso su barconi o gommoni — e poi lavorano come “gettonisti” nei Pronto Soccorso, sono cariche di grande sofferenza, sacrificio e resilienza. Eppure sono molto poco raccontate perché bisogna scotomizzare il problema e sottolineare solo quello che non va per sbattere il mostro in prima pagina. Nella mia vita professionale ho incontrato ed incontro alcuni di questi medici conesperienze autentiche che mi hanno trasmesso forti emozioni che porterò sempre con me.

Partito dall’Africa da solo con un gommone è giunto in Italia dove ha conosciuto l’attuale compagna che l’ha aiutato a studiare e a laurearsi in Medicina; ha lavorato in diversi pronto Soccorso ma negli ultimi due anni aveva chiesto alla propria cooperativa di lavorare nel PS da me diretto perché si trovava bene; mi aveva chiesto qualche consiglio per affrontare un problema di salute della moglie e dopo poco aspettavano un bel bambino ed io sono diventata zia. Il nuovo evento l’ha costretto ad avvicinarsi a casa ma ogni tanto mi invia la foto del piccolo.

Quella mattina di domenica sono andata alla stazione dei treni per dare un passaggio ad una dottoressa cubana che avrebbe dovuto fare il turno notturno e a causa di uno sciopero dei treni non sarebbe mai arrivata in tempo. Durante il tragitto abbiamo parlato del grande fallimento della sanità cubana per mancanza di tecnologie, di farmaci e della necessità di mandare soldi ai familiari che versano in gravi condizioni economiche.

Anche lui arrivava dall’Africa, non con il gommone, ma anche lui aveva faticato molto per farsi accettare ed integrarsi nel nostro paese; un giorno mi descrisse alcuni comportamenti anomali da parte del figlio, gli suggerì alcuni accertamenti e con il consulto di uno specialista fu fatta diagnosi di autismo ma in forma lieve; mi raccontava delle difficoltà da parte della moglie ad accettare la situazione ed io gli consigliai di darle tempo, di accompagnarla in questa fase difficile della loro vita e dopo un po' mi mandò una foto della famiglia che aveva ritrovato serenità e fiducia.

Ultimamente incrocio molti medici partiti dall’America latina, con molta esperienza, alcuni addirittura con ruoli di responsabilità ma il riconoscimento del titolo di studio non sempre è subito spendibile in Italia per cui il percorso per riprendere a lavorare è spesso lungo e tortuoso.

Molti di questi medici diventano gettonisti perché in Italia difficilmente trovano un impiego stabile così finiscono per ricoprire ruoli critici nei PS. In Italia c’è poca attenzione ai loro percorsi, alle storie personali di fuga, sacrificio, integrazione e sofferenza e addirittura senza l’iscrizione ad un Ordine dei medici non possono essere assunti dal SSN mentre attraverso le cooperative possono lavorare per i nostri pazienti senza problemi.

Ho capito quanto sia importante ascoltare le storie di questi colleghi perché emergono voci autentiche che raccontano la dimensione umana della migrazione medica, aiutano a comprendere i problemi di riconoscimento professionale e di formazione ed offrono spunti per una integrazione professionale più equa e dignitosa, valorizzando le competenze acquisite, anche in condizioni estreme.

Conclusione. Dietro ai medici “gettonisti” migranti c’è un percorso incredibile: fuga da guerra e da regimi dittatoriali, viaggi su barconi, e infine – in Italia – un lavoro spesso precario in Pronto Soccorso. Le loro storie sono testimonianze straordinarie di resilienza umana e professionale. Meriterebbero maggiore visibilità, supporto per il riconoscimento delle competenze, e un’integrazione più consapevole nel SSN.

Dr.ssa Maria Adelia Ricciardelli
Medico d’Emergenza Urgenza di un PS italiano

16 giugno 2025
© Riproduzione riservata

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