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La migliore celebrazione del Ssn è l'impegno a mantenerlo in vita nei suoi valori di civiltà


16 NOV - Gentile direttore,
giorni fa sono stato intervistato per un video celebrativo del quarantennale del Servizio Sanitario Nazionale. Sono tra i pochi dirigenti medici sopravvissuti a quella grande stagione di riforme, la 194, la 180, la 833 e il diritto di famiglia, il divorzio, tante conquiste civili a cui, giunto ormai all'età dei bilanci, non mi pento affatto di aver portato un sia pur minimo contributo. Insieme alla scuola pubblica, garantita a tutti per formare i futuri cittadini, la tutela della salute è l'altro diritto di uguaglianza sostanziale che si realizza soltanto mediante un servizio universalistico.
 
I dati lo dimostrano: al di là delle critiche, spesso giustificate, i risultati in termini di salute ci pongono ai primi posti al mondo, nonostante un finanziamento inferiore a quello degli altri paesi OCSE, grazie anche all'impegno quotidiano dei professionisti della sanità.
 
In quegli anni settanta il clima politico e intellettuale era vivissimo, il dibattito diffuso ed emergeva un forte impegno civile. Che non sia più così è constatazione comune e non nascondo un certo sconforto per la pochezza della discussione in un momento di così tumultuosa evoluzione della scienza e della tecnica. Il servizio rischia di morire per insipienza, per disattenzione, per scarsa consapevolezza del futuro della domanda di salute e delle molteplici offerte della medicina moderna.
 
I medici, che rappresentano i principali intermediari tra le innovazioni della scienza, le possibilità offerte dall'organizzazione delle cure e l'evoluzione della domanda sociale, erano allora una categoria motivata e fiduciosa. Ora appaiono piuttosto disillusi e sconcertati, tanto da indurre molti a parlare di "questione medica" come di un problema importante per l'andamento del servizio.
 
Sopra un ipotetico diagramma più linee si incrociano dal 1978 a oggi. I successi della scienza e della tecnica descrivono una linea continuamente ascendente; il gradimento della popolazione tra alti e bassi rappresenta una linea in equilibrio se non in leggera ascesa; la soddisfazione dei medici sicuramente discende, aumentano liti, denuncie e burocrazia insieme al carico di lavoro mentre i mezzi economici e strumentali segnano il passo.
 
Ricordiamo però che i momenti alti della storia della professione hanno coinciso con gli interventi sociali, quando i medici hanno difeso le conquiste della scienza e le hanno sapute introdurre nella sanità per il bene di tutti i cittadini.
 
Ricordiamo le battaglie dei condotti di fine ottocento sull'igiene pubblica e contro le malattie infettive, ricordiamo il caso Di Bella, l'impegno per la legge 833 di cui oggi si celebra il quarantennale, infine oggi la battaglia per i vaccini, partita proprio dalla FNOMCeO, che tuttora riesce a respingere più o meno inconsapevoli attentati alla salute pubblica. La difesa dei vaccini non rappresenta soltanto una tutela della salute pubblica ma uno schieramento a favore della scienza e della razionalità di fronte alla colpevole ignoranza di chi vuol mettere sullo stesso piano fatti dimostrati e idee preconcette.
 
Quindi si potrebbe proporre, per ricordare al meglio questo anniversario, di seguitare a essere deontologicamente medici, di operare a favore degli individui e della collettività, nell'ambiente, nell'uso dei farmaci, nell'impegno per una vita sana, contro le dipendenze e, più che altro, ascoltare le persone.
 
Queste iniziative sui quaranta anni del servizio sanitario nazionale, non quella recente della Federazione degli Ordini, assumono talora un tono rituale o celebrativo, giustificato ma non soddisfacente. Le conquiste civili non sono mai un fatto compiuto. Siamo lieti dei risultati, orgogliosi di offrire alla popolazione una protezione uguale e senza distinzioni, ma quante insidie intorno!
 
Il rischio di trasformare il servizio nazionale in venti sanità regionali diverse, lo spazio lasciato al secondo pilastro che mina l'uguaglianza del diritto, la crisi del personale, le difficoltà della prevenzione, l'abbandono del territorio e della medicina di iniziativa, il costante e pericoloso sottofinanziamento e così via. La migliore celebrazione del servizio sanitario è l'impegno a mantenerlo in vita nei suoi valori di civiltà.
 
Allora, se dobbiamo parlare ai giovani, a chi vivrà la sanità dei prossimi decenni, dobbiamo loro un lascito di speranza, di fiducia e di onestà perché possano disporre per il bene di tutti degli strumenti sempre più meravigliosi che la medicina offre.
 
Antonio Panti  

16 novembre 2018
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