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Il lavoro medico, sono molte le cose da rivedere

di Costantino Troise

20 MAG - Gentile Direttore,
il 20 maggio 1970 veniva approvato lo Statuto dei lavoratori, un passaggio essenziale per la modernizzazione del Paese. La disciplina dei rapporti di lavoro all’insegna dello Statuto ha rappresentato, infatti, per quasi 50 anni, un terreno comune per imprese e lavoratori, che la politica ha voluto e, a lungo, rispettato.
 
Nei confronti del 1970 il mondo del lavoro è, oggi, cambiato ed ancora è destinato a cambiare. Appare frastagliato e diversificato, indebolito nei confronti delle ragioni della globalizzazione o dell’aziendalismo, accomunato da un filo comune quale la crescita della flessibilità e della precarietà, la riduzione dei livelli retributivi, l’esclusione, specie in Italia, delle donne.
 
Il lavoro in sanità ha subìto, forse, la mutazione più drastica. Il lavoro dei medici ha perso, dopo la crisi della dominanza professionale, valore e specificità, svilito a rapporto impiegatizio, a semplice mansione, di pari passo con la riduzione dei pazienti ad una pila di cartelle cliniche, ridotto a mero costo di produzione, da comprimere per le maggiori glorie economiche del management ed elettorali dell’Assessore di turno. Da tagliare sempre e comunque, prima e più degli altri. Malgrado la sanità sia settore ad alta intensità di lavoro, fondata sul lavoro professionale, senza il quale nemmeno esisterebbe e la stessa innovazione tecnologica si ridurrebbe a pura fantascienza.
 
Un lavoro, quello in sanità, oggi misconosciuto nei suoi fondamentali, comprensivi di un elevato impegno etico e deontologico, omogeneizzato in una notte dove uno vale uno, con buona pace di competenze, capitale formativo, rischio. Come dimostra anche la tragica esperienza di questi mesi, che sta fornendo il pretesto al padrone di turno per esercitare un malinteso egualitarismo che pretende di fare parti uguali tra diseguali.
 
Oggi occorre recuperare spazi per una nuova regolamentazione collettiva che definisca la rete di regole e diritti in uno Statuto del lavoro in sanità, che ne fissi i parametri valoriali, ne ri-definisca i criteri di ingaggio, rispetto ai pazienti e al terzo pagante, ne riconosca il ruolo nel garantire gli esiti delle cure e la stessa sostenibilità del sistema sanitario pubblico.
 
Il capitale umano in sanità vale più di quello materiale, perché l’unico in grado di fare la differenza, come anche questa esperienza tragica ha dimostrato, tra la vita e la morte, con un valore d’uso non paragonabile a nessun altro. Se così è, però, la qualità e le condizioni del lavoro, inclusa la gestione del rischio implicito, non possono essere solo una tematica sindacale, ma devono diventare interesse di sistema, perché solo una società in salute può essere produttiva di progresso, tutele e sicurezza.
 
Questa è la cruna dell’ago attraverso la quale occorre passare per qualunque progetto che voglia disegnare un nuovo mondo per la sanità italiana all’insegna del #nientesaràcomeprima. Di qui occorre ripartire anche per un mondo sindacale, oggi frantumato in coriandoli di varia grandezza, che in uno statuto del lavoro in sanità può trovare comuni ragioni d’essere. Un anniversario non è solo una ferita della memoria, ma è anche impegno per il futuro che l’Anaao Assomed intende assumere.
 
Costantino Troise
Presidente dell’Anaao Assomed

20 maggio 2020
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