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Oss e infermieri. Stiamo sulla stessa barca

di Pietro Grieco

19 AGO - Gentile direttore,
stiamo assistendo da diverso tempo alla necessità da parte degli infermieri di prendere le distanze dal ruolo degli operatoti socio sanitari, in un clima nel quale la chiarezza assume i contorni della polemica. Le differenze tra le professioni sono evidenti, dispiace però allo stesso tempo notare come vengono poste le questioni e come vengono rimarcate le differenze. Chi è l'infermiere, oramai lo sappiamo bene, in tutti gli articoli viene riproposto il ruolo e cosa sancisce la legge, ma quello che ancora si evince dalle pubblicazioni di questi infermieri "blogger", non sembra essere solo necessità di fare chiarezza sui ruoli, ma una denuncia di frustrazione e svilimento, per una società che non comprende il loro valore e la loro professionalità.
 
La guerra tra le professioni è una storia già vista e rivista, le disquisizioni spesso assumono solo i contorni della polemica e delle accuse, mentre forse un’analisi più dettagliata sulla cooperazione tra le varie figure potrebbe risultare di maggiore utilità rispetto alle sterili polemiche.  La sanità è in continua evoluzione e le professioni evolvono in funzione di essa e dei mutamenti delle necessità assistenziali. Ho letto con rammarico, come alcuni infermieri sembrino quasi non voler considerare il valore dell'operatore socio sanitario all'interno dell'equipe assistenziale, definendolo solo un ruolo tecnico, domestico alberghiero, una figura di supporto, la cui operatività debba essere relegata esclusivamente a funzioni di ausiliario, senza capacità e competenze dirette alla tutela della salute, considerando illegittime le rivendicazioni su alcune questioni legate alla professione. Questo atteggiamento sembra proprio richiamare quello della professione medica che per decenni ha accostato i termini paramedico e ancillare alla professione infermieristica, rigettando il ruolo dell'infermiere come collaboratore, definendolo solo un mero esecutore di compiti.
 
Le battaglie professionali nel corso degli anni da parte degli infermieri hanno dimostrato il contrario e il valore della professione infermieristica è oggi una realtà importante, indispensabile per la pianificazione assistenziale, nella quale però vengono perpetrati gli stessi errori della classe medica e il trattamento e la considerazione nei confronti degli OSS è piuttosto evidente. Incominciamo dunque a fare un po’ di chiarezza, e a conoscere meglio chi è l'operatore socio sanitario, quali sono le sue competenze, il campo di attività e il ruolo di collaborazione all'interno dell'equipe assistenziale.  Gli infermieri ci definiscono "personale di supporto", sebbene nel decreto dell'OSS questo termine non compaia da nessuna parte, mentre nell'allegato A del profilo dell'OSS, viene chiaramente specificato che “coadiuva” il personale sanitario e sociale nell’assistenza al malato.
 
L'eminente dottor Francesco Saverio Proia, in uno dei suoi interventi a dei convegni, ha ribadito più volte come nessuno è di supporto a nessuno e la necessità di abolire sia nei termini, che nel linguaggio di uso comune, il termine supporto che nel decreto dell'OSS appunto non esiste.  Chiarito questo, chi è l'operatore socio sanitario? la legge 1 e la legge 43 lo definiscono una figura di interesse sanitario a tutela della salute del paziente, in grado di dare una risposta qualificata sia in ambito sanitario sia in ambito socio-assistenziale, poiché può svolgere attività indirizzate a soddisfare i bisogni primari delle persone, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario, e favorire il benessere e l’autonomia della persona.
 
L’operatore socio-sanitario svolge la sua attività sia nel settore sociale che in quello sanitario, nei servizi di tipo socio-assistenziale e socio-sanitario, residenziali o semi-residenziali, in ambiente ospedaliero o a domicilio delle persone da assistere che possono essere anziani, minori, persone con handicap fisico o psichico, in stato di disagio sociale o di emarginazione, persone con problemi di salute in fase acuta, cronica, terminale, all’interno del quale l’operatore sociosanitario non è una figura di supporto ma un operatore che "collabora" con l’infermiere, l’ostetrica, l’assistente sociale…nelle e con le proprie funzioni al raggiungimento degli obiettivi di salute. "Coadiuvati" dagli operatori, i professionisti della salute possono ottimizzare meglio il tempo di lavoro per pianificare e organizzare i vari interventi assistenziali, ponendo priorità e attenzione alla personalizzazione dell’assistenza ed influendo positivamente sulla qualità dell’assistenza stessa.  In considerazione di tutto questo, il campo di attività dell'OSS è dunque sanitario, nella quale emerge la richiesta relativa alla collocazione dall’attuale ruolo tecnico al ruolo sanitario.
 

Per questo si ritiene che nella collocazione funzionale del profilo dell’OSS debba prevalere quanto è contenuto nel profilo che lo rende un operatore che partecipa alla tutela della salute individuale e collettiva e non un operatore tecnico nell’accezione comune; inoltre è bene ricordare che questo profilo come specifica il suo nome (“sociosanitario” e non tecnico) è il primo ed attualmente unico profilo della mai attuata completamente area sociosanitaria, prevista dalla dlgs 502/92 e smi, che avrebbe dovuto comprendere profili sanitari, sociali e sociosanitari, archiviando definitivamente i 4 ruoli del 761, introducendo il principio, costituzionalmente garantito, che tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori che operino in analoghe strutture e con medesime condizioni di disagio abbiano medesimi diritti e corrispondenti indennità. Quindi l’operatore sociosanitario allo stato attuale della legislazione non è l’ultimo profilo professionale arrivato nell’antico ruolo tecnico del DPR761/79 bensì il primo profilo professionale del personale dell’area delle professioni e dei profili sociosanitari prevista dall’articolo 3 octies del dlgs 502/92, oggetto tra l’altro di una petizione in questi giorni, per la sua attuazione.
 
La considerazione dell’attuale rapporto tra infermiere e OSS, deve essere posta in termini diversi da quelli sollevati in alcuni articoli, nei quali non ho intravisto nessuna analisi sui contesti professionali e sulla coesistenza in regime di collaborazione tra le figure. A mio avviso, andrebbero analizzati i dati reali nello scenario sanitario attuale, per questo sarebbe meglio ogni tanto per alcuni, disconnettersi dal mondo virtuale e connettersi con la realtà quotidiana, che mette in evidenza criticità e limiti dell’attuale sistema del servizio sanitario nazionale. Le Regioni per risparmiare, hanno dato vita a una guerra delle competenze, dove in una situazione di carenza di organico, gli infermieri fanno da tappabuchi per i medici e gli OSS a loro volta sopperiscono alle carenze infermieristiche.  Alla luce della revisione del comma 566, con l’estensione delle competenze mediche , viene da chiedersi quale sarà lo scenario futuro dell’assistenza e quali saranno le conseguenze su di essa per l’avanzamento professionale degli infermieri e su chi ricadranno ancora una volta le mansioni di carattere infermieristico che gli infermieri per ragioni evidenti, faranno maggiore difficoltà a svolgere e seguire, in un sistema che di certo non li aiuta e non li valorizza.

Pur avendo ruoli diversi, infermieri e OSS condividono gli stessi spazi di lavoro, gli stessi malati e purtroppo anche le stesse restrizioni finanziarie, e cooperano insieme per il raggiungimento e il mantenimento degli obiettivi di salute del paziente. La necessità è quella di analizzare i contesti e gli ambiti professionali, le evoluzioni e i nuovi scenari, che  non passano attraverso le polemiche e le accuse degli infermieri che evidenziano l’invadenza del campo professionale o degli OSS che denunciano lo sfruttamento e la condizione di abuso d’esercizio, rischiando di dar vita a un vortice senza via d’uscita, nella quale si inaspriscono i rapporti. Bisognerebbe smetterla di pensare con logiche divisionali dei compiti e delle competenze e parlare il linguaggio dell’impegno professionale, delle qualità soggettive, delle relazioni cooperative tra professioni diverse, e ripensarsi nella complementarietà e nell’interconnessionalità, nella quale la vera forza è l’equipe che si fonde in unica entità esecutiva, collaborativa e sinergica senza pensare a blocchi stagni di operatività.
 

Nell’ottica della riorganizzazioni delle professioni, l’evoluzione dei profili è legittima quando si persegue l’obiettivo del miglioramento degli standard assistenziali e non per l’accrescimento esclusivo del prestigio e dello status sociale; per quanto riguarda il profilo professionale dell’operatore sociosanitario è ora che diventi spendibile, con i necessari adattamenti ed integrazioni quanto concordato nel 4 luglio 2012, dopo un lungo periodo di confronti dal Tavolo tecnico “Ministero-Regioni su ruolo, funzioni, formazione e programmazione del fabbisogno dell’operatore sociosanitario”, istituto presso il Ministero della Salute; questo documento affronta tutta la problematica di questo profilo professionale, ormai componente fondamentale ed indispensabile dell’equipe assistenziale.  Ricordo che questo registrò il consenso di tutte le componenti del Tavolo: Il Ministro della Salute di allora, prof. Ferruccio Fazio, il Coordinamento della Commissione Salute delle Regioni, le segreterie nazionali di CGIL-FP, CISL FP, UIL FPL, FIALS, FSI – USAE, Nursing Up, la Federazione Nazionale Collegi IPASVI, Federazione Nazionale Collegi Ostetriche ed il MIGEP.
 
In occasione della manifestazione degli OSS, indetta dalla Federazione Migep e tenutasi il 29 maggio  di quest’anno a Roma, è stata formulata richiesta del l’apertura di un tavolo tecnico, nella quale il Ministero della Salute ha dato piena disponibilità, trovando anche il consenso del Sottosegretario Vito De Filippo riguardo la questione dell’art 3 octies e dell’area sociosanitaria. L’attuazione di questo documento permetterebbe di fare chiarezza sul profilo e di rivedere l’offerta formativa, che negli ultimi anni è stata responsabile del caos odierno riguardo la disomogeneità della formazione OSS sul territorio nazionale, ad opera soprattutto di enti privati, che hanno lucrato su un vero e proprio business della formazione e quindi contribuendo a un impoverimento professionale.  Risulta quindi, nell’ottica di una futura revisione della professione, la necessità di considerare l’evoluzione di questo profilo in un altro, con più avanzate competenze, in un sistema formativo sanitario che dovrà essere svolto a cura e sotto la responsabilità dei Servizi Sanitari Regionali in collaborazione con i Servizi Sociali degli Enti Locali, monitorando il livello di competenza acquisita, definendo con chiarezza competenze e responsabilità, tracciando un profilo più completo e in grado quindi di poter cooperare in maniera più incisiva e determinante con gli altri professionisti della salute, archiviando definitivamente i limiti e le contraddizioni dell’attuale profilo.
 
Lo scenario di una nuova figura potrebbe trovare spazio all’interno dell’area delle professioni sociosanitarie, un nuovo continente professionale tutto da scoprire e da rendere abitabile: a tutt’oggi l’unica popolazione che l’abita è costituita dagli operatori sociosanitari che costituisce sinora l’unico profilo professionale istituito con una metodologia propria di quest’area, attualmente ancora non istituita, mentre la sua attuazione, esalterebbe le potenzialità operative, riconoscendo la giusta e corretta collocazione degli OSS, nella quale appunto poi si potrà pensare anche ad un nuovo profilo più evoluto.
 
Una proposta su un nuovo profilo, che trovo interessante, è stata rielaborata dalla Federazione Migep, sulla base di una proposta già del Collegio Ipasvi, che potrebbe trovare consenso da parte degli infermieri, i quali si lamentano dell’appropriazione indebita da parte degli OSS di alcune mansioni infermieristiche e della responsabilità costante detenuta in capo al loro operato.  I contenuti di questa proposta, prevedono un percorso in linea con la formazione europea , con requisito di accesso del diploma di scuola superiore, attraverso scuole regionali sanitarie, con maggiore chiarezza sulle nuove competenze e introducendo il principio di responsabilità, sollevando l’infermiere professionale da quelle che la nuova figura formata andrebbe a svolgere.
Questa proposta, opinabile o meno, è sempre meglio delle polemiche e della continua rimarcazione delle differenze, e cerca di innalzare il livello professionale di un profilo, in considerazione di una cooperazione maggiore con gli altri professionisti dell’equipe sanitaria, in linea con i nuovi mutamenti che sono già in atto per le altre professioni con la revisione del comma 566.
 
E' evidente che la situazione degli attuali sistemi sanitari di tutto il mondo, metterà di fronte al personale sanitario di domani, una serie di sfide uniche, alle quali siamo già chiamati a far fronte e che sono rappresentate dai cambiamenti demografici dei pazienti e degli operatori sanitari, il cambiamento dei modelli di lavoro e la mobilità del personale sanitario, l'evoluzione dei modelli di cura e assistenza, le nuove evidenze emergenti.  Per questo, abbiamo bisogno di trovare più risposte e proposte, che superino le polemiche e le guerre tra le professioni, che non portano da nessuna parte, mentre è evidente che orientare gli sforzi di tutti i professionisti e operatori verso un'unica direzione può solo facilitare il percorso di un lavoro in cooperazione e non in contrapposizione, per lo scopo comune che è il benessere della collettività.

Pietro Grieco
OSS 

19 agosto 2015
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