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Con la proposta Cgil sarebbe la fine del medico di famiglia

di Giuseppe Maso

28 GIU - Gentile Direttore,
ho letto la proposta della CGIL per una riforma delle cure primarie. A mio avviso le azioni proposte da questo sindacato non porteranno che alla scomparsa della medicina di famiglia e sfoceranno in un sistema di erogazione delle cure primarie  frammentato e ancor più burocratizzato. Ho provato a formulare una proposta per il miglioramento delle cure primarie in Italia (che allego).
 
Il nostro Sistema Sanitario, sulla carta e non solo, uno dei migliori del mondo, è bloccato ed in affanno per una miriade di norme illiberali che niente hanno a che fare con l’efficienza e con i risultati.  La situazione è veramente preoccupante e tra i medici serpeggia un sentimento di frustrazione e di rassegnazione che si riversa sulla qualità della cura.  Tutto è ormai pianificato in perfetta regola burocratica.  La mancanza di libertà dei professionisti si specchia nella mancanza di libertà dei cittadini, anche loro avvolti da una ragnatela di regole, numeri e codici.  Le sedi dei Distretti Sanitari hanno in realtà poco di sanitario, trovano la loro ragione di vita in un continuo via vai di pratiche burocratiche che sono l’humus necessario alla loro crescita continua.  Come fermare il declino delle cure primarie?.
 
Le azioni necessarie sono:
 
1. Puntare alla qualità dei medici generali.  Per questo è necessaria la specialità accademica e una formazione continua che preveda il mantenimento e l’apprendimento di reali abilità cliniche.
2. Puntare alla qualità degli infermieri di famiglia. E’ necessario anche per questa figura un percorso specialistico interdisciplinare a livello dipartimentale.
3. Rivedere il ruolo di gate-keeper del medico di famiglia che va posto in posizione paritetica rispetto alle altre specialità.
4. Accreditare il professionista e non le strutture, dando valore al merito.
5. Applicare sempre i criteri di qualità, equità, costo-efficacia e sussidiarietà.
6. Diminuire al massimo le incombenze burocratiche.
7. Dare la possibilità al cittadino di scegliere il medico che preferisce indipendentemente dalla localizzazione geografica e dal numero di assistiti di quel medico.
8. Lasciare ai medici e agli infermieri libertà organizzativa e aggregativa e abolire il numero massimo di pazienti attribuibili ad un medico.
9. Fare in modo che le informazioni che una persona fornisce al proprio medico rimangano all’interno del rapporto medico-paziente.
10. Remunerare i professionisti sulla base dei risultati  introducendo criteri di valutazione differenziata della qualità delle prestazioni.  
 
Queste azioni, agendo solo sulle cure primarie, sarebbero un volano potentissimo per tutto il Sistema Sanitario; costituirebbero una iniezione di libertà e gioventù che porterebbe ad una totale ridefinizione dei livelli di cura; ridarebbero dignità ad una disciplina libererebbero le energie migliori, restituirebbero autonomia, indipendenza e reale responsabilità.  Una ventata di efficienza ed efficacia che ci porterebbe a competere con i sistemi più avanzati.  Ma molte sono le resistenze e nel nostro paese si sta “rifondando” la medicina generale imbrigliando questa “libera” professione in una rete di sigle, organizzazioni, incombenze burocratiche, norme e divieti per cui sono necessarie più di 250 pagine di solo Accordo Collettivo Nazionale.
 
 
Dr. Giuseppe Maso
Responsabile Corso di Medicina di Famiglia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Udine

28 giugno 2013
© Riproduzione riservata

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