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Dal privato accreditato nessuna selezione dei malati

di Associazione Religiosa degli Istituti Socio-Sanitari

28 MAR - Gentile Direttore,
le scriviamo a proposito di certe dichiarazioni rilasciate  da Andrea Urbani, direttore generale della programmazione sanitaria del ministero della Salute e da Valter Santilli, responsabile del reparto di riabilitazione del Policlinico Umberto I di Roma, nonché “esperto”  consigliere della Ministra Grillo, pubblicate nei giorni scorsi da il Fatto Quotidiano.
 
Il riferimento è alla vicenda nata attorno a due documenti: il DM 70 del Ministero della Salute su “Criteri di appropriatezza dell’accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera”,e quello sulla rete di riabilitazione e relativa questione “posti letto”, sottoposti  dalla Ministra Grillo all’attenzione di un non meglio precisato tavolo di esperti, di cui appunto Santilli fa parte. 
 
Che gli esperti convocati dal ministero siano tali nessuno lo mette in discussione, ma forse ad essi difetta una conoscenza reale di ciò che accade nel territorio italiano, con le varie specificità regionali, tanto che anche il DM 70 all'art 5 comma 2 sembra fare salve le normative regionali in termini di appropriatezza clinica e organizzativa.
 
Ci ha particolarmente colpito la frase di Santilli, secondo il quale “quando il malato è molto complesso, con gravi problemi respiratori per esempio, non viene preso in carico dal privato” perché “non ha la terapia intensiva e altri reparti di supporto, e il paziente viene salvato dal servizio pubblico, anche se la remunerazione per noi e per loro è la stessa”.
 
Si da il caso che, come dichiarato dallo stesso Ministero, circa il 75% delle attività riabilitative vengono svolte in Italia da strutture private accreditate; tra queste ci sono diversi Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico -  l’ICS Maugeri, la Fondazione Don Gnocchi, La Nostra Famiglia, l’Oasi di Troina, il Santa Lucia, l’Auxologico, tanto per fare alcuni esempi. Figurarsi se istituti proprio come l’Auxologico possono avere difficoltà a prendere in carico pazienti con gravi problemi respiratori….
 
Contestiamo anche l’ipotesi paventata di  un nuovo decreto, il cui testo dovrebbe essere stato elaborato dal gruppo di esperti colleghi di Santilli, per rivedere i requisiti di accesso al codice 56 secondo tre livelli di intensità che implicano un diverso utilizzo di attrezzature, farmaci, dispositivi e competenze, e a cui corrisponderanno tariffe diverse.
 
Va bene rivedere il DM, ma resta inconcepibile il fatto che non venga ascoltata la parte che più di ogni altra si dedica da sempre alla riabilitazione ospedaliera così come alla riabilitazione in generale.
Anche tentando di applicare il documento così come  è stato ripresentato, ne emerge una notevole confusione, un'ampia possibilità di errori e/o mal interpretazioni, che già in sé rendono, a nostro avviso, inapplicabile tale decreto.
 
Se l'attesa era quella di modificare il piano di indirizzo o di renderlo applicabile ci sembra che i documenti attualmente allo studio non vadano in tale direzione. Che la riabilitazione ospedaliera abbia necessità di una riformulazione organizzativa può essere vero, ma certo non con i vincoli posti dall'attuale decreto che limita anzitutto il diritto di salute dei cittadini.
 
Vorremmo poi sottolineare che già ora il diritto del cittadino a scegliere il percorso di cura più confacente alle sue attese di salute è limitato. L'impostazione del decreto toglie ogni possibilità all'individuo di decidere dove andarsi a curare, imbrigliandolo in percorsi che partono da una visione della malattia (ICD9CM) ormai superata. Crediamo perciò sia corretto esprimere le nostre perplessità sui documenti e chiedere di poter contribuire al loro miglioramento.
 
L’Aris  senza volersi sostituire alle istituzioni pubbliche ha offerto al Ministero piena collaborazione, forte della sua ultradecennale esperienza sia in riabilitazione sia in medicina riabilitativa,  ma non intende  assolutamente accettare arroganti prese di posizione  di chi pensa solo a far politica, dimenticando la salvaguardia del diritto del cittadino alla libera scelta di dove essere curato e riabilitato.
 
Il 13 ottobre scorso in tutta Italia abbiamo aperto le porte delle nostre strutture  e chi ha voluto ha potuto toccare con mano la realtà riabilitativa offerta all’Italia dai nostri Istituti, comprenderne l’alta qualificazione e professionalità, sincerarsi della tecnologia d’avanguardia messa a disposizione dei malati.
 
Ora ci si accusa addirittura di selezionare i malati abbandonando i casi troppo complessi perché non saremmo in grado di assisterli o perché le nostre strutture non sarebbero fornite delle necessarie tecnologie. Invitiamo chi continua a sparlare senza sapere e senza conoscere, a  fare una passeggiatina in giro per l’Italia. Da noi troveranno sempre le porte aperte.
 
Associazione Religiosa degli Istituti Socio-Sanitari (Aris)

28 marzo 2019
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