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Emilia Romagna. Il sistema 118 e la necessità di riforma e chiarezza


03 NOV - Gentile Direttore,
il Sistema 118 e la necessità di riforma e chiarezza dopo aver seguito con attenzione la querelle tra il dott. Filippo Anelli, Presidente della Fnomceo, e il dott. Alessandro Vergallo, Presidente Nazionale Aaroi Emac, e dopo la lettera di quest’ultimo (“118, il sistema migliore è quello lombardo”) ci sentiamo in dovere di partecipare anche noi, esprimendo il pensiero dello SNAMI Emergenza Territoriale Emilia Romagna.

Dobbiamo dare ragione al Presidente della Fnomceo, dott. Anelli quando afferma che nel tempo si è assistito ad una progressiva demedicalizzazione dei mezzi di intervento del 118 sul territorio, trasferendo o tentando di trasferire competenze ad altre figure professionali, non solo infermieri, ma anche Soccorritori Volontari come proprio in Lombardia avviene (si basti pensare all’ ECG sul dolore toracico fatto dai volontari senza medico o infermiere presenti). Non siamo per nulla certi che il sistema definito “Sistema Lombardo del 118”, sia quello migliore, forse si avvicina per certi aspetti e altrettanto si allontana per altri.
 
Il “Sistema Lombardo” infatti da quanto è dato sapere non garantisce, come da logica e lapalissiana interpretazione di buon senso dei criteri del DM 70/2015, un mezzo di soccorso avanzato, costituito come equipaggio minimo da Medico ed Infermiere, ogni 60.000 abitanti.
 
Ancora in questo paese di è voluto giocare, in alcune regioni, sulla definizione di mezzo di soccorso avanzato, definendolo come qualunque mezzo abbia a borso un medico o un infermiere, che e’ ovvio non possano in queste condizioni erogare le reali terapie e manovre “avanzate”. Ricordiamo in un non lontano passato come si sia arrivati addirittura alla modifica da noi documentata del sito del Ministero della Salute che riportava logiche e razionali definizioni di tali dispositivi di soccorso..
 
Perché la questione sollevata dal dott. Anelli è proprio qui: serve un sistema 118 che preveda sul territorio un mezzo di soccorso avanzato (ripetiamo: con equipe completa di Medico ed Infermiere) almeno ogni 60.000 abitanti e per un’area non superiore ai 350 Kmq, con i giusti correttivi per particolari condizioni oro geografiche del territorio.

Il venire meno di tale rapporto comporta, e lo si vive quotidianamente, problemi di equa e ridondante copertura del territorio. Basta un semplice google maps per capire che se si scende sotto quella soglia di mezzi medicalizzati, nel momento in cui ci sono due emergenze contemporanee in una medesima area territoriale o più feriti gravi nello stesso incidente, magari in area provinciale, i tempi di intervento su quei pazienti diventano troppo lunghi e quindi non adeguati all’emergenza.

L’assenza di quella copertura ridondante implica anche che se un mezzo medicalizzato è impegnato per la centralizzazione in un ospedale di secondo livello, che sappiamo oggi distare sempre di più per la riorganizzazione della rete ospedaliera secondo il modello delle reti per patologia, il secondo mezzo avanzato più vicino è troppo distante. Il tragico evento di pochi giorni or sono pare testimoniare proprio questo fenomeno.

Il trucco vergognoso con cui si camuffa questo problema è sostenere che l’importante è che arrivi un mezzo di soccorso entro i tempi stabiliti, qualunque esso sia, magari formato da un equipaggio di soli soccorritori, anche in caso di codice rosso! E giocoforza, in questo modo i Sistemi 118 sono invogliati, quando non istigati, al trasferimento delle funzioni tra professioni poiché le statistiche mostrano che le richieste da parte dei cittadini di emergenza e valutazione di patologie acute sono statisticamente stabili quando non in aumento.
 
Molti credono e ritengono che il lavoro dei mezzi medicalizzati coincida solo con il numero di manovre o di interventi “rianimatori” eseguiti, non ragionando sul fatto che il riordino delle reti ospedaliere oggi comporta la necessità di valutazione del singolo paziente, anche e soprattutto non manifestatamente instabile, per definirne già dal territorio il percorso di diagnosi ed iniziarne la terapia. Tale livello di valutazione discrezionale non è delegabile ad altra figura, per quanto preparata a seguire protocolli, se non a quella medica. Il Bias di fondo che si verifica nei Sistemi 118 è che si vuole far credere che i malati con infarto siano tutti uguali, come valigie sul rullo dell’aeroporto a cui attaccare il bollino, per cui a tutti basta applicare la stessa procedura o protocollo. Diciamolo chiaramente, questa è una sciocchezza inaccettabile.

Invece, oggi più che mai, il medico dell’emergenza sanitaria dovrebbe essere una figura strategica poiché deve essere in grado di valutare e definire i percorsi, oltre che iniziare le terapie già nella fase pre-ospedaliera. Chi crede e sostiene, per esempio, che una rianimazione cardiopolmonare avanzata sia la mera applicazione di una sequenza predefinita di azioni ripetitive normate da “procedure”, per cui anche l’infermiere adeguatamente formato, è meglio, come lasciato intendere dal dott. Vergallo, di un medico non anestesista, dimostra di non aver compreso gran ché della differenza tra le raccomandazioni delle linee guida, che il bravo medico (quindi formato in modo specifico per l’emergenza sanitaria) deve poi adattare caso per caso, al singolo paziente, valutando la storia clinica di quel paziente, in quel momento, con quelle terapie farmacologiche già in assunzione e in quella situazione specifica.
 
Non a caso diversi studi in letteratura dimostrano che questo sia l’approccio che ottiene i risultati di salute migliori e questo, dobbiamo dirlo, dipende non solo dalla formazione, ma anche dal contesto organizzativo e dalle dotazioni degli strumenti di lavoro. Purtroppo ancor oggi in Italia assistiamo a Sistemi 118 molto diversi tra loro, alcuni senza nemmeno le dotazioni farmacologiche di base previste dalle raccomandazioni internazionali e ancora molto è da fare per quanto riguarda, ad esempio, i dispositivi di ventilazione pre- ospedalieri, anch’essi troppo disomogenei.
 

Per questo noi di SNAMI Emilia Romagna riteniamo da anni che sia fondamentale un riordino dei Sistemi di Emergenza Sanitaria che preveda un’adeguata formazione dei Medici dell’Emergenza Sanitaria Territoriale per farli diventare professionisti realmente preparati e dedicati all’emergenza preH, e non come vorrebbero alcune amministrazioni regionali spingerci a diventare “Baby Medici di Pronto Soccorso” (per questo c’è già una scuola di specialità).
 
Ultimi ma non ultimi temi sono quelli inerenti la necessità di aggiornamento continuo e mantenimento delle Skill e formazione sulle nuove tecnologie. Ancora oggi in Italia i sistemi sono troppo difformi, mancano strumenti come la RCP mecccanizzata, la ventilazione non invasiva in preH, l’ecografo in molti mezzi così come una buona dote di farmaci universalmente raccomandati, ancora oggi assenti nelle check list di varie aree del paese.

I mezzi di soccorso avanzato con medico ed infermiere funzionano a patto che siano dotati di tutto il materiale umano e professionale e completi della formazione necessari a lavorare in equipe per dare realmente un Soccorso Avanzato, peraltro con costi contenuti rispetto all’attuale.

L’invito che speriamo si traduca in concretezza è quello di porre fine a questa demenziale battaglia tra emergenzisti, rianimatori, medici specialisti etc.... e si inizi a badare al sodo lasciando alle spalle le logiche parcellari delle varie aree della professione medica. L’importante è che il cittadino abbia nel momento del bisogno un’equipe completa di medico ed infermiere e che queste due figure siano adeguatamente formate per affrontare le criticità del paziente, in un sistema ridondato, equo e centrato sugli obiettivi di salute.
 
Comitato di Settore Emergenza Territoriale SNAMI Emilia Romagna

03 novembre 2018
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