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Se le mamme italiane allattano poco al seno...di chi è la colpa?

di Alberto Villani

11 APR - Gentile Direttore,
da molti anni sentiamo ripetere continuamente che l’allattamento al seno deve essere incrementato, che le donne allattano poco, che i Pediatri non si impegnano a sufficienza, che i latti adattati sono il male...Vengono istituite commissioni, celebrate giornate nazionali e internazionali, creati corsi e certificazioni, fatte ispezioni negli Ospedali... tutti parlano di allattamento al seno: ostetriche, associazioni, infermiere, leghe, federazioni. Vengono istituite Commissioni Ministeriali pletoriche e dove i Pediatri rappresentano una esigua e impotente minoranza.
 
Tutto questo grande movimento, impegno (spreco) di tempo e risorse, coinvolgimento di tante persone, molte delle quali senza alcuna nozione di fisiologia neonatale e pediatrica, senza alcuna documentata e certificata competenza nell’allattamento, ebbene tutto questo a cosa ha portato in concreto nei molti anni ormai trascorsi?
 
I dati più recenti (“Report gravidanza, parto e allattamento al seno”, Istat, 9 dicembre 2014) evidenziano una percentuale di bambini allattati al seno in uscita dai punti nascita dell’85,5%, a 3 mesi diventa del 48%, a 6 mesi del 46% (allattamento esclusivo/ predominante). A un anno di età la percentuale di bambini che assume ancora latte materno è pari al 32%.
 
Esistono differenze regionali che, come in quasi tutte le graduatorie, vedono penalizzato il meridione d’Italia (82,8% verso l’86,7% del Centro, l’88,5% del Nord-Est, e l’85,9% del Nord-Ovest).
 
Altro dato non sorprendente è quello che evidenzia che anche nell’allattamento al seno abbiano particolare rilievo le condizioni socio-economiche e culturali.
 
Il punto è che non si diffonde la cultura dell’allattamento al seno se non si tutela nella sostanza la possibilità per la madre di allattare.
 
Il crollo delle percentuali di allattamento dopo il terzo mese di età del bambino (periodo in cui molte madri devono riprendere l’attività lavorativa), il fatto che laddove le condizioni economiche e sociali sono svantaggiose i bambini siano allattati meno (minore sostegno sociale: disponibilità di asili nido; disagio economico e culturale; differenze tra Nord e Sud) sono lo scontato risultato di politiche assenti e/o marginali e poco incisive di tutela della maternità e quindi dell’allattamento.
 
Continuare a ritenere che le donne allattino meno di quello che potrebbero e dovrebbero per colpa dei Pediatri è una soluzione facile alla ricerca di responsabilità, che sono altre.
 
Continuare a ritenere che criminalizzare i latti adattati e chi li produce possa favorire l’allattamento al seno è una facile ricerca di responsabilità, che sono altre.
 
Creare un baratro tra le Aziende che si occupano di alimentazione infantile e i professionisti più qualificati nella nutrizione dell’età evolutiva (i Pediatri), in un clima di caccia alle streghe, è stata una scelta semplice e ipocrita, certamente sbagliata e che ha creato assurda diffidenza nei confronti dei Pediatri e ha annientato la fiducia della popolazione verso le Aziende degli alimenti per l’infanzia.
 
Tutto questo non è stato un vantaggio per la salute dei bambini, ma è stato certamente un vantaggio per tutto un mondo di contorno ai bambini e alla nutrizione che ha ben altri interessi, prevalentemente economici.
 
Delegittimare il Pediatra è stata la prima tappa affinché altre figure, meno qualificate, potessero occuparsi di alimentazione infantile. Ciò che realmente necessita è una stretta collaborazione, un’alleanza, tra istituzioni, aziende e professionisti: il migliore motore per trovare le soluzioni più valide e scientificamente avanzate.
 
Il clima di questi anni ha favorito l’ascesa di mode alimentari, il fiorire di associazioni e gruppi di persone senza qualificazione professionale, l’aumento esponenziale delle vendite dei prodotti “bio” (meno sicuri e tutelati degli alimenti per l’infanzia che invece sono garantiti da normative di legge in Italia, tra le migliori al mondo), l’aumento del consumo di latte vaccino nei primi mesi di vita.
 
I risultati ottenuti dalle attuali strategie per l’incremento dell’allattamento materno sono assolutamente insoddisfacenti, ma sono i migliori ottenibili grazie ai Pediatri in questa assurda situazione che si è creata. I margini ulteriori, molto limitati, di miglioramento, se si continuasse a operare in questo modo, oltretutto con impegno di risorse che potrebbero trovare migliore utilizzo, sono pressoché nulli.
 
Di certo in Italia è aumentata la percentuale di bambini sotto l’anno di età che assume il comune latte vaccino, notoriamente nocivo sotto i 12 mesi: l’uso del latte vaccino andrebbe vietato scrivendo sulle confezioni di vendita “non indicato nell’alimentazione sotto l’anno di età”.
 
Altro risultato poco sensato e non certo utile alla salute pubblica è che la prescrizione di un latte adattato è di fatto “interdetta” ai Pediatri e quindi la nutrizione nei primi mesi di vita viene spesso gestita dalle madri che si avvalgono dei consigli e dei suggerimenti ricavati dalle chat scolastiche, dalla rete, oppure ascoltando i consigli di ostetriche, farmacisti, vicine di casa e chiunque si erga al ruolo di puericultore (ovviamente senza averne la qualifica e la competenza).
 
Tutto questo non ha inciso in maniera positiva sulla cultura dell’allattamento, né poteva incidere. È stato un modo per cercare soluzioni semplici e ipocrite: la scelta di un fallimento facilmente prevedibile e ormai certificato.
 
Quello che andrebbe fatto è un provvedimento di legge, come avvenuto in altre nazioni europee, che crei le condizioni economiche e sociali per consentire alla madri di allattare serenamente almeno nei primi 6 mesi di vita accanto al loro piccolo.
 
Quello che necessita è un sostegno economico alla madre che allatta, la tutela del posto di lavoro della madre lavoratrice, la disponibilità di asili nido accoglienti, sicuri e gratuiti.
 
Quello che necessita è il riconoscimento sociale e culturale della maternità come valore personale e sociale. Solo investendo in risorse e cultura si potranno invertire le drammatiche curve della denatalità e quelle dell’insoddisfacente allattamento al seno.
 
Basta con delegittimare i Pediatri e screditare le Aziende, tanto facile quanto inutile, se non addirittura dannoso, e via a iniziative di politica sanitaria che realmente agevolino la maternità e la possibilità di allattamento al seno.
 
A questo dobbiamo lavorare come Pediatri cercando di sensibilizzare chi nelle Istituzioni politiche ha la possibilità di operare in favore della maternità e dell’allattamento mediante azioni concrete e non continuando a operare scelte facili e demagogiche, poco incisive, addirittura dannose.
 
Per questo a Bologna, nel corso del 75° Congresso Italiano di Pediatria dal 29 maggio al 1 giugno 2019, saremo presenti come Società Italiana di Pediatria anche nelle piazze per sensibilizzare la popolazione a questo e ad altri temi a cui, giornalmente, dedichiamo la nostra opera e passione come Pediatri, per la promozione della salute psico-fisica di tutti i soggetti in età evolutiva.
 
Alberto Villani
Presidente Società italiana di pediatria

11 aprile 2019
© Riproduzione riservata

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