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Disavanzo record al San Camillo Forlanini. Anaao: “Fateci lavorare o chiudeteci”

di F.Medici, S.Petrolati e B.Schiavo

28 OTT - Gentile Direttore,
l’Agenas ha recentemente diffuso i dati relativi ai bilanci delle Aziende Ospedaliere italiane evidenziando i disavanzi più rilevanti. Il Lazio ha il triste primato di essere rappresentato da nove aziende su nove in questo report e il San Camillo Forlanini si guadagna la palma dell’ospedale col deficit di bilancio maggiore -158 milioni.
 
E’ questo un dato sconfortante, non solo per le istituzioni e per chi dirige l’ospedale, ma anche per chi ci lavora in condizioni difficili, con passione, con senso di appartenenza e che ha difficoltà a comprendere come tutto il suo impegno diventi fattore produttivo di deficit e si domanda il perché.
 
Un’azienda è in deficit quando non è attrattiva, quando genera prodotti che non sono richiesti dalla popolazione. Per il nostro ospedale non è così abbiamo liste di attese lunghissime, in particolare per procedure di alta specializzazione e tanta gente che vorrebbe farsi curare da noi non può farlo. Un’azienda fallisce nel momento in cui i suoi dipendenti lavorano poco o lavorano male.
 
Al San Camillo Forlanini non è così, i dipendenti lavorano tanto, anche troppo e che lavorino bene non spetta noi a dirlo ma i risultati del Pre.Va.Le sono per questo aspetto confortanti.
Si può produrre deficit nel momento in cui vi è un contenzioso continuo e non risolto tra amministrazione e sindacati. Nel nostro ospedale, seppure dopo una lunga e sofferta negoziazione, si è arrivati ad un accordo completo su tutti temi più rilevanti. Un’azienda può fallire se è diretta male.
 
Se analizziamo i risultati di bilancio dei precedenti Direttori generali dovremmo dire che hanno diretto male, ma se esaminiamo con attenzione il loro comportamento dobbiamo riconoscere che in realtà non hanno mai diretto, né bene né male, ma si sono limitati ad applicare le direttive regionali frutto di direttive nazionali.
Certo è mancata da parte loro una nota di dissenso verso i diktat istituzionali, o quanto meno un warning che aprisse gli occhi su quanto stava accadendo: la politica dei tagli lineari, del blocco delle assunzioni e dei concorsi ha mortificato l’assistenza e non ha prodotto risparmi.
 
Il warning però è partito più volte dall’Anaao. Nel corso di pubblici dibattiti, sulle pagine di Quotidiano Sanità (14/07/11, 8/4/13, 9/12/13), e nel Libro Bianco presentato il 28/04/2015 abbiamo più volte segnalato un dato assolutamente obiettivo: i costi di gestione del San Camillo sono invariati negli ultimi 10 anni anche se i volumi di assistenza si sono ridotti del 35% e il disagio dei cittadini, degenti su posti-barella, è noto a tutti.
Purtroppo i nostri dati, segnalati già nel 2011, e che non sarebbero passati inosservati in un’azienda privata, non sono stati oggetto di attenzione e si è perseverato nella strada dell’inefficienza.
Se il Lazio brilla nel panorama nazionale del disavanzo non possiamo pensare sia un caso e la giunta Zingaretti avrebbe dovuto riflettere sull’inefficacia dei provvedimenti di chi li ha preceduti, giunte Marrazzo e Polverini, per cambiare rotta e ridare efficacia ed efficienza ai grandi ospedali della Regione.
Ma non è mai troppo tardi per cambiare.
 
Avrà l’attuale Direttore generale la possibilità di riportare la rotta del San Camillo verso acque più sicure? Indipendentemente dalle capacità del dottor D’Urso la risposta è subordinata ad una domanda. Il DG potrà dirigere realmente l’ospedale o sarà costretto ancora una volta a rincorrere esclusivamente obiettivi di risparmio con strumenti imposti dall’alto, come purtroppo appare nelle negoziazioni del budget attualmente in corso? Potrà assumere il personale che serve con qualifiche e competenze specifiche? Potrà finalmente affidare le UU.OO. a direttori selezionati con procedure concorsuali sulla base di competenze specifiche ?
Una grande azienda deve avere la possibilità di selezionare i propri dipendenti, non deve essere costretta ad assumere professionisti selezionati da procedure concorsuali obsolete che non prevedevano le competenze necessarie  per Dirigere o lavorare in reparti di elevata specializzazione.
 
Una struttura che ha medici e chirurghi eccellenti deve investire per farli lavorare al meglio e non penalizzarli, come si è fatto finora, negando le risorse umane e strutturali necessarie.
Una struttura che ha grande affluenza di malati complessi con patologie multiple non deve essere posto di transito tra il territorio e le case di cura private ma deve investire affinché nel suo interno si completi il processo diagnostico e terapeutico. E’ sconcertante il percorso di questi malati che transitano nel PS, richiedono un notevole impegno diagnostico e assistenziale, sono stabilizzati e infine per mancanza di posti letto sono trasferiti nelle case di cura private: al San Camillo i costi, alle case di cura il ricavo del DRG.
 
In conclusione dobbiamo prendere atto del risultato negativo di una politica gestionale che, senza risparmiare un euro, ha prodotto una  rilevante riduzione dei volumi prestazionali anche per attività di eccellenza, un allungamento delle liste d’attesa mediche e chirurgiche, un rilevante deficit di bilancio e in definitiva un aumento del costo medio di un ricovero, da 7.000 euro nel 2005 a 10.600 euro nel 2014.
In base a quale logica perversa si deve perseverare nell’errore?
 
Noi vorremmo che l’attenzione fosse sempre rivolta prevalentemente alla qualità e alla quantità dell’assistenza e non si dimenticassero quei poveri cittadini che trascorrono anche una settimana in barella in una condizione di promiscuità indegna di un paese civile.
Ma se oggi il tema da discutere è il bilancio del San Camillo, visto il fallimento della politica dei tagli, chiediamo di migliorarlo agendo sulla leva dei ricavi.
Riconvertiamo i posti barella in posti letto, ridiamo ossigeno alle grandi chirurgie, ridiamo risorse alle medicine. Possiamo recuperare tutta l’attività persa, quel 35% di volume prestazionale  che corrisponde ad una entrata di circa 100 milioni di euro sul versante dei ricavi.
 
La richiesta non manca, le professionalità e l’esperienza ci sono. Chiediamo che si cambi rotta.
Non vogliamo credere che il San Camillo sia stato messo in ginocchio perché rappresentava un intralcio all’attività della sanità privata o dei numerosi Policlinici universitari della capitale.
Fateci lavorare altrimenti si dichiari il fallimento dell’Azienda e chiudeteci.
Continuare sulla strada dell’inefficienza non ha senso.
 
Francesco Medici
Sandro Petrolati
Bruno Schiavo
Segreteria Anaao Assomed
Azienda San Camillo Forlanini Roma

28 ottobre 2015
© Riproduzione riservata

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