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L’Atto di indirizzo, la Medicina Generale e i commenti: “ombre” o “luci”?

di Silvestro Scotti

13 DIC - Gentile direttore,
ho letto con particolare interesse l’articolo di Ivan Cavicchi sulle “ombre” dell’Atto di indirizzo e vorrei affrontarne alcuni passaggi per chiarire e chiarirmi le chiavi di lettura della fenomenologia del cambiamento come da esso espressa e come invece Fimmg cerca di rappresentarla.
 
In premessa, mi preme sottolineare, e credo che un comunicatore eccellente come Cavicchi non possa non riconoscerlo, che un comunicato stampa necessita di sviluppare un messaggio capace in poche battute, di esprimere l’obiettivo attraverso passaggi che colpiscano la curiosità dei media e dei lettori e non può in quelle poche battute affrontare contestualmente la controproposta se l’obiettivo è il dissenso.
 
L’occasione offerta dall’articolo, mi permette di affrontare oltre ai vari concetti espressi sui rapporti tra le regioni e la MG, anche la dibattuta volontà di cambiamento di FIMMG, volontà che invece negli ultimi anni è stata ampiamente dimostrata attraverso la proposta di progetti che non possono essere sfuggiti ad un attento osservatore come Cavicchi, e che ormai stanno diventando una “never ending story” della medicina generale, apparendo improponibili rispetto al definanziamento prospettato dall’analisi politica dello stesso Cavicchi, mentre potevano diventare, se applicati da tempo, la soluzione a molti degli attuali problemi, basterebbe ricordare che dal 2005 ci sono stati due rinnovi contrattuali che tranne per poche contingenze la parte pubblica ha voluto confinare solo nella parte economica.
 
Sul piano politico non credo che sia cambiato il vento, semmai, può esserne variata l’intensità; mi sembra, infatti, evidente che la direzione rimanga la medesima ovvero definanziare il territorio e garantire il resto, come mi pare si sia abbondantemente fatto negli ultimi anni, o meglio potrei dire da sempre, a dimostrazione di ciò basta leggere la visione delle “luci” di questo Atto di Indirizzo proposte da un evidente interesse ospedaliero su questa stessa testata dall'articolo di Roberto Polillo. Il tutto senza chiedersi dove siamo arrivati e cosa ne abbiamo ricavato nelle aspettative di salute dei cittadini e soprattutto cosa ne ricaveremo nella necessità di mantenere un offerta sostenibile a fronte di economie ridotte e di costi sempre più elevati per le cure di alta intensità.
 
Il rapporto delle categorie professionali con i decisori politici appare però sempre più compromesso da un’evidente oligarchia decisionale delle torri eburnee nelle quali si decidono gli atti di indirizzo che rappresenteranno il recinto in cui il funzionariato descrive la propria capacità di contrazione delle iniziative e dello sviluppo professionale a vantaggio di una concezione tesa all’aumento della subordinazione e del controllo.
 
E’ incontestabile, ritengo, che qualunque rappresentanza di una categoria professionale prima di partecipare alla definizione di un cambiamento esecutivo abbia il dovere di negoziare, condividere e contribuire alla definizione dei contenuti e degli obiettivi di questo cambiamento; ma a questo punto la domanda è: con chi? Con gli Assessori chiusi nei loro Comitati di Settore ostaggi del funzionariato e dei loro interessi locali? Con il Ministero della Salute compresso nella sua funzione di garanzia degli interessi nazionali di tutela della salute, dal continuo contenzioso politico, costituzionale e amministrativo sugli ambiti di competenza e di priorità tra le legislazioni nazionali e regionali? Con il Ministero dell’Economia forse? Quello che è certo, è l’impossibilità di un vero confronto con le strutture tecniche preposte alla convenzione senza un patto politico forte sul cambiamento che nasce prima dell’Atto di indirizzo e non dopo di questo, negli articoli di un Accordo Collettivo Nazionale.
 
Anch’io ritengo che il rapporto “ibrido” del regime convenzionato sia il vero problema da risolvere con una seria discussione sul profilo giuridico di tale rapporto che definisca una volta e per tutte la sua collocazione concreta nel panorama giuslavorista della legislazione italiana. Esiste, infatti, la necessità di chiarire quale sia il ruolo, quali vantaggi e quali rischi professionali, amministrativi e sociali tale ruolo debba avere, ovvero se puntare sulla sua capacità libero professionale di auto investimento o piuttosto subordinarlo ma trasferendo, in tal caso, l’investimento sui fattori produttivi di riferimento contrattuale, e non solo, a carico prima di una struttura pubblica o poi forse, nelle intenzioni di qualcuno, di una privata.
 
Da troppo tempo si confonde l’evidenza di un volume d’investimento globale (compenso più fattori produttivi) riferibile all’area convenzionata della medicina di famiglia con il semplice compenso professionale senza tener conto che l’evoluzione di questo ruolo professionale è strettamente legata alla capacità di investire su se stesso e che per mantenere gli standard professionali che diventano sempre più onerosi per lo sviluppo della digitalizzazione della sanità e per la complessità della richiesta assistenziale che si riversa sul territorio si sta sacrificando questa possibilità.
 
Tutto questo con un aumento dei costi fissi che negli ultimi anni che ha già definanziato il territorio per la conseguente impossibilità della medicina generale di investire ulteriormente su se stessa.
 
La capacità d’iniziativa sugli investimenti sostenuta dalla MG - una capacità oggi sistematicamente ostacolata, svilita e umiliata da taluni interlocutori istituzionali - è stata, in passato, un volano per il progresso - e anche oggi potrebbe esserlo - come è dimostrato dal fatto che la nascita dell’informatizzazione della medicina generale, che ricorderei a distanza di anni rimane quella più diffusa dell’area medica, precedette l’istituzione della corrispondente indennità contrattuale.
 
E’ chiaro che una proposta come quella di spostare, dalla gestione della medicina generale, risorse a una gestione funzionariale, esprime come sottolinea Cavicchi un cambiamento, ma gli ricorderei che anche le restaurazioni nella storia hanno rappresentato un cambiamento e credo, anzi sono sicuro, che il suo concetto di cambiamento coincida con quello della Fimmg ovvero di uno sviluppo del sistema delle professioni in termini di “autori protagonisti” e non di comparse.
 
Di fatto l’evoluzione “dipendente” di una professione intellettuale a mio avviso ne esprime la sua scomparsa nei valori di “mandato professionale” o “autorale”, come precisa Cavicchi, valori legati invece a ruolo e autonomie decisionali e alla capacità di una possibile negoziazione diretta e continua tra i professionisti medici, infermieri e assistenti sociali che siano legati all’espressione finale di un’opera professionale che renda visibili le responsabilità e le capacità individuali e collettive e pertanto il conseguente compenso.  
 
Credo sia finito il tempo e l’equivoco dei medici “parasubordinati” delle convenzioni: è arrivato il momento di affrontare la discussione sui ruoli professionali staccandola dalle caratteristiche contrattuali. E’ arrivato il tempo di ricercare nuove soluzioni che partano dal mantenimento delle risorse impegnate sul territorio per implementarne le capacità utilizzando il maggiore volano della ristrutturazione di un compenso che veda negli obiettivi e negli esiti di assistenza e di salute di una popolazione assistita fortemente collegati all’offerta organizzativa e di integrazione professionale su iniziativa dei professionisti una parte significativa dell’obiettivo retributivo.
 
Tutto questo in termini generali Fimmg cercherà di realizzare intorno ad un tavolo che dovrà diventare pubblico in modo che tutti politica, addetti ai lavori, rappresentanze etc. si assumano la responsabilità di rendere visibili le proprie resistenze al cambiamento, noi lavoreremo per questo soprattutto nell’interesse del livello di assistenza che crediamo di rappresentare e a cui i cittadini/assistiti hanno sempre fino ad oggi dimostrato il massimo gradimento nel panorama delle professioni sanitarie in questo paese e vedremo nei prossimi mesi gli altri a cosa si dedicheranno.

 
Silvestro Scotti
Medico di Medicina Generale
Vice segretario nazionale Fimmg

13 dicembre 2013
© Riproduzione riservata

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