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Comma 566. Cimo: “Prima della ‘Cabina di regia’ troviamo un minimo comun denominatore”

di Guido Quici

11 FEB - Gentile Direttore,
ho letto in modo disincantato e senza stupore l'analisi di Proia sul comma 566 e mi chiedo se la sua visione sul ruolo delle professioni sanitarie e mediche sia anche quella ufficiale del Ministero della Salute o quella tecnica di un profondo conoscitore della problematica, vista la lunga storia professionale, paragonabile ad una sorta di scatola nera del processo che ha condotto allo sviluppo delle competenze avanzate.  
 
Premetto subito che non vi è nessuno spettro delle competenze avanzate che si aggira in Europa per il semplice motivo che la questione posta è giusta, seria e richiede una risoluzione definitiva nel più breve tempo possibile; ma, probabilmente, ci sono alcuni fantasmi o, meglio, una o più manine che di tanto in tanto, frappongono ostacoli a colpi di Decreti tentando,  proprio nei momenti più cruciali, fughe in avanti che vanificano un'affannosa condivisione di un percorso comune tra i professionisti della salute. In altre parole, ogni volta che si intravede il traguardo, improvvisamente si creano condizioni ostative che rallentano ulteriormente quei processi di innovazione indispensabili per un serio ammodernamento del nostro SSN.
 
Circa un anno fa le Organizzazioni Sindacali mediche furono convocate ed informate di un documento che definiva le competenze avanzate delle professioni sanitarie ed in quella sede ebbi modo di contestare il metodo perché l'elaborato era frutto di un accordo durato tre anni tra Ministero, Regioni, Confederazioni ed IPASVI senza, fino a quel momento, nessun contatto con i Sindacati Medici che, pertanto, si trovarono di fronte ad un testo preconfezionato che non prevedeva margini di mediazione, altro che concertazione!!! 
 
Ma, dopo il bastone, è iniziato il tempo della carota con il tentativo di creare la cabina di regia per condividere i contenuti. Certo, parlare di cabina di regia con una platea così vasta di interlocutori (basta vedere il numero di invitati) non porta da nessuna parte perché favorisce solo la vecchia logica del dividi et impera vanificando quella reale concertazione che tutti chiedono ma che, evidentemente, non si vuole attuare.
 
Ed è proprio mentre si parla di condivisione di un percorso comune ed è previsto, dall'art. 22 del Patto della Salute, una rivisitazione complessiva e coordinata del lavoro multi professionale, che viene alzata l'asticella con un confuso comma 566, altro duro colpo sia al mondo medico che alle stesse professioni sanitarie perché disorienta tutti i professionisti e, non a caso, si apre immediatamente un dibattito dove ognuno tenta di interpretare il pensiero delle manine che hanno ideato il colpo di mano.
 
Tutto questo avviene senza tenere conto che l'attuale servizio sanitario presenta una estrema frammentazione di processi organizzativi regionali ed una sempre maggiore balcanizzazione delle professioni che rischia di sfociare in una vera e propria anarchia dei ruoli e della competenze costringendo ciascuna figura professionale a ricercare o rivendicare un nuova identità. Ed, allora, si perde di vista il vero ruolo del medico, si tenta di marginalizzarne la leadership,  si escludono altri importanti profili professionali ritenuti, erroneamente, superati o di semplice supporto.
 
Dobbiamo, una volta per tutte, partire dal principio che non vi sono, in Italia, modelli organizzativi territoriali ed ospedalieri omogenei, il che non consente una chiara definizione degli standard ed, a cascata, non rende possibile poter determinare il reale fabbisogno di personale distinto per ruoli, funzioni, competenze e livelli di responsabilità. 
 
Noi medici, quindi, non abbiamo paura delle innovazioni perché la nostra professione ci porta ad affrontarli quotidianamente ma degli effetti negativi derivanti dagli ulteriori elementi di confusione posti dal comma 566. Siamo consapevoli che la responsabilità del medico è di natura ordinamentale, quindi a prescindere dal comma in oggetto; un comma così concepito non fa cambiare idea al Giudice in sede di giudizio per colpa professionale, ma siamo altrettanto consapevoli che esiste il concreto rischio che aumenti l'esposizione del medico proprio in assenza di una chiarezza dei ruoli. 
 
Certamente nessuno immagina di voler abrogare la Legge 42/99 ma occorre definire, una volta per tutte, la linea di comando eliminando il pericoloso concetto di paziente spacchettato in atti semplici ed atti complessi o, ancora, in atti medici ed atti assistenziali. 
 
Le innovazioni sono essenziali per un reale ammodernamento del nostro servizio sanitario ma occorre uscire da logiche di comando virtuale, per intenderci quelle da playstation, ed interrogarsi seriamente sui riflessi concreti che ogni professione potrebbe avere durante la propria attività lavorativa di tutti i giorni. 
 
Prima, quindi, di avviare la pletorica cabina di regia occorre un confronto tecnico immediato teso alla ricerca di quel minimo comun denominatore quale punto di partenza di una vera riforma delle professioni. 


Guido Quici
Vice Presidente Vicario CIMO

11 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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