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Dopo il Covid più ambulatorio e meno ospedale

di Mauro Del Giglio e Gabriele Tamagnini

19 GIU - Gentile Direttore,
dopo la tempesta, passato lo stupore di questa fase due, è tempo di tornare al lavoro usato. La forzata e prolungata convivenza con un virus sotto controllo ma sempre in agguato, ci obbliga a ricostruire la nostra nuova normalità dalle macerie umane e sanitarie che la pandemia ha lasciato: tra queste la sfiducia del paziente è uno dei prezzi più alti che il sistema sanitario paga e continuerà a pagare.
 
Durante l’emergenza è stato chiaro come la paura di recarsi in ospedale abbia prevalso sul dolore di un infarto miocardico. Inoltre secondo Americo Cicchetti, direttore dell'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell'Università Cattolica di Roma, si stimano “…almeno un milione di ricoveri rimandanti per pandemia in quattro mesi, tra cui oltre mezzo milione per interventi chirurgici non urgenti…”: un costo altissimo da sostenere per la salute della collettività e per le casse della sanità pubblica.
 
Recuperare le prestazioni rimandate prevede:
· che il sistema sanitario sia più produttivo a parità di risorse umane;
· che l’attività di ricovero elettivo e ambulatoriale sia strutturata con percorsi sicuri;
· che si delineino procedure fluide e funzionali per l’accesso alle cure nel rispetto delle norme anti-contagio;
· che il paziente maturi nuova fiducia nel sistema sanitario.
 
Risolvere questa complessa equazione richiede figure professionali dotate di know-how trasversale, capaci di sposare le necessità sanitarie con la sostenibilità economica e gestionale dei progetti.
 
L’attività ambulatoriale potrebbe essere un aspetto da curare con particolare attenzione: laddove la patologia lo permettesse, essa rappresenta un boccone certamente più digeribile di un ricovero diretto, lontano dai propri cari, con una ridotta necessità di tamponi preliminari. Se svolta nel rispetto delle norme anti-contagio (percorsi dedicati, scaglionamento degli appuntamenti, riduzione dei tempi di attesa, professionisti dotati di dispositivi di protezione individuali), il consulto ambulatoriale rappresenterebbe una modalità per recuperare la fiducia del paziente, mentre si avrebbe la possibilità di riprendere il filo terapeutico della patologia.
 
Potenzialmente più colpite sono quelle discipline poco avvezze al consulto ambulatoriale sistematico, poiché si sviluppano principalmente in ambiente di ricovero ospedaliero e vivono di referral terzo, come la cardiochirurgia. Prendendola ad esempio per deformazione professionale, questa rappresenta un modello organizzativo in cui il paziente giunge dopo aver eseguito valutazioni ambulatoriali ed ospedaliere; d’altro canto il cardiochirurgo è un professionista capace di implementare ed interpretare tali dati: un maggiore impegno ambulatoriale e territoriale si tradurrebbe in un aumento dell’efficienza del processo diagnostico.
 
Il fulcro del rapporto medico-paziente, ovvero il cardine di quella fiducia che spinge un malato ad affidare sé stesso alle nostre cure, nasce durante il confronto ambulatoriale: questo è uno spazio personale nel quale cercare risposte alle proprie paure. Tale atto, che segna l’inizio del percorso terapeutico, permette oggi di essere erogato con il giusto distanziamento sociale con l’aderenza alle disposizioni preventive che rappresentano la nostra routine.
 
Mauro Del Giglio
Responsabile dell’Unità Operativa di Cardiochirurgia presso Villa Torri Hospital - GVM Care&Research - Bologna

Gabriele Tamagnini
Aiuto presso l’Unità Operativa di Cardiochirurgia di Villa Torri Hospital - GVM Care&Research - Bologna
 


19 giugno 2020
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