Ma perché i fisioterapisti ce l’hanno tanto con gli osteopati?
di M.Podestà e L.Doniaquio
15 FEB -
Gentile Direttore,
da qualche tempo, lo sport preferito da alcuni fisioterapisti è “sparare” sull'osteopata con argomentazioni contestabili sia in termini di razionalità scientifica che di deontologia professionale. Viene quindi spontaneo chiedersi che cosa dia realmente fastidio a questi signori che indirizzano i loro strali verso la nostra categoria, dispensando invece altre analoghe professioni come, ad esempio, i chiropratici.
In altre parole, ci domandiamo per quali ragioni alcuni fisioterapisti si spingano così oltre nell'aggressione pubblica contro gli osteopati, mettendo persino a repentaglio l'approvazione del proprio Albo professionale, la cui istituzione non a caso è collegata nello stesso Disegno di legge al riconoscimento di osteopatia e chiropratica.
Analizzando i dati a nostra disposizione si potrebbe ipotizzare che il vuoto normativo in materia potrebbe far comodo a quei professionisti della salute che, non avendo competenze e responsabilità diagnostiche, sfruttino la sedicente qualifica osteopatica per esercitare artatamente ruoli che, allo stato, non gli competono. Forti della loro esenzione IVA, essi potrebbero dichiararsi come fisioterapisti di fronte allo Stato e come altro nei confronti dei pazienti, allo scopo di diagnosticare presunte problematiche osteopatiche con l'intento di auto-prescriversi e non dipendere più dai ruoli medici.
Detto altrimenti, gli stessi fisioterapisti che hanno visto chiudersi lo porta della loro autoreferenzialità diagnostica potrebbero ambire alla finestra offerta dalla conservazione della
vacatio legis in materia di osteopatia. Ecco, dunque, la probabile ragione dell'accanimento ad oltranza contro la regolamentazione di quest'ultima professione, nei termini previsti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e delle Norme di standardizzazione europea.
La nuova norma, infatti, impedirebbe loro di dichiararsi osteopati dopo una laurea triennale in fisioterapia associata a corsi senza alcun valore legale né conformità pegagogica in osteopatia. Infatti, l'approvazione di una norma
ad hoc per la professione di osteopata potrebbe consentire solo a chi esercita in termini esclusivi di beneficiare delle prerogative proprie della medesimo esercizio.
Il loro comportamento dettato dalla paura potrebbe essere in qualche modo comprensibile se non riconfermasse, tuttavia, il principio di inaffidabilità diagnostica del fisioterapista. Ovvero, se per loro l'osteopatia è inaffidabile, perché mai volerla considerare proprio esclusivo appannaggio? E ancora, quale valutazione o diagnosi potrebbe scaturire da una pratica che per loro stessa ammissione non ha alcuna evidenza di scientificità? Una contraddizione in termini quella dei fisioterapisti; un vero e proprio pasticcio di cui non andare fieri come categoria.
Ne consegue che i rappresentanti della nobile arte della riabilitazione, anziché boicottare il riconoscimento degli osteopati, meglio farebbero a rafforzare il loro curriculum di studi, richiedendo ad esempio una laurea quinquennale in fisioterapia invece che triennale. Anche la verifica degli aggiornamenti ECM per tutti gli associati, liberi professionisti o dipendenti che siano, potrebbe essere una buona iniziativa all'uopo. Nondimeno, infatti, il valore di un professionista sanitario si misura con l'abilità che deriva dalla competenza e dalla dedizione nell'assistenza dei pazienti, anziché dalla lotta senza quartiere alle altre professionalità.
Con maggior eleganza e spirito sanitario interdisciplinare, noi osteopati ci auguriamo di essere riconosciuti per poter lavorare in squadra con tutte le professioni della salute, mettendo ancora a disposizione le nostre conoscenze per formare ed aggiornare gli interessati alla competenza sanitaria seria, senza scorciatoie, con attitudine scientifica e deontologica.
Michela Podestà e Luciano Doniaquio
Osteopati esclusivi/Associazione Professionale degli Osteopati
15 febbraio 2017
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