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La “scomunica” di Pizza ai suoi medici: dove sta la causa?

di Vanda Carli-Rössl

01 NOV - Gentile Direttore,
c’è chi ha attribuito al caso Pizza/Venturi (e i suoi predecessori già sanzionati) l’insofferenza per le linee guida di una certa generazione di medici (che in Pizza vedono il custode di antichi valori ippocratici). Ho già parlato di precedenti scontri fra professioni fomentati dal dottor Pizza. In senso più ampio, io penso che la causa sia sempre una questione culturale, ma di stampo religioso.

Vivo in una Confederazione che ha due grandi orientamenti religiosi a seconda dei Cantoni: Cattolico ed Evangelico (“protestante” è un nome che non rende giustizia, lasciatecelo dire!).

Il mondo evangelico ha espresso nei secoli, fin dalla Riforma, il concetto di sacerdozio universale. Non si diventa sacerdoti con un sacramento: ogni persona è portatore del messaggio cristiano, e può agire come evangelizzatore. Le Chiese evangeliche, in Europa e negli Stati Uniti, hanno tradotto in valori laici le loro istanze.
 
Si pensi all’acuta analisi di Max Weber sul nesso capitalismo-protestantesimo. Ma torniamo nell’ambito sanitario. In un mondo di sacerdozio universale, con poca o nessuna gerarchia ecclesiastica, è facile capire perché si spinga al coinvolgimento interprofessionale, e perché si sia allargata la platea dei soccorritori a tecnici (paramedici di ambulanza) o addirittura ai laici (con protocolli di soccorso salvavita attuabili da chiunque). Ed è il mondo anglosassone, modello per eccellenza in quel senso.

L’altro concetto base è una delle 4 S (“Sola Scriptura”) della dottrina evangelica. Non c’è nessun Papa infallibile: la linea guida è la sacra scrittura, da condividere e tradurre per tutti, con la massima diffusione possibile.

Invece la visione cattolica è proprio quella di attribuire il potere religioso a poche persone, organizzate in scala gerarchica rigida, nominate con un atto sacro (sacramento) indelebile. Il sacerdote ha prerogative inalienabili per diritto divino. Sopra di lui, vescovi e cardinali governano fino a età avanzatissima. Il capo dei vescovi emette dottrine in maniera infallibile. Se alla parola sacerdote sostituiamo il medico, capiamo perché atavicamente non ami spartire le proprie competenze. Ostetriche, fisioterapisti, infermieri, meno che mai i laici (qui più laici che mai!) non possono essere portatori del sapere medico perché a loro manca il sacramento dell’ordinazione. Ancor oggi, qualche medico in Italia rabbrividisce a sentirli chiamare "dottore".

In fondo, l’azione dell’ordine dei medici di Bologna non assomiglia forse a una scomunica?
 
Vanda Carli-Rössl
Fisioterapista in pensione

01 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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