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Personale. I rischi di un tetto di spesa non governato

di Claudio Maffei

03 DIC - Gentile Direttore,
l’approvazione di una misura che aumenti il tetto di spesa del personale è sempre più vicina ed è giustamente salutata praticamente da tutti come una misura  tanto salutare quanto tardiva. La possibilità di operare e quindi programmare e gestire i servizi sanitari con un vincolo meno soffocante in tema di personale offre ora grandi opportunità,  ma qualche considerazione meritano però anche i rischi che si correranno in un sistema sanitario come quello attuale in cui in molte Regioni c’è un forte sbilanciamento verso una offerta ospedaliera esuberante e, soprattutto,  dispersa.
 
Questa problematica è stata ben documentata su queste pagine da Marcello Bozzi  che ha applicato gli standard del DM 70/2015 alla struttura dell’offerta ospedaliera ricavabile dall’Annuario Statistico Italiano 2017 documentando un esubero di unità operative delle diverse discipline stimato pari a circa 600.
 
Sono appena stati pubblicati i Report con i dati 2018 del sistema di valutazione delle performance  regionali e delle Aziende Ospedaliere del Laboratorio di Management e Sanità dell’Istituto Sant’Anna di Pisa cui aderiscono su base volontaria 11 tra Regioni e Province che coprono tutto il territorio nazionale. Il report con il monitoraggio delle performance regionali è scaricabile previa richiesta dei codici di accesso dal sito dedicato.
 
Si tratta a parere di chi scrive del più avanzato e completo sistema di monitoraggio della erogazione dei LEA disponibile in Italia, oltretutto con dati decisamente recenti. Da questo report si ricava che la percentuale di anziani in assistenza domiciliare in Italia ha un range molto ampio, mentre i tassi di ospedalizzazione per acuti  hanno una variabilità molto inferiore. Il che in modo intuitivo fa capire che a sottrarre risorse alla offerta di servizi territoriali (che sono quelle che oggi mancano) non sono tanto i troppi ricoveri, ma semmai la loro durata e, soprattutto, la loro distribuzione in una rete ospedaliera estremamente dispersa in molte realtà regionali.
 
Quale sia lo stato di attuazione del DM 70/2015 non si ricava da alcuna fonte ufficiale, ma, come ho già avuto modo di ricordare,  quel numero di 600 è verosimilmente sottostimato visto che per la sola Regione Marche,  che nei flussi statistici aggrega per Presidio di Area Vasta i dati di più ospedali strutturalmente ed organizzativamente distinti, mancano all’appello (nel sono che non sono state conteggiate tra le Unità operative in eccesso) oltre 10 tra Cardiologie con Unità di Terapia Intensiva Coronariche, Unità di Terapia Intensiva e  Unità di Pronto Soccorso con Medicina d’Urgenza, tutte Unità Operative ad alto assorbimento di risorse.
 
In una situazione come questa l’aumento del tetto di spesa del personale senza vincoli di alcun genere rischierebbe di portare in molti  casi ad aumentare il divario in termini di spesa  in Italia tra i macrolivelli prevenzione e assistenza territoriale da una parte e assistenza ospedaliera dall’altra.
 
E’ noto ad esempio documentato da fonti ministeriali  l’ampio range  che c’è in Italia in termini di spesa  pro-capite regionale per la salute mentale, così come è ampiamente documentato anche nell’ultimo Rapporto Meridiana Sanitàil diverso andamento della spesa pro-capite per la prevenzione nelle varie regioni italiane.
 
E  se uno tentasse qualche correlazione tra i due fenomeni (sottofinanziameno della prevenzione e della salute mentale) forse troverebbe una associazione. Nelle Marche ad esempio c’è: sottofinanziate sia l’una che l’altra.
 
Un aumento del tetto di spesa svincolato da queste considerazioni aumenterà i livelli di tutela della salute o renderà ancor più strutturali alcune inefficienze che in alcuni  casi  rischieranno di tradursi  in maggiori ingiustizie?
 
Claudio Maffei
Medico in pensione già Direttore Sanitario dell’Azienda Ospedaliera Umberto I di Ancona, della ASL 3 di Fano e dell'IRCCS INRCA di Ancona

 

03 dicembre 2019
© Riproduzione riservata

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