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Farmacie che chiudono. E se, noi titolari, diventassimo dipendenti del Ssn?


16 MAG - Gentile Direttore,
ho letto con commozione e profondo senso di solidarietà, la lettera del mio collega e concittadino campano da voi pubblicata.
La situazione in Campania è davvero così preoccupante come la descrive egregiamente il Dott. Giorgio Basile Giannini e più che suscita in me ancora più rabbia è questo gioco al massacro tutto interno alla categoria di noi farmacisti, fomentato da poche lobby commerciali che intendono distruggere dall'interno la categoria.
 
Le spiego subito il motivo di tale considerazione, facendo brevi riflessioni sulla natura stessa del farmacista "imprenditore pubblico - privato":
La farmacia è un’azienda privata aperta al pubblico in cui attraverso una convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale, quindi lo Stato, si possono dispensare in totale esclusiva i medicinali a carico della comunità, quindi finanziati direttamente dal SSN.
Questa esclusiva si basa su un “patto” reciproco tra Stato e imprenditore privato (il farmacista) che si articola  in precise regole e leggi di attuazione da rispettare : pianta organica, requisiti organico-strutturali, remunerazione dal prezzo dei farmaci.
Dalla definizione di cui sopra, emergono quindi aspetti attinenti alla sfera pubblica così come a quella privata.
Il farmacista, grazie alla convenzione con il SSN, anticipa materialmente i soldi allo Stato per garantire al paziente l’inizio o il proseguimento di una terapia dispensando un determinato farmaco (prescritto dal medico generico anch’esso accreditato presso il SSN) il cui prezzo è stato stabilito dallo Stato (attraverso l’AIFA).
Come e dove li prende i soldi il farmacista per anticipare il farmaco al paziente per conto dello Stato?
In parte dalla remunerazione che lo Stato riconosce al farmacista sul prezzo dei farmaci (circa il 30 %) e in parte dalla sua attività di imprenditore privato attraverso la vendita a prezzo libero di tutti gli altri medicinali o altri prodotti ricadenti nel settore salute (cosmetici, integratori, dispositivi medici e tanti altri).

Ora, se il farmacista si trova in una Regione con i conti in ordine, questo viene pagato con regolarità alla fine del mese (o comunque sotto i 100 giorni) per le somme anticipate, se malauguratamente il farmacista si trova in Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, Lazio e altre, egli viene pagato anche con ritardi superiori all’anno (e in qualche caso anche superiori ai 1000 giorni).
In questo caso, è la sua “bravura” (intesa come capacità manageriale) e il flusso economico generato dagli altri medicinali o prodotti,  a garantire la continuità del servizio.
Se questi prodotti (ovvero i medicinali a prezzo libero di cui quelli classificati in fascia C rappresentano la quota maggioritaria) che vanno a costituire il cash flow  (o “il cassetto”, liquidità ndr) dell’azienda farmacia vengono spostati in altri canali diminuendo così redditività e conseguentemente profitto, detti in termini economici :  quale imprenditore privato (professionista che sia) si assumerebbe il rischio della sua attività ovvero quello di anticipare i soldi allo Stato per poi rivedere gli stessi dopo 6 mesi o 1 anno o 3 anni per di più decurtati (perché nel frattempo bisogna fare un determinato sconto al SSN e la quota di guadagno minimo rimanente lo hanno divorato banche e società di factoring con i loro alti interessi) ?

La risposta è NESSUNO e i primi a rischiare sono i cittadini dei centri piccoli e medio-piccoli, o anche interi quartieri periferici di città  che vedranno scomparire farmacie in crisi finanziaria, e in alcuni casi (soprattutto al Sud) alcune farmacie falliscono per eccesso di crediti in quanto non riescono a pagare grossisti e aziende farmaceutiche sempre perché le ASL pagano con notevole ritardo (e questo paradosso economico, cioè il fallimento per credito si può osservare solo nelle Regioni soggette al Piano di Rientro).
A questo punto, visto che le farmacie di questo passo scompariranno in favore di grandi catene commerciali, distruggendo così un’antica professione e di fatto non garantendo il servizio nei piccoli centri,  perché allora non spingerci davvero OLTRE, cambiando in toto il sistema ?
 
Ecco 3 semplici proposte : 
1) Trasformiamo le farmacie in “servizi farmaceutici territoriali delle ASL” (di competenza) a cui lasciamo la dispensazione senza guadagno dei medicinali a carico dello Stato (ripagando ovviamente l’investimento che il farmacista imprenditore privato ha dovuto sostenere finora) e tutti quei nuovi servizi istituiti dal prof. Fazio del precedente Governo.
I farmacisti all’interno della nuova struttura sanitaria saranno diretti dipendenti delle ASL e i posti, di cui anche la dirigenza del suddetto servizio, verranno assegnati tramite apposite procedure concorsuali.
In tal caso verranno mantenuti gli obblighi derivanti dal rispetto della pianta organica e dei turni feriali così come avviene ora.
Una parte della quota del prezzo dei farmaci destinata al farmacista, il 30 %,  verrà suddivisa tra industria farmaceutica e Stato (per le spese di gestione), in modo da razionalizzare ancor di più la spesa farmaceutica territoriale e dare maggior impulso e competitività all’industria farmaceutica italiana stressata e dilaniata dal contenimento dei prezzi per il rispetto del tetto della suddetta spesa ;
2) Tutti i medicinali di fascia C N-R, R-R e SOP potranno essere venduti in apposite “farmacie” con vincoli organico - strutturali (ad esempio titolarità di un farmacista, frigorifero per farmaci ecc.ecc.) ma senza vincoli territoriali (quindi eliminazione della pianta organica) ;
Una sorta di intra-moenia per farmacisti (o pubblico stipendiato dalle ASL o privato libero imprenditore senza alcun finanziamento o credito statale).
3) I medicinali OTC potranno essere venduti in tutti gli esercizi commerciali senza l’obbligo del farmacista, quindi anche in tabaccherie, salumerie, distributori automatici ecc.ecc.
Ciò per continuare l’opera di trasformazione iniziata da Bersani nel 2007 da farmaco a bene di consumo e in linea con il disegno di legge Gasparri - Tomassini.
Sarà l’Agenzia del Farmaco a vigilare sul suo uso corretto e su tematiche attinenti la farmacovigilanza.
 
Solo così il farmacista potrà vivere serenamente nel suo habitat normale e svolgere la sua vera attività professionale, ovvero quello della cura della salute e attenzione del paziente. Liberato per sempre da logiche di mercato e di ricatti finanziari tra Stato e banche. Sollevato dalle lotte intestine tra farmacisti titolari e non titolari. Non più bersagliato e umiliato dall’opinione pubblica. Un nuovo futuro.
 
Dott.Alberto Catapano
Farmacista













 

16 maggio 2012
© Riproduzione riservata

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