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Lea e riabilitazione respiratoria. C’è qualcosa che non va

di Marta Lazzeri (Arir)

05 SET - Gentile Direttore,
le scriviamo in rappresentanza dell’Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria (ARIR) che dal 1989 su base volontaristica si occupa della formazione dei fisioterapisti negli ambiti inerenti la fisioterapia riabilitazione respiratoria e concorre con numerose iniziative alla sensibilizzazione delle altre figure sanitarie e dei cittadini alla cultura della prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione nelle patologie respiratorie.
 
Nel mese di luglio abbiamo letto con interesse comunicati e lettere che i rappresentanti di alcune società scientifiche le hanno inviato, segnalando le incoerenze e le macroscopiche omissioni presenti nello schema del Decreto di aggiornamento dei LEA.
 
Facciamo seguito in particolare alle affermazioni espresse dal Presidente AIFI Mauro Tavarnelli per rimarcare alcuni passaggi che riteniamo debbano essere portati all’attenzione del cittadino e degli amministratori della Salute Pubblica.
 
Analizzando la documentazione disponibile in merito alla proposta di aggiornamento dei LEA, abbiamo molto apprezzato l’immane lavoro prodotto e le attenzioni rivolte alle persone affette da patologie respiratorie croniche, che necessitano di intervento riabilitativo.
 
Sono circa 7 milioni, ovvero l’11,5% della popolazione, le persone che soffrono di malattie respiratorie croniche come Asma o BPCO, con un impatto sulla spesa pubblica pari a 14 miliardi di euro ogni anno (l’1% del PIL), tuttavia solo un’esigua parte di questa popolazione ha accesso a programmi strutturati di educazione all’autogestione della patologia e di riabilitazione polmonare (RP), almeno nei tempi utili per arginare gli effetti della cronicità.
 
Numerosi studi hanno evidenziato che tali interventi hanno un ottimo rapporto costo/beneficio, permettendo un risparmio della spesa sanitaria attraverso la riduzione del numero dei ricoveri ospedalieri e un aumento degli anni di vita corretti per la qualità (Quality Adjusted Life Years, QALY), anche quando paragonatialle più note e diffuse terapie farmacologiche inalatorie a lungo termine.
 
Ci sentiamo quindi in dovere di segnalare alcune incoerenze riscontrate nel testo, che potrebbero vanificare gli sforzi organizzativi ed economici previsti da questi provvedimenti.
La prima segnalazione è relativa all’impropria appartenenza, ormai abusata da alcuni anni e con spiacevoli conseguenze per i cittadini di alcune regioni, della “riabilitazione” alla sola branca “Medicina Fisica e Riabilitazione”, compresa la riabilitazione cardiologica e respiratoria.
 
La limitazione di alcune prestazioni specialistiche a una sola branca medica, nella fattispecie per prestazioni di tipo valutativo e riabilitativo assegnate alla branca “Medicina Fisica e Riabilitativa”, preclude di fatto al cittadino la possibilità di accedere a “pacchetti” di prestazioni valutative, diagnostiche e terapeutiche attraverso un percorso appropriato, lineare e sostenibile (in termini economici, di tempo e di efficacia complessiva) che preveda una sola impegnativa.
 
Facciamo un esempio per essere più chiari. In base alla proposta attuale, una persona cui è stata diagnosticata la BPCO che necessita di riabilitazione pneumologica dovrebbe recarsi con una prima impegnativa dallo specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa, che, in base a quanto previsto, può procedere ad una valutazione solo parziale; successivamente, con una seconda impegnativa, dovrà andare dallo Pneumologo per le valutazioni specifiche del caso, non prescrivibili (e interpretabili) dal primo specialista, e per la successiva prescrizione di adeguate terapie mediche e riabilitative.
 
Com’è possibile dunque ridurre i costi, migliorare l’efficienza e l’efficacia degli interventi sanitari obbligando il cittadino a tortuosi passaggi prima di poter accedere all’intervento di cui ha bisogno?
 
La Fisioterapia e Riabilitazione Pneumologica sono discipline che hanno una pratica fondata su evidenze scientifiche di gran lunga più solide rispetto ad altri ambiti della riabilitazione. Sono disponibili linee guida e raccomandazioni di società scientifiche internazionali e nazionali che definiscono i criteri di accesso, le componenti essenziali del programma e i ruoli dei professionisti necessari per un intervento efficace e durevole nel tempo.
 
L’accesso alla Riabilitazione Pneumologica deve necessariamente avvenire attraverso una valutazione globale e multi-professionale, elementi essenziali per l’individualizzazione del programma in base ai bisogni specifici della persona, in relazione alla menomazione, alla conseguente limitazione funzionale e alla partecipazione nei contesti di vita quotidiana.
 
Il raggiungimento di specifici indici di risultato, gli stessi suggeriti dalla letteratura, richiede competenze specialistiche adeguate sia nella delicata fase interpretativa sia nella fase di applicazione/esecuzione e tali competenze non sono certamente appannaggio della sola branca di Medicina Fisica e Riabilitativa, ma altrettanto rappresentate nella branca di Pneumologia trovando piena integrazione con quelle specifiche dei professionisti sanitari che compongono il team della Riabilitazione Pneumologica (Fisioterapista Respiratorio, Infermiere, Psicologo, ecc).
 
Inoltre nello stesso decreto il numero di sedute di “rieducazione motoria cardio‐respiratoria” è fissato a un massimo di 10 ogni 12 mesi, ma tale posologia è oltremodo insufficiente dal punto di vista terapeutico. Fin dagli anni ’90 del secolo scorso, è stato ampiamente dimostrato che i programmi di allenamento e ricondizionamento all’esercizio fisico, per essere efficaci e garantire effetti che perdurino fino ad un anno dal termine del programma, debbano assicurare un minimo di 12 settimane di trattamento in regime ambulatoriale, con almeno 3 accessi settimanali adeguatamente supervisionati, o un trattamento intensivo di almeno 20 sedute.
 
Regimi più brevi, 10-12 sedute intensive, possono essere sufficienti in caso di preparazione ad interventi di chirurgia maggiore. La letteratura scientifica più recente ha dimostrato che più lunghi sono i programmi RP, maggiore è l’efficacia sulla funzione muscolare e respiratoria e l’impatto sulla partecipazione, sulla riduzione del consumo di farmaci e sugli accessi ospedalieri.
 
Infine ci chiediamo perché si vogliano includere nell’elenco delle prestazioni garantite, procedure la cui efficacia è stata messa in discussione da molti, per molti anni (respirazione diaframmatica e esercizi calistenici), ancor prima della pubblicazione dei precedenti LEA del 2001.
 
Non trovano spazio invece attività, ovvero prestazioni, che nella realtà quotidiana occupano la gran parte del tempo e della dedizione di medici e professionisti sanitari come: l’educazione dei pazienti e dei famigliari alla corretta gestione delle terapie farmacologiche (inalatori e ossigenoterapia) e non farmacologiche (programmi di ricondizionamento, nutrizionali, attività fisica ed esercizio fisico, igiene bronchiale, ecc.), la gestione della cannula tracheostomica, la scelta, l’impostazione e l’adattamento alla ventilazione meccanica; il monitoraggio diretto o il telemonitoraggio di parametri e specifiche attività terapeutiche, la rivalutazione periodica dell’aderenza e compliance alle prescrizioni e dell’eventuale rimodulazione del programma.
 
Siamo convinti che prevedere tra i LEA anche queste prestazioni, mettendole in capo alla branca medica che per vocazione specialistica si occupa di patologie respiratorie, investendo su professionisti sanitari dedicati, sia un passo necessario per estendere anche alla Riabilitazione Pneumologica i modelli virtuosi di “cura della cronicità” già sperimentati in alcune regioni italiane e ampiamente diffusi in molti Paesi Europei.
 
A tale proposito abbiamo affidato a GARD-Italia (Global Alliance against chronic Respiratory Disease) l’organismo a direzione dell’Ufficio VIII del Ministero della Salute (Promozione salute prevenzione e controllomalattie cronico-degenerative) che riunisce i principali stakeholder delle malattie respiratorie (società scientifiche, associazioni di sanitari e associazioni di pazienti) e che annovera tra i suoi obiettivi l’implementazione di politiche per la promozione della salute, la prevenzione ed il management delle malattie respiratorie croniche, un documento in cui si segnalano tali incongruenze e si delineano proposte di emendamento con la speranza/scopo di far pervenire suddetti suggerimenti alla Ministra Beatrice Lorenzin e ai legislatori coinvolti nella revisione dei LEA.
 
Tutto questo nella convinzione che il nostro contributo possa fornire ulteriori spunti per guidare il Legislatore a investire su interventi appropriati e basati sull’evidenza, nell’ottica di una maggiore sostenibilità del Sistema Salute.
 
Dott.ssa Marta Lazzeri
Presidente ARIR

05 settembre 2016
© Riproduzione riservata

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