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Gli stakeholder in sanità. Tutti ne parlano ma nessuno se li fila

di Claudio Maffei

22 FEB - Gentile Direttore,
ogni fase della storia della nostra sanità è caratterizzata dal proliferare di termini/espressioniil cui richiamo nei documenti e negli atti rischia di diventare rituale con un effetto “svuotamento” del significato vero che ci sta(rebbe) dietro. Sicuramente il coinvolgimento (o engagement) degli stakeholder nei processi decisionali ai vari livelli è uno di questi/e.
 
Del resto non sarà un caso se il sottotitolo del  Manuale dello stakeholder engagement, datato (ottobre 2005) ma attualissimo, recita “dalle parole ai fatti”.  Pensare che di fatti a proposito di stakeholder engagement il Servizio Sanitario Nazionale  ha davvero enorme bisogno.
 
Riprendiamo la definizione di stakeholder riportata nel manuale: “Ogni gruppo o soggetto che può influenzare o essere influenzato da un’organizzazione o dalle sue attività. Anche ogni soggetto o gruppo che può essere d’aiuto nello stabilire obiettivi di valore per l’organizzazione”.
 
E sempre dallo stesso manuale riprendiamo la definizione dei contenuti di quella che viene chiamata la terza generazione dello stakeholder engagement che consiste nel “coinvolgimento strategico integrato per una competitività sostenibile”.
 
Sostituiamo competitività con sanità e abbiamo subito chiaro il possibile ruolo del coinvolgimento strategico degli stakeholder nei grandi processi di cambiamento cui il Servizio Sanitario  Nazionale sta già andando incontro.
 
Penso in particolare ai due processi che dovrebbero procedere contestualmente del ridisegno della rete ospedaliera (da razionalizzare) e del riorientamento dei servizi territoriali alla presa in carico della cronicità. Non a caso sono due processi che stanno conoscendo gravi ritardi e forse l’incapacità di gestirli ha anche a vedere con la superficialità o addirittura l’assenza in molte Regioni delle attività di stakeholder engagement che li dovrebbero sostenere. Eppure di stakeholder parlano sia gli atti regionali che i documenti nazionali. Parlano appunto …
 
Si prenda il caso del riordino delle reti ospedaliere primo motore (purtroppo spesso immobile) dei processi di ridisegno della rete complessiva dei servizi. Nell’Allegato 1 al Piano della Performance del Ministero della Salute del 2019  c’è scritto che lo stesso Ministero “Proseguirà, …l’attività di monitoraggio del processo di riassetto strutturale e di riqualificazione della rete assistenziale ospedaliera ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 2015, n.70. Tale attività si caratterizza anche per un costante confronto diretto con gli stakeholder…”.
 
Peccato che gli stakeholder nulla sappiano (almeno da queste parti) delle buone intenzioni del Ministero. Quanto alle Regioni, la Regione Marche cita 13 volte gli stakeholder nel suo Piano Socio-sanitario di recente approvato, ma non per questo gli stakeholder istituzionalmente più rilevanti lo hanno apprezzato.
 
Si rende dunque urgente predisporre delle raccomandazioni sullo stakeholder engagement che riproduca quelle sul patient engagementtanto più che si tratta di temi in notevole misura sovrapponibili. Infatti, senza riferimenti metodologici e criteri di verifica “strutturati” non è credibile che, per tornare all’esempio della Regione Marche che conosco bene, si dia seguito all’impegno del Piano che cita gli stakeholder nelle seguenti progettualità/azioni:
- partecipazione al “comitato di valutazione” del Piano;
- partecipazione ai progetti di innovazione info-telematica;
- coinvolgimento nelle attività di farmacovigilanza;
- coinvolgimento nel progetto per l’aumento della copertura vaccinale per antinfluenzale nei soggetti anziani;
- coinvolgimento nel progetto di prevenzione dell’osteoporosi e del rischio di frattura correlato;
- coinvolgimento nel progetto sulla diffusione sul territorio della capacità di defibrillazione;
- coinvolgimento nella realizzazione della Rete Regionale di Health Technology Assessment.
 
Allo stesso tempo però il Piano non cita il coinvolgimento degli stakeholder nel ridisegno della rete ospedaliera, nel Progetto Demenze e in molti altre progettualità maggiori. Insomma, l’impressione  è che - in assenza di chiarezza su cosa sia, a cosa serva, come si organizzi, come si gestisca e come si verifichi -  il coinvolgimento degli stakeholder finisca spesso per essere un richiamo rituale a qualcosa che “suona bene”.
 
I tempi sono maturi per provare a “farlo funzionare bene” partendo dalle raccomandazioni di cui parlavo prima che dovrebbero essere comprensive degli standard cui i processi di stakeholder engagement dovrebbero aderire.  Questi standard, peraltro,  alcuni anni fa uscirono in una bozza espositivain italiano a cura della stessa fonte (AccountAbility) del manuale più volte citato.   
 
Claudio Maffei
Coordinatore scientifico di Chronic-on

22 febbraio 2020
© Riproduzione riservata

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