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Infermieri e Oss. Ognuno al suo posto? Sì, ma attorno a un tavolo per porre fine alle scaramucce

di Angelo Minghetti

05 SET - Gentile direttore,
abbiamo letto con attenzione e interesse i diversi interventi susseguitisi in questi giorni sulla questione relativa al rapporto fra gli operatori assistenziali. Crediamo che l’argomento debba essere affrontato nel merito evitando sterili polemiche ma tenendo in debito conto la realtà che diversi operatori vivono quotidianamente.

Innanzitutto vorremmo riportare un concetto esplicitato dal Dottor Proia “le trasformazioni demografiche in corso hanno determinato un cambiamento nella richiesta di cure. Diviene pertanto strategico investire di più sull’integrazione tra servizi sanitari e socio sanitari assistenziali, ed è in questo contesto che va inquadrato il percorso della figura professionale dell’operatore socio sanitario (oss) dall’attuale ruolo tecnico a quello –istituendo- delle professioni dei profili sociosanitari” quindi l’oss allo stato attuale della legislazione non è l’ultimo profilo professionale arrivato nell’antico ruolo tecnico del dpr 761/79 bensì il primo profilo professionale del personale dell’area delle professioni dei profili sociosanitari prevista dall’art 3 octies del dlgs 502/92".

Ed è evidente che gli appartenenti a tale profilo, senza che ciò possa costituire ostacolo o pretesto di prevaricazione, hanno il diritto di essere considerati attori di un sistema assistenziale.

Quindi è importante attivare nuovamente un colloquio attraverso un tavolo tecnico affinché possano essere messe in essere tutte le azioni necessarie per evitare spiacevoli situazioni di confusione fra le figure coinvolte nel processo di assistenza che possano ingenerare momenti di attrito e incomprensione con conseguenti problemi di natura organizzativa legate anche alla responsabilità comunque connessa ad una modalità di delega non definita, e comunque non ben compresa a livello nazionale, poiché interpretata in modo molto estensivo o troppo riduttivo.

Il riferimento pare essere la semplice condizione organizzativa momentanea (da leggersi come numero di componenti dell’équipe presenti in un dato momento: la delega è, infatti, spesso, inversamente proporzionale al numero dei professionisti presenti). Come associazione, ribadiamo che questi malintesi non debbano più verificarsi anche al fine di non creare situazioni di tensione tra le due categorie coinvolte e di non aumentare il livello di contenzioso inutilmente. L’équipe assistenziale è formata da diverse figure, ognuna con la propria professionalità e dignità e tutte quante sono ugualmente fondamentali per il raggiungimento di un buon risultato finale per il paziente.

Per quanto riguarda l’oss è ora che diventi spendibile con i necessari adattamenti ed integrazioni quanto concordato nel 4 luglio 2012 e sottoscritto sia dal MIGEP , dalle segreterie sindacali CGIL, CISL, UIL, FIALS, FSI, NURSING UP, dalla federazione delle OSTETRICHE ed anche dal collegio IPASVI -che oggi non può rigettare quanto sottoscritto allora- in quanto l’oss è un componente fondamentale ed indispensabile dell’équipe assistenziale, come ribadito dallo stesso ministero della salute.

Con questo documento d’intesa tra le parti si è voluto affrontare la questione degli oss relativamente a funzioni, consistenza numerica, fabbisogno e formazione convenendo di valutare l’evoluzione di questo profilo in un altro profilo con competenze più avanzate considerando le novità previste dal patto della salute 2014/2016.

Nel documento la formazione viene definita come “elemento cardine del sistema salute in cui si possono sviluppare le competenze relazionali, tecnico scientifiche e operative necessarie per il mantenimento e l’innovazione di questo servizio fondamentale per il progresso socio economico del Paese”. La formazione rappresenta quindi un punto fondamentale al fine di dare attuazione al progetto di riorganizzazione della figura degli Oss. Uniformità a livello nazionale e continuità della formazione destinata agli Oss rappresentano la concreta soluzione. Ci chiediamo se le regioni hanno la consapevolezza di quanto sta avvenendo nella formazione oss che riteniamo sia completamente allo sbando.

Inoltre il documento delinea un intervento sinergico a livello nazionale, regionale e territoriale per
• Rilevare i numeri reali degli oss (censimento numerico e delle competenze acquisite) , ad oggi formati e impegnati nei settori sanitario e socio sanitario (pubblico, privato e terzo settore) e programmare di conseguenza gli eventuali nuovi fabbisogni.
• Approfondire e analizzare i diversi modelli organizzativi che prevedano l’impiego degli oss per evidenziare l’esistenza di eventuali criticità e differenze tra le regioni e i territori promuovendo la diffusione delle sperimentazioni più avanzate.
• Uniformare e migliorare l’attività formativa destinata agli oss che dovrà essere svolta a cura e sotto la responsabilità dei servizi regionali in collaborazione con i servizi sociali degli enti locali, monitorando il livello di competenza acquisita.
• Promuovere un corretto impiego degli oss in coerenza con l’accordo stato regioni del 2001
• Promuovere l’aggiornamento permanente anche all’oss
• Completare la riqualifica delle vecchie figure (ota - osa - adb - asa- adest ) in oss facendo in modo da ottimizzare i profili presenti nel sistema sanitario.
• Riconoscere la collocazione dell’Oss nel settore sanitario e non in quello tecnico in quanto operatore assistenziale a diretto contatto con il paziente.
Appare chiaro che mancano “protocolli”, linee guida, “job description” che dovrebbero delineare in modo più definito e concreto le responsabilità e le competenze richieste in una determinata azione o in un particolare settore, in base alla tipologia dei pazienti, agli obiettivi che ci si pone nei loro confronti, alle attrezzature ed al materiale di cui si dispone. Invece, spesso, gli uffici infermieristici, capo sale, infermieri, RSU, dirigenti di strutture RA - Rsa, consentono a questi operatori di eseguire manovre che non hanno mai neppure studiato e che esulano dagli allegati A-B spingendo in alcune realtà gli Oss ben oltre il loro livello formativo attuale.

Infatti, è molto probabile che l’implementazione dell’Oss sia andato a modificare le attività che sono richieste al personale infermieristico, portando però nel contempo l’oss ad essere non più spettatore ma parte di un’assistenza globale, coinvolgendolo in un mondo – ambiente - spazio ben più delicato e complesso delle vecchie figure di ausiliariato che richiede risposte più attente e consapevoli e “professionali” ai bisogni, alle sofferenze, alla salvaguardia della dignità e della centralità dell’utente.

E’ per questo che l’azione del migep è tesa nell’affrontare il tema della formazione delle competenze e del ruolo, in modo chiaro al fine di promuovere la tutela del cittadino. Con l’istituzione del tavolo tecnico ministero regioni nel 2010, si è potuto proporre una riflessione intorno alle complesse dinamiche inter e intra individuali fra infermiere ed operatori assistenziali in relazione fra loro per determinare la migliore assistenza nei confronti del paziente in un sistema sempre in evoluzione che coinvolge tutti gli operatori e non solo alcune figure.

L’oss viene comunemente indicato come figura di supporto con un campo di attività evanescente. In realtà all' interno dell' équipe ogni membro è di supporto agli altri. Peraltro nel decreto sull’oss il termine “figura di supporto” non esiste. Secondo noi questo termine deve essere superato come è stato superato il termine paramedico nella professione dell’infermiere, è' una questione di rispetto e di dignità. Bisognerebbe invece utilizzare il linguaggio corretto: “l’oss è un operatore che collabora con l’infermiere, l’ostetrica, assistente sociale fino al raggiungimento degli obiettivi di salute”. Per questo, francamente, il richiamo quasi imperativo ad una sorta di sottomissione (ognuno torni al suo posto) francamente non possiamo accettarlo.

Nell'ambito della sanità, la figura dell' Oss ha un peso numericamente rilevante in quanto si stima che operino circa oltre 200mila operatori che rappresentano comunque una vera risorsa, il vero capitale da apprezzare e valorizzare, e senza il quale non sarebbe possibile ottenere livelli assistenziali qualitativamente buoni in particolar modo nell'ambito del terzo settore nel quale l'oss affronta una realtà sempre più complessa per via delle competenze attribuitegli per dare risposte adeguate al cittadino.

L'avere svincolato l'infermiere da una parte di attività, non sta certo a significare che quelle attività siano di secondaria importanza per il paziente, per il suo benessere e la sua cura, pertanto non esistono componenti di serie A e B in una équipe che lavora per un fine comune.
Sgombriamo il campo da equivoci e risentimenti reciproci e veniamo al punto centrale. L'Ipasvi in tutti questi anni ha affermato giustamente che l’integrazione professionale e il lavoro di squadra sono una necessità ineludibile per ogni organizzazione sanitaria moderna, subito dopo però ribadisce di fatto con suoi comunicati un ritorno a rigide gerarchie tra professioni che non solo è anacronistico ma risponde a vecchie logiche di potere. Potere che si concentra, comunque, anche nello stesso ambito infermieristico, solo nei ruoli apicali, come sanno bene gli infermieri che hanno vissuto e vivono ancora in corsia da diversi anni.

La formazione rappresenta un punto fondamentale al fine di dare attuazione al progetto di riorganizzazione della figura degli oss. Noi ribadiamo che bisognerebbe valutare l’opportunità di istituire un istituto professionale (istituto tecnico sanitario – istituto socio sanitario) in modo che possa essere uniformata a livello nazionale la formazione oss, e si possa pensare ad una nuova figura “ centrale” che acquisisca maggiori competenze infermieristiche e che si posizioni tra l’oss e l’infermiere laureato. Questa figura non può essere, a nostro giudizio, l’oss con formazione complementare poiché figlia, ancora una volta, di una esigenza estemporanea, ma una figura sanitaria ben definita ed inserita in modo preciso in sanità con autonomia e preparazione elevata.

Concludendo, ricordiamo anche che il ministero da tempo ha riconosciuto al personale appartenente a questi profili (infermieri generici, puericultrici, oss ) il valore e la funzione all’interno dell’équipe e che va affrontato con incisività il riconoscimento del loro diritto al lavoro all’interno delle strutture.
Per questo ci rivolgiamo alla presidente dell’Ipasvi: ognuno al suo posto, certo, ma al tavolo tecnico dove forse sarebbe necessario rivederci affinché finiscano queste scaramucce. In Europa, il confronto con altre figure è aperto, forse dovrebbe esserlo, con pacatezza e rispetto, anche in Italia.
 
Angelo Minghetti
Segretario nazionale Migep

05 settembre 2015
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