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Atto Medico ed accessibilità alle cure. Se Ippocrate si è perso

di Antonio Rossetti

02 MAG - Gentile Direttore,
ho letto e riletto più volte l'aricolo “Atto medico. In arrivo proposta parlamentari PD”. Ho letto e riletto più volte la Proposta di Legge dell’on. D’Incecco, medico, nonché concittadina e collega del Dr. Ciofani pù volte citato. Ne cercavo il razionale e l’ho trovato nel mensile dell’Anaao Assomed n. 11 del 2014 che pubblica la relazione del Dr. Ciofani stesso al Convegno Nazionale di Pescara di tale Associazione Medica del maggio 2014.

La decontestualizzazione e successiva interpretazione di fonti giuridiche (tralasciamo i riferimenti alla Costituzione che più o meno conosciamo tutti nella sua globalità) quali, in primis, le sentenze citate della Corte Costituzionale che si riferiscono comunque a problematiche cliniche sì ma anche di ordine sociale (metodo Di Bella ed utilizzo della TEC e della psicochirurgia) possono andar bene ad una platea corporativistica e/o di categoria, ma non ad un’assise come il parlamento, delegato da tutti noi per legiferare.

Il voler ridurre tutto lo scibile medico alla parola “ATTO” o al contrario ampliare e far confluire nel termine “Atto Medico” il panorama sanitario nel suo complesso è quantomeno lesivo della professionalità medica stessa. Il medico attraverso segni e sintomi fa diagnosi (conoscere attraverso): è là che si riconosce la capacità di sintesi del clinico, della sua scienza e della sua esperienza. Non è una valutazione, ma un definire la condizione di salute o non salute di una persona in un dato momento. E non ci possono essere margini di errore, non può esserci una seconda opzione. E’ questa la peculiarità, l’importanza e la primogenitura in ambito sanitario del medico. L’agire per scienza e coscienza è un passo successivo. Le opzioni terapeutiche possono essere tante e modificabili a seconda dell’evoluzione clinica, ma non quella parolina magica che è la diagnosi. Per tale motivo la tendenziosità a voler depenalizzare il cosiddetto atto medico non è altro che delirio di onnipotenza.

Vengono citati Ippocrate, la Costituzione ed il codice deontologico. La prima cosa di cui dovrebbe essere garante il Medico è l’immediata accessibilità di TUTTI al percorso diagnostico, propedeutico al programma terapeutico,. Tutti hanno questo diritto, sancito dalla Costituzione ed indipendentemente dalle condizioni economiche e sociali. E’ questo il diritto di cui il medico deve essere il baluardo.
Nessuno assedia la categoria medica. Le citazioni di sentenze riferite ad alcune professioni sanitarie ed inserite nel corpo della proposta di legge hanno significato solo ed esclusivamente nel contesto in cui si sono verificate.

La complessità dello scenario sanitario, in qualsiasi ambito dalla prevenzione alla cura e riabilitazione, vede coinvolte, a garanzia della globale risposta ai bisogni di salute della persona, tantissime professioni di pari dignità con ruoli e responsabilità diverse. Non è pensabile che il Medico sia il Dominus e gli altri professionisti schiavi o liberti cui delegare di volta in volta un compito. In sanità, più che negli altri settori, interagiscono più figure ognuno con competenze diverse a seconda del percorso di studi, ed ogni figura ha un suo specifico non sostituibile da altri. E l’atto assistenziale è la risultante dinamica di più forze, le professioni. L’Atto Medico quindi è un qualcosa che si risolve all’interno delle competenze medico-cliniche e non può e non deve spaziare in altri ambiti specifici. Non può essere considerato sinonimo di Atto Assistenziale, perché quest’ultimo va al di là della diagnosi clinica e dei trattamenti terapeutico-farmacologici ( la cui paternità è medica). Il “paziente” non è solo una persona “malata”, ma una persona nella sua globalità e dignità. Il “to cure” deve cedere il posto al “to care”: è questa la rivoluzione.

Quando parlavo di accessibilità universale alle cure, il mio pensiero correva alle liste d’attesa, all’attività intra ed extra moenia a pagamento, agli studi privati di molti ( e non tutti) Direttori di strutture sanitarie, ai molti studi ( e non tutti) di Medici di base non attivi h 12. Dove la Mission del Medico? Solo nel rapporto esclusivo e di fiducia con il paziente? E chi non si può permettere economicamente, ed oggi tanti, di abbattere le liste di attesa? La categoria dei medici non è accerchiata dalle altre professioni, ma dai tanti cittadini che chiedono solo una diagnosi ed un trattamento terapeutico in tempi brevi ed umani, e non sentirsi rispondere dai call-center: “Prenotazione a 90-120 giorni, ma in intramoenia una settimana. Referti in procedura normale 15 giorni, in intramoenia 5”.

Ippocrate dove sei?

Antonio Rossetti
Coordinatore Infermieristico
Azienda Ospedaliera

Reggio Calabria

02 maggio 2015
© Riproduzione riservata

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