PANSM e nuovi paradigmi per la salute mentale
di Renato Ventura
08 SET -
Gentile Direttore,
arriviamo buoni ultimi a fare le nostre osservazioni in merito alla annunciata approvazione del Piano d'Azione Nazionale sulla Salute Mentale 2025-2030. Molto è stato già scritto, vedi tra gli altri e su QS, Mezzina, Angelozzi, Lasalvia, Pellegrini. Comune la richiesta di coinvolgere la società civile, oltre che gli stakeholder, e di investire sia nella formazione del personale che con risorse adeguate (non previste!). Afferma Pellegrini: come potranno essere applicate le tante azioni previste senza oneri per la finanza pubblica?
Da tempo ci interroghiamo circa l’opportunità di mantenere una organizzazione dei servizi di salute mentale che fa capo al SSN e che di conseguenza sanitarizza le problematiche relative al disturbo mentale affidandone la gestione alla psichiatria e alle articolazioni del DSM (SPDC, CSM, residenzialità diurna e a lungo medio termine). L’evidenza del fallimento del modello biomedico del disturbo mentale e della sua cura, prevalentemente neuro psicofarmacologica, impongono un cambio di paradigma. Si tratta cioè di spostare l’asse dell’organizzazione dei servizi di salute mentale dal sanitario allo psicosociale e dalla cura alla gestione del disagio e alla sua prevenzione. Tale necessità si impone tra l’altro se si pensa alla marea montante della tossicodipendenza dei giovani che, dalla costa pacifica degli USA, ha cominciato a invadere anche l’Europa con uso di sostanze (fentayl e simili) sempre più gravemente invalidanti. Non saranno le misure repressive a risolvere il problema, ammesso che esista una soluzione.
L’impostazione del PANSM, che si ritrova anche nei progetti di riforma della legge 180 (DDL Zaffini e altri), deriva da una interpretazione del disagio mentale che lo identifica come malattia invece che dare il giusto peso ai determinanti sociali, alla interpretazione psicodinamica dei conflitti e dei traumi subiti nell’infanzia e alla inadeguata risposta sociale.
Appare necessario ancora una volta ribadire che attribuire la legge 180 a Basaglia è un falso storico e che la sua applicazione è in contrasto con le sue idee. Basaglia infatti
non voleva la Psichiatria negli Ospedali Generali, non voleva gli SPDC, non voleva nulla che sapesse di “medicalizzazione” della sofferenza mentale (Barale). Esiste tuttavia, a nostro avviso, una sorta di “interdetto” che impedisce di andare “Oltre la 180”. (come da saggio di Cavicchi). Troppo complesso darne qui le motivazioni che fondamentalmente sono da rintracciare in un malinteso
atteggiamento apologetico nei confronti di Basaglia (sempre Cavicchi).
Se, come dice Pellegrini “I fattori biologici, psicologici, sociali, ambientali e culturali sono rilevanti per la salute mentale” credo che non si possa ulteriormente ignorare la necessità di inserire la Psicologia, in modo organico, a livello di SSN.
“Definire che i Dipartimenti di Salute Mentale sono il fulcro del nuovo sistema, significa collocare lo Psicologo dentro la cornice della salute mentale, intesa in senso clinico-psichiatrico, e non anche come professionista della prevenzione e della salute psicologica” (
Pascoli su QS del 18.07.2025)”.
Nello stesso modo siamo favorevoli a un ampliamento delle competenze delle autonomie di altre professioni che si occupano di salute mentale (sociologia, assistente sociale, riabilitatori, educatori, ESP…).
Il modello alternativo è quello fornito dall’OMS e dal CRPD e dalle leggi 227, 62, 217 che forniscono gli strumenti per gestire quella che probabilmente non è una malattia ma una disabilità e che necessita di supporti sociali e psicologici per l’integrazione sociale più che di terapie spesso inefficaci o gravemente invalidanti.
Pertanto ci sembra che il nuovo PANSM riproduca una vecchia logica (medico centrica e sanitaria) che, timorosa di smontare la legge 180 e l’organizzazione della gestione dei disturbi mentali e della salute mentale (che non sono la stessa cosa!) delegandola alla sanità, confermi sostanzialmente il fallimentare approccio a tale materia con un’operazione di
restyling che certamente ha spunti innovativi e di adeguamento alle mutate esigenze sociali, ma manca del coraggio di operare un decisivo e radicale cambio di paradigma spostando il baricentro dell’intervento dal sanitario allo psicosociale.
In questo senso può rappresentare una concreta possibilità di uscita dalla attuale logica biomedica della salute mentale la proposta di legge di iniziativa popolare per lì
Istituzione della Rete Nazionale dei Servizi Pubblici per il Benessere Psicologico, di cui è in corso la raccolta delle firme (
https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/3900020).
Dott. Renato VenturaPsichiatra e PsicoanalistaGià presidente La Tartavela (Associazione di familiari per la salute mentale)
08 settembre 2025
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