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Se la veterinaria italiana smobilita

di Luca Turrini

21 MAR - Gentile direttore,
nel descrivere le sfide quotidiane dei Servizi Veterinari delle Asl causa una perdurante scarsità di risorse, di cui qualche elemento ho cercato di dare nell'articolo del 13 settembre scorso, non si può non considerare l' enorme distanza tra le norme nazionali inerenti l'organizzazione della Veterinaria Pubblica e la sua declinazione nel livello territoriale.

Le norme nazionali di organizzazione sono rappresentate ( per sommi capi) dal DPR 502/92, Dlgs 229/99 aggiornati dal D.L. 158/2012 convertito in Legge n.189/2012 ( Legge Balduzzi).

Al di la dei tecnicismi giuridici la normativa nazionale è concorde nel definire una organizzazione univoca della Sanità Pubblica Veterinaria, rappresentata da un Area di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare ( A.S.P.V.e S.A.) , le cui strutture organizzative sono centri di responsabilità autonome sia dal punto di vista organizzativo che tecnico funzionale, destinatarie di risorse economiche e responsabili dell'applicazione della normativa nazionale e comunitaria oltrechè delle direttive dipartimentali ed aziendali.

Tale uniformità sul territorio nazionale è ritenuta necessaria in quanto il Servizio Veterinario, competente in tema di sicurezza alimentare risponde dell'applicazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria (Regolamenti dell'UE in materia di sicurezza alimentare e salute e benessere degli animali ) e del rispetto dei requisiti richiesti per la commercializzazione verso paesi terzi dei nostri prodotti alimentari (per la cui esportazione è richiesta la certificazione veterinaria).

Il parlamento è di nuovo intervenuto nella materia con la legge 190/2014 (legge di stabilità 2015 pubblicata sulla G.U. del 29.12.2014 – Suppl. Ordinario n. 99 e vigente dal 1.1.2015).
 
Con il comma 582 dell’art. 1 della suddetta legge viene sancito che:
“L'articolazione delle aree dipartimentali nelle strutture organizzative di cui al comma 2 (dell' art 7 quater modificato da D.L.158/2012), del citato D.Lgs. 502/92, rappresenta il livello di organizzazione che le regioni assicurano per garantire l'esercizio delle funzioni comprese nei livelli essenziali di assistenza, nonche' l'osservanza degli obblighi previsti dall'ordinamento dell'Unione europea” e che “Le regioni assicurano che le strutture organizzative di cui alle lettere b), d), e) e f) del comma 2 siano dotate di personale adeguato, per numero e qualifica, a garantire le finalita' di cui al comma 4-bis, nonche' l'adempimento degli obblighi derivanti all'ordinamento dell'Unione europea in materia di controlli ufficiali, previsti dal regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004.”

Quindi di nuovo sono richiamati obblighi nei confronti dell'UE, la quale si avvale di un apposito ufficio ispettivo per controllare la corretta applicazione delle norme comunitarie da parte delle Autorità competenti (Ministero, Regione, ASL) degli Stati Membri.

Da tali ispezioni esitano rapporti riportati nel sito della Commissione Europea nel Health and Food Audits e visibili a tutti.

A fronte di tale mole di norme che richiedono una applicazione uniforme qual'è la situazione “locale”?

In Emilia Romagna il Servizio Veterinario è compreso all'interno del Dipartimento di Prevenzione. L'Area Dipartimentale di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare ( indicata dalla nota come modello organizzativo omogeneo ) è presente a macchia di leopardo ( 3 Asl su 8 ), situazione quindi non dovuta a un coerente disegno organizzativo.

Anche l'autonomia tecnico-funzionale organizzativa prevista per la A.S.P.V.e S.A. come conseguenza della responsabilità della gestione di risorse è largamente disattesa.

Inoltre posizioni apicali (Direttore di Disciplina) sono vacanti in molte Asl.

Il risultato è che abbiamo territori ( perlopiù corrispondenti a Provincie) in cui mancano le figure di direzione ed organizzazione delle strutture organizzative, nonché i responsabili delle decisioni specialistiche di governo clinico.

I Servizi cosi decapitati sono impegnati nel processo di accreditamento che come prerequisito prevede un assetto organizzativo completo in termini di personale e mansioni al pari delle strutture aziendali delle Asl, nelle quali non mancano i Direttori Generali o Sanitari o Amministrativi.

Anche in quelle piccole.

Non era per caso che la modifica del titolo V Cost., respinta con tutte le altre modifiche costituzionali dal referendum del 4 dicembre, riportava la Sicurezza Alimentare nell'ambito della legislazione esclusiva dello Stato per ovviare alle macroscopiche difformità territoriali rispetto al dettato legislativo.

Nel livello regionale le cose non migliorano, e vista la denuncia del Sivemp Veneto ( QS 22 febbraio ) purtroppo non siamo soli.

Passato da Servizio di governo del settore al nuovo Servizio di Prevenzione Collettiva, la Veterinaria è ridotta a strumento di supporto di una struttura eterogenea, da qui una perdita di autorevolezza e di autonomia, ed un clima di smobilitazione, che rischiano poi di tradursi a cascata in una ridotta capacità di sostegno al sistema di controllo territoriale.

Occorre ricordare che, oltre alla salute dei consumatori, parecchi punti del Pil derivano dalle attività di produzione, commercializzazione ed esportazione di specialità alimentari prodotte nel territorio emiliano romagnolo.

A Bergamo, nel corso del Congresso Nazionale Sivemp del novembre scorso, l'Assessore alla Sanità della Regione Lombardia nel suo intervento ha ben colto questi aspetti e non ha mancato di ringraziare i Servizi Veterinari per la loro attività a tutela della salute e per il sostegno allo sviluppo economico della Regione.

Nota bene: in Lombardia i Servizi Veterinari sono organizzati in Dipartimenti Veterinari autonomi con i Distretti Veterinari come articolazioni territoriali
A questo punto una domanda sorge spontanea: l'erba del vicino è sempre più verde?
 
Dott. Luca Turrini
Segretario Regionale Emilia Romagna
S.I.Ve.M.P.


21 marzo 2017
© Riproduzione riservata

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