Se tra il medico e l’assistito è necessario riequilibrare il rapporto
di Bartolomeo Delzotti
30 AGO -
Gentile direttore,
la revoca e la ricusazione della scelta sono regolate dall'articolo 41 del ACN per le cure primarie. Al comma 1 si legge “l'assistito che revocala scelta ne dà comunicazione all'Azienda. Contemporaneamente alla revoca l'assistito deve effettuare una nuova scelta che, ai fini assistenziali, ha affetto immediato.”
Al comma 3 si legge “il medico che non intende prestare la propria opera in favore di un assistito può in ogni tempo ricusare la scelta dandone comunicazione alla competente Azienda, Tale ricusazione deve essere motivata da eccezionali ed accertati motivi di incompatibilità ai sensi dell' art. 8, lett. b), D.L.vo m. 502/92 e successive modificazioni ed integrazioni, Tra i motivi della ricusazione assume particolare importanza la turbativa del rapporto di fiducia. Agli effetti assistenziali la ricusazione decorre dal 16 giorno successivo alla sua comunicazione”
Dagli enunciati appare subito evidente lo squilibrio e la disparità di regolazione del rapporto tra medico ed assistito a favore di quest'ultimo. La possibilità della revoca immediata e senza spiegazioni da un lato raffrontata alla revoca dilazionata e motivata dall'altro, pongono il medico in condizione subordinata in una tipologia di rapporto medico-paziente di delicatezza estrema ed in continua evoluzione o meglio involuzione, grazie alle numerose leggi e norme che mettono a dura prova l'esistenza del rapporto di fiducia come sinora conosciuto. Al medico è infatti demandata l'applicazione di norme che l'assistito vive come lesione dei propri diritti con la conseguenza che la mancata prescrizione di farmaci non rimborsabili o la mancata prescrizione di accertamenti diagnostici per assenza di motivazione (obbligatoria per legge) rientrano sempre piu frequentemente tra le cause di revoca del medico. La certificazione di malattia richiesta in assenza di malattia è altro motivo frequente che si aggiunge ai precedenti.
Se è vero poi che il rapporto di fiducia rimane elemento centrale del rapporto medico-paziente non si capisce in quale modo e con quale spirito un medico che abbia ricusato un assistito proprio in base alla mancata fiducia, possa assicurare allo stesso cure adeguate ed in quale misura possa esservi aderenza a tali cure da parte di chi a tale fiducia si è sottratto.
Occorre pertanto riequilibrare il rapporto medico-paziente in modo da evitare usi e costumi poco consoni ad un paese civile e ritornare a quel minimo di decoro professionale, che rendano diritti e doveri applicabili a tutti, medici e pazienti.
Bartolomeo Delzotti
30 agosto 2013
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