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Le Rsa nel Friuli occidentale

di Giorgio Simon

27 APR - Gentile Direttore,
la mortalità per Coronavirus in RSA è il problema principale di questa seconda fase dell’epidemia. In molti stati la percentuale dei decessi delle ultime settimane supera il 50% del totale. Su QS si è aperto un importante dibattito sul ruolo attuale di queste strutture, sugli standard assistenziali e sulle possibili soluzioni alternative.
 
Ma chi sono e come stanno le persone che solitamente sono ospiti delle RSA? Nell’Azienda che ho diretto fino ad un anno fa avevamo svolto alcuni studi di approfondimento per misurare con più precisione il tipo di popolazione ospite delle strutture e la loro relazione con i servizi aziendali. 
 
Nel Friuli Occidentale sono presenti 17 strutture per un totale di  posti 1.840 dove transitano mediamente 2.500 persone all’anno. Le dimensioni variano da 14 a 264 posti e sono strutture pubbliche, private profit, non profit ed ecclesiastiche.
 
Una misura indiretta della fragilità e della presenza di più patologie è il numero di farmaci assunti da ciascun ospite. In una studio che mirava a ridurre il numero di farmaci assunti per evitare effetti collaterali abbiamo trovato che il 15% delle persone prendeva meno di 4 farmaci, il 54% ne prendeva da 5 a 9 e il 31% ne assumeva 10 e oltre. Quindi la popolazione ospite è sicuramente affetta da molte patologie e a rischio di effetti collaterali. Allo studio è seguito un intervento di revisione delle terapie con conseguente riduzione dei principi attivi prescritti.
 
Abbiamo poi misurato l’accesso a pronto scorso e a ricoveri ospedalieri. In un anno ogni 100 ospiti 29 accedono al pronto soccorso e 22 si ricoverano in ospedale. La mortalità annua è di 16 ogni 100. La metà di questi muore in ospedale gli altri all’interno delle strutture. L’unico dato di confronto con la situazione di questi mesi è quella di una RSA in cui c’è stata una importante epidemia e la mortalità è stata otto volte superiore agli anni precedenti.
 
Visti i dato e la tipologia di popolazione si possono fare alcune considerazioni conclusive.
1 - si tratta di popolazione molto fragile che ha un accesso a pronto soccorso e ospedale superiore di circa il 60% alla popolazione di pari età che vive a casa propria. Questo via vai negli ospedali sicuramente la espone a tutti i rischi infettivi che queste strutture hanno.
 
2 - gli standard di assistenza sanitaria devono essere rivisti e soprattutto modificati con urgenza in situazioni epidemiche. Bisogna immaginare un’organizzazione di pronto intervento in grado di prendersi carico della situazione.
 
3 - queste strutture dovrebbero essere considerate come assolutamente prioritarie per i processi di prevenzione e diagnosi adottando protocolli molto aggressivi, esattamente come scritto recentemente nell’articolo di Arons et all. Controlli serrati, tamponi ripetuti e uso intensivo dei DPI.()
 
4 - il difficile equilibrio tra dimensioni, economicità della gestione, standard assistenziali e qualità della vita è delle relazioni va discusso approfonditamente. Concentrazioni eccessive possono produrre gli effetti che abbiamo visto.
 
5 - deve essere definito il ruolo dell’assistenza medica (dipendenti? Mmg?) 
 
Spero che questi dati e queste riflessioni possano entrare nell’agenda da subito 
 
Giorgio Simon
Già direttore generale AAS5 Friuli Occidentale

27 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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