Gentile direttore,
la privatizzazione è stata e continua a essere uno dei leitmotiv del dibattito pubblico, mediatico e politico sulla sanità italiana. Eppure non esistono evidenze a sostegno di questa tesi. Se impropriamente intesa come incremento di risorse destinate all’acquisto di prestazioni presso le strutture di diritto privato del Servizio sanitario nazionale, a fronte di una maggiore proporzione di trattamenti e interventi erogati dal privato accreditato, la percentuale di spesa pubblica a copertura è rimasta sostanzialmente stabile nel tempo e pari a 1/5 della spesa SSN.
Se per privatizzazione si intende un aumento della sanità a pagamento e della spesa delle famiglie per beni e servizi sanitari, occorre osservare come essa, in realtà, sia da almeno 12 anni stabile attorno al 2% del PIL e a 1/4 della spesa sanitaria totale.
Spesa sanitaria privata/PIL: andamento temporale 2012-2024
Fonte spesa privata (Conti nazionali): elaborazione su dati Istat, Conti nazionali – Spesa per consumi finali delle famiglie per voci di spesa, edizione marzo 2025
Fonte spesa privata (Conti della sanità): elaborazione su dati Istat, Sistema dei conti della Sanità, edizione maggio 2024
Aggiornamento PIL marzo 2025
Il Rapporto del Centro Studi Aiop “La spesa per beni e servizi sanitari: il finanziamento da sempre ibrido del sistema salute”, attraverso una valutazione delle fonti ufficiali disponibili, delle rispettive caratteristiche e dei limiti di ciascuna, chiarisce come da anni si continui a insistere su credenze sbagliate.
Ma come è stato possibile far diventare la privatizzazione una convinzione così radicata?
Innanzitutto la circostanza che alcuni Centri studi e ricercatori accreditati presso le istituzioni e in tutto l’arco parlamentare hanno prodotto analisi basate su errori metodologici, poi diffuse dai media: pensiamo solo al fatto che per più di un anno abbiamo parlato di un incremento dal 2022 al 2023 del 10,5% della spesa sanitaria privata, quando quella valutazione era basata sul confronto tra stime di due serie storiche distinte e non raffrontabili. L’aumento effettivo è stato del 2,1%, un incremento minimo necessario a mantenere inalterato il rapporto della spesa privata sul PIL.
Un altro errore comune è quello di utilizzare fonti indubbiamente importanti senza considerarne la natura e i limiti: un esempio è quello del Rapporto del MEF “Il monitoraggio della spesa sanitaria” che – basato sull’invio dei dati di spesa dei cittadini da parte dei soggetti erogatori delle prestazioni sanitarie – ha visto nel tempo un ampliamento progressivo delle categorie tenute alla trasmissione (ad es., gli infermieri pediatrici sono stati inclusi solo a partire dal 2023). Anche se tale allargamento graduale impedirebbe i confronti temporali, essendo a mano a mano più ampia la popolazione allo studio, è molto comune il ricorso improprio al lavoro della Ragioneria generale dello Stato per trarre conclusioni infondate.
Chiaramente, se osserviamo la spesa sanitaria privata in valore assoluto, essa è aumentata nel tempo, così come è aumentata ogni voce di spesa delle famiglie. Anzi, la spesa per trattamenti e prodotti sanitari rappresenta nel 2024 il 3,45% delle spese familiari, la quota più contenuta degli ultimi 10 anni.
Basti pensare che dal 2012 la spesa delle famiglie per alberghi e ristoranti è aumentata del 38%, quando quella sanitaria è aumentata del 29%.
Inoltre, se dal 2019 al 2024 la spesa sanitaria privata è aumentata del 11,9%, in questo stesso intervallo la spesa pubblica è aumentata del 20,4%, ma entrambe crescono meno del PIL.
Di fatto, la spesa pubblica ha subito un progressivo definanziamento, mentre la privata si mantiene stabile.
Uno dei motivi per i quali la spesa sanitaria privata resta inalterata nel tempo risiede nel fatto che per più della metà essa sia destinata all’acquisto di beni e servizi extra-LEA, ovvero non rientranti nella tutela pubblica. Farmaci e presidi medici da una parte e servizi dentistici dall’altra rappresentano, rispettivamente, più di un terzo (33,5%) e più di un quinto (21,1%) della spesa sanitaria privata. Se si aggiunge anche la quota di Long Term Care a carico dei pazienti, la quota extra-LEA arriva a circa il 60% della spesa sanitaria privata. Si tratta di risorse da sempre escluse dal perimento del Servizio sanitario nazionale.
Ma anche per quanto riguarda le prestazioni LEA – che almeno sulla carta rientrano nella copertura SSN – la componente privata risulta stabile nel tempo, a prescindere che i consumi riguardino la libera scelta dei privati che intendono usufruire di un servizio maggiormente personalizzato (si pensi alla scelta del professionista) o le reazioni a un bisogno di cura insoddisfatto che avrebbe potuto trovare risposta nella sanità pubblica.
Componenti della spesa sanitaria: prestazioni extra-LEA, a prevalenza LEA, con rilevante contributo a carico degli utenti (in percentuale sul totale), 2023
Fonte elaborazione su dati Istat, Sistema dei conti della Sanità, edizione maggio 2024 e Istat, Condizioni economiche delle famiglie e disuguaglianze – Spesa per consumi (classificazione COICOP, 5 cifre), 2023.
Nota: la spesa dei privati ricomprende qui il ticket di farmaceutica e di specialistica
Andando ad analizzare le variazioni congiunturali della spesa privata, anche esse sono completamente indipendenti da quelle della spesa pubblica: la spesa privata aumenta o diminuisce senza alcuna associazione con l’andamento della spesa del Servizio sanitario nazionale.
Questo dato si conferma nell’analisi di dettaglio per ogni funzione e tipologia di spesa: per diagnostica e prevenzione, per farmaci e articoli sanitari, per cura e riabilitazione e per LTC, a loro volta ospedaliere, ambulatoriali e domiciliari.
La possibilità dei privati cittadini di rivolgersi al libero mercato delle prestazioni sanitarie è, infatti, chiaramente determinata dalla disponibilità economica e dall’andamento dei prezzi al consumo.
Inoltre, la spesa sanitaria privata italiana si compone essenzialmente di spesa out of pocket, ovvero di spesa diretta: essa, a differenza dei beni e servizi intermediati da forme assicurative pubbliche o private e del meccanismo di remunerazione delle prestazioni su base tariffaria applicato nel contesto del Servizio sanitario nazionale, si comporta molto similmente alla spesa per altri beni e servizi presenti sul mercato in termini di adeguamento dei prezzi ai costi di produzione e all’inflazione. Basti pensare che invece i riferimenti nazionali per l’applicazione delle tariffe ospedaliere e di specialistica ambulatoriale possono restare invariati per più di dieci anni.
Il che significa che la spesa sanitaria privata non sviluppa alcuna azione di bilanciamento rispetto alla spesa SSN e che la sanità a pagamento non aumenta al comprimersi degli spazi della tutela pubblica ma aumenta o diminuisce in funzione delle grandezze macroeconomiche.
La cultura del dato è importante, ma non basta la cultura: occorre anche la competenza tecnica nell’analisi dei dati e nell’interpretazione dei risultati.
Alice Basiglini
Ufficio Studi Aiop
Gabriele Pelissero
Presidente Aiop