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Vaccino Hpv, se la Cina fa meglio di noi

di Alberto Vannelli

19 GEN - Gentile Direttore,
questa, in Italia ed Europa, è la settimana della prevenzione del cancro alla cervice uterina. Insieme alle immagini delle lunghe code nella campagna bergamasca per il vaccino contro il batterio del menigococco, usciva la notizia, quasi in contemporanea, dell’approvazione in Cina alla produzione interna del primo vaccino contro il papillomavirus umano (HPV).
 
La mente corre a quello che in finanza va sotto il nome di “comportamento di gregge”: situazioni in cui un gruppo di individui reagisce coerentemente, senza che ci sia alcun coordinamento tra i singoli. HPV è la principale causa del cancro alla cervice, colpevole anche di alcuni tumori del distretto testa collo, del pene e dell’ano: un onere sociale per lo stato e un dovere morale per la società.
 
Occupandomi di patologia oncologica, capita sempre più spesso di visitare persone preoccupate dal riscontro di piccole lesioni alle mucose: vaginali, anali, del pene o della bocca. Giungono “in gregge”, dopo aver vinto l’imbarazzo e il disagio e scoprono il più delle volte di avere solo un condiloma.
 
In Italia però ben l’8,5 % dei cittadini affetti da tumori (in Europa sono il 7%), riconosce una causa infettiva; HPV è presente nel 20% dei casi: 5.000 persone ogni anno. I costi diretti per tumore da HPV sono compresi tra i 480 e 700 milioni di euro ogni anno. L’arma che protegge il cittadino è la vaccinazione e garantisce un’efficacia vicina al 100 % e una totale sicurezza, poiché priva di effetti collaterali.
 
Un’approfondita disamina della Professoressa Fang-Hui Zhao (la più alta autorità cinese in materia), attribuiva parte della responsabilità della diffusione di HPV, al mancato compimento della riforma sanitaria a tutela del mondo femminile e alla riduzione dei finanziamenti per la formazione dei cosiddetti “medici a piedi scalzi” (barefoot doctor), caposaldo della medicina rurale.
 
L’85 % delle pazienti affette da cancro alla cervice si trova nei paesi in via di sviluppo, dove gli screening restano meno diffusi; essendo il paese più popoloso al mondo, con il 70% distribuito nelle aree rurali, la Cina contribuiva per il 14% all'incidenza e il 12% alla mortalità annuale mondiale: non esistendo un programma nazionale di prevenzione e lo screening rimaneva confinato ai distretti urbani nelle città. Jing Lin, ricorda che la riforma economica di Deng Xiaoping aveva aiutato le donne cinesi a integrarsi, ma si era dimenticata del mondo rurale.
 
Allo stridente conflitto tra le implacabili ambizioni di potenza e le ragioni della società, l’etica confuciana considerata ancora oggi il campo di azione dell’élite cinese, ha dato una risposta. Grazie ad uno studio di coorte di proporzioni ciclopiche che ricorda molto l’epopea del “grande balzo in avanti” di Mao, è stata studiata l’intera popolazione femminile della provincia dello Shanxi; nota per le Grotte di Yungang a Datong, dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall'Unesco è una provincia ad alta densità (36 milioni di abitanti distribuiti su un territorio, metà dell’Italia), con importante degrado sociale: un mondo agricolo in ritirata per il clima arido e un'industria pesante in crescita.
 
Lontana dalle province dell’ovest, pervase dal terrorismo islamico, Shanxi è controllata e uniformata al pensiero cinese. In meno di 10 anni, oltre 13.000 cittadine a rischio, grazie al colosso farmaceutico Qiagen, hanno ricevuto un kit di autodiagnosi: un auto-prelievo senza rischio, di tessuti uterini da spedire ai laboratori per lo screening.
 
A ben guardare, si chiama comportamento di gregge, ma qui si legge sinizzazione. Requisito fondamentale della “sinizzazione” è “l’uniformazione del comportamento umano”, e Shanxi è devota al principio confuciano dello “stato positivo”, alla base dei fondamenti culturali del mondo sinizzato.
 
Le conclusioni furono entusiasmanti e il messaggio è stato divulgato in maniera importate dagli organi di stato. La coscienza civica cinese ha avvertito la salute come un dovere tanto che sono aumentate le richieste di vaccinazione per HPV. Da qui la necessità di creare anche un’immunità di gregge e nell’epoca del revanscismo patriottico che non ha mai abbandonato la Cina moderna, è stato approvato un farmaco prodotto internamente, allo scopo di garantire un accesso pubblico: un vaccino per le donne dai 9 ai 45 anni, contro l’HPV 16 e 18, i due virus più comuni che portano al cancro.
 
L’Italia che ha iniziato molti anni fa la campagna di vaccinazione, è indietro con una copertura intorno al 73-76% per le femmine e al 60% per i maschi: ben lontani dal superare l’80%, il tasso per l’immunità di gregge. Quando lo scrittore di medicina alternativa e attivista statunitense Herbert Macgolfin Shelton scriveva: “i programmi di immunizzazione sono futili e basati sull’assurda presunzione che la legge di causa effetto, possa essere annullata”, spero non pensasse al belpaese.
 
Dott. Alberto Vannelli
Presidente di Erone onlus
Primario chirurgia generale Ospedale Valduce Como.
 

19 gennaio 2020
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