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Vaccinazioni? Sarebbe ora di promuoverle con i metodi del social-marketing

di D.Crea e M.L.Genna

20 OTT - Gentile direttore,
la generica disaffezione dei cittadini dalla prevenzione con vaccini, cominciata negli anni scorsi, quando sulla graticola mediatica sono finite le ipotesi sui possibili legami con l’autismo e con la sindrome di Guillain – Barré ed in seguito, con il sequestro ed il ritiro dei vaccini antinfluenzali di Novartis e Crucell, insieme alla eco di tali episodi rimbalzata via web, il tutto ha determinato un colpo grave alle campagne vaccinali generali e non solo a quelle semplicemente legate alle sindromi influenzali.

Una situazione esattamente opposta a ciò che si è verificato negli anni '50, quando l’introduzione dei vaccini aveva innescato una grande attesa e la profilassi veniva vissuta come una novità estremamente positiva. Ma il concetto di vaccinazione va nuovamente rivisto soprattutto come contributo fondamentale, ed ulteriore, a quel lungo e riuscito processo legato all’innalzamento dell’età media, dai 70-75 anni di pochi decenni fa agli attuali 80-85, al miglioramento della nostra qualità di vita, al concreto decremento della mortalità infantile ed alla riduzione netta e stabile delle malattie invalidanti.
 
Il ruolo guida del Ministero della Salute non va poi svilito in una semplicistica visione sanzionatoria del medico, generando un mediocre quanto inefficace neooscurantismo, incrementando una revisione negativa delle sue prerogative di cura, comprimendo ulteriormente e delegittimando così il suo ruolo, quale principale ed indispensabile presidio clinico di salute pubblica territoriale.

Le eventuali resistenze si vincono attuando una campagna di informazione corretta e concreta, spiegando con chiarezza tutti i vantaggi, e soprattutto presentando le storie legate ai vaccini: i gruppi e le associazioni schierate contro l'immunizzazione portano spesso gli esempi di chi è stato colpito dagli effetti collaterali, ma non si pone mai l’accento, per esempio, su chi ha avuto complicazioni molto gravi da malattie che sarebbero state assolutamente prevenibili ed evitabili con la semplice vaccinazione.

Chi, oggigiorno, si sentirebbe in grado di demonizzare le campagne vaccinali antivaiolose, che nel giro di pochi anni hanno completamente eradicato la piaga del vaiolo? Chi ancora crede che le vaccinazioni antipolio siano inutili o dannose? Chi tra noi, soprattutto tra i colleghi più esperti ed anziani, ricorda ancora quel numero elevato di ipotrofie muscolari da poliomavirus, nei bambini e negli adulti? Chi si sente in grado di esprimere dubbi su l’antidifterica, sapendo quanti giovani pazienti sono deceduti negli anni passati per l’insorgenza della patologia da pseudomembrane dovuta ai Corinebacteriae?

Probabilmente la visione attuale, in cui le più pericolose malattie infantili - un tempo comuni - non esistono più, favorisce la genesi di concezioni errate e semplicistiche, legate al benessere ora raggiunto, dimenticando le difficoltà terapeutiche ed i pericoli passati. Sarebbe auspicabile, pertanto, che il Ministero della Salute torni a stimolare nuovamente il dibattito sanitario legato alle vaccinazioni, arricchendolo di pareri e tesi, anche contrarie, ma sempre sottese da seri studi long-term, favorendo il confronto tra posizioni diverse, innalzando il livello di attenzione sull’argomento e non lasciando alla rete, a internet ed ancor più genericamente ai social network, lo spazio per ipotesi non confortate da pareri scientifici, se non addirittura fantasiose. Facilitando, quindi, il ruolo del medico nel rapporto quotidiano con il paziente.

Nello stesso tempo però risulta necessario illustrare quanto viene fatto per evitare i “difetti di qualità” e, quindi, sulla sicurezza degli stessi vaccini, nonché sulle verifiche effettuate dall'AIFA, che ne autorizza l’uso e l'immissione in commercio, stimolando il Ministero della Salute ad aumentare i controlli su qualità, sicurezza ed efficacia sui prodotti provenienti dalle aziende farmaceutiche, soprattutto se multinazionali.

Insomma, al giorno d’oggi non risulta più sufficiente conoscere bene la medicina, le tipologie dei vaccini, i fondamenti dell'epidemiologia, ma è necessario implementare i metodi del social-marketing per la promozione della salute, come l'utilizzo di strategie e tecniche atte ad influenzare, modificare o abbandonare un comportamento in modo volontario, al fine di ottenere un vantaggio per i singoli individui o la società nel suo complesso; cioè - semplici ma efficaci tecniche di comunicazione - volte a far capire al pubblico e all’utenza che la vaccinazione è utile e conviene.

Pertanto, è necessario che il Ministero della Salute diventi nuovamente strumento primo, trasformandosi da semplice ascolto a soggetto attivo di dibattito, allo scopo di aumentare le strategie per migliorare la prevenzione attraverso le vaccinazioni, affidandoci a messaggi e temi prioritari, ampliando la base del target, utilizzando temi, linguaggi e toni propri della comunicazione. Perché il vero problema è tutto lì.
 
Domenico Crea
Maria Ludovica Genna 
Osservatorio Sanitario di Napoli

20 ottobre 2015
© Riproduzione riservata

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