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I Piani di rientro che strozzano il Sud. Gli Ordini dei medici facciano sentire la loro voce

di Bruno Ravera

20 LUG - Gentile Direttore,
ho letto su Quotidiano Sanità la sofferta, drammatica e soprattutto vera denuncia fatta dal collega Giacinto Nanci del vulnus inflitto dai piani di rientro al diritto alla salute sancito dall’art.32 della nostra Costituzione, di cui purtroppo ci si limita solo a parlarne (e il problema non riguarda solo la Calabria).
 
Al netto della sacrosanta lotta agli sprechi, inefficienze e corruzione, resta il fatto incontestabile che la sanità nelle nostre regioni è sottofinanziata (v. dichiarazione dell’On.le Vargiu, Presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati e della Sen. Dirindin).
 
In Campania, su iniziativa dell’Ordine di Salerno, abbiamo proposto alcuni mesi fa all’allora Presidente della Giunta Regionale Caldoro, di far ricorso alla Corte Costituzionale per il riconoscimento dell’illegittimità della norma capestro. E questo ben prima che la Corte Costituzionale si esprimesse, accogliendo i ricorsi contro il blocco dell’adeguamento delle pensioni e del rinnovo dei contratti del pubblico impiego. E la salute non è meno importante di questi inalienabili diritti.
 
La nostra tesi è: la salute non è più un bisogno ma un diritto. Dice Shopenhauer : “la salute non è tutto ma senza la salute tutto è niente”.
 
Se lo si mette in discussione, vi è una violazione di un principio costituzionale e si mette in crisi il Welfare State, di cui la salute è, insieme alla previdenza, il pilastro fondamentale e si mette in crisi la democrazia. Ora non vi è dubbio che il blocco del turn over, per parlare solo di questo, accelera e favorisce questo processo. Per fare un solo esempio, in Campania, per l’impossibilità di sostituire chi è uscito dal sistema, per pensionamenti e decessi, mancano circa 14.000 addetti alla sanità (cifre ufficiali).
 
I piani di rientro erano un sistema per cui la Regione e lo Stato stabilivano un’intesa per ripianare i debiti e rimuovere le determinanti strutturali del disavanzo. Bene. Per ottenere questo risultato vi erano da una parte i risparmi indotti dalla lotta (a parole) agli sprechi, etc. e il blocco del turnover, dall’altra parte una legislazione premiale con l’addizionale IRPEF e IRAP etc.
 
Per il blocco del turnover del personale era necessario prima di tutto una ricognizione dell’esistente, poi del fabbisogno, secondo i parametri di legge e, una volta conosciuti questi dati, si poteva agire non in modo indiscriminato né con i cosiddetti tagli lineari, ma evitando situazioni di privilegio e altre di estrema difficoltà, tanto da compromettere i famigerati LEA (diventati livelli eventuali di assistenza), che sono la proiezione in concreto del diritto alla salute. Invece: blocco totale, che è sempre la soluzione più comoda, più facile e più ingiusta.
 
Non ho mai capito perché non vi sia stata un’autentica mobilitazione di forze politiche, sindacali e della cosiddetta (termine aborrito) società civile. Di qui la polemica dell’Ordine di Salerno verso la FNOMCeO, che è la massima espressione dei medici italiani, perché non ha preso mai posizione contro i piani di rientro e contro l’assurda ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale che, alla faccia del federalismo solidale, sottrae ingenti risorse sia punendo la demografia (nelle nostre regioni nascono ancora, anche se purtroppo sempre meno, bambini) sia impedendo l’adeguamento delle strutture ospedaliere, incrementando così il fenomeno della migrazione sanitaria.
 
Se le regioni del Centro Nord (Lombardia, Veneto ed altre), a parte i loro meriti che è doveroso riconoscere, non avessero le risorse della mobilità passiva dal Sud verso il Nord, sarebbero anch’esse in piano di rientro. Si “licet parvis componere magna” diremo che lo Stato Italiano ha trattato le regioni meridionali più o meno come l’UE (e per essa la Germania) sta trattando la Grecia, cioè ottenere un legittimo e doveroso risanamento finanziario con un’inaccettabile sofferenza per la popolazione.
 
E dico questo senza sottovalutare le responsabilità di una gestione della sanità che nelle nostre Regioni, tranne poche eccezioni, ha fatto e fa acqua da tutte le parti ed è stata efficiente mai e onesta non sempre. Perché i presidenti degli Ordini delle regioni del Mezzogiorno tutte, tranne la Lucania, nei piani di rientro, non si associano alla nostra protesta?
 
Sono anni luce lontano dal riproporre vecchie e logore logiche , cosiddette neo-borboniche, o di voler creare un simulacro di Lega del Sud, ma una presa di coscienza collettiva potrebbe contribuire non poco a una gestione più responsabile e democratica della sanità.
 
Si dovrebbe ricordare da parte di tutti che il fine del sistema sanitario nazionale è la tutela della salute. Le ASL e le aziende sono i mezzi per realizzarla. Azienda è un termine distorto perché è visto solo in termini economici. E’ invece un sistema complesso che è gestito da persone e ha il fine di tutelare la salute. Qui si pone il problema della sostenibilità che (Roy Romanov) è quello che noi vogliamo che sia, da non confondere con la compatibilità. Una politica diretta a diminuire il Welfare-State è un rimedio peggiore del male. A parte il fatto che si continua a ripetere l’errore di considerare la spesa per la salute solo in termini di sanità dimenticando l’impatto sul sistema economico e sull’indotto e quindi sul PIL.
Come si vede c’è da riflettere da parte di tutti.  
 
                                                                                                                                            
Dott. Bruno Ravera
Presidente Omceo di Salerno

20 luglio 2015
© Riproduzione riservata

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