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Se è il Tar a decidere cosa può e non può fare il medico

di Antonio Panti

20 NOV - Gentile Direttore,
la recente sentenza del TAR Lazio sul ricorso di un piccolo sindacato contro la possibilità che i medici di famiglia mantenessero in cura (doverosamente) i loro pazienti affetti da Covid, crea un gravissimo precedente contro la medicina generale e contro l’indipendenza dei medici che la Corte Costituzionalha più volte garantito. In base a una lettura letterale della norma (l’aveva detto Giolitti che in Italia le leggi per i nemici si applicano per gli amici si interpretano) i giudici del TAR Lazio affermano che nel Lazio i MG, essendo incitati a visitare i propri pazienti Covid, “risultano investiti di una funzione di assistenza domiciliare del tutto impropria”…… “che dovrebbe spettare unicamente alle USCA istituite dal legislatore nazionale proprio e esattamente per questo scopo”. 
 
La sentenza non vieta esplicitamente ai MG la partecipazione alle USCA ma, in tal caso, il TAR avverte che i MG “vengono pericolosamente distratti e di fatto sollevati dal loro precipuo compito che è quello di prestare assistenza ordinaria, a tutto detrimento della concreta possibilità di assistere i pazienti non covid”. 
 
Esultiamo! A questo non eravamo ancora arrivati! Il TAR, noto think tank di esperti sanitari, ci dice come organizzare il servizio e cosa debbono fare e non fare i medici.
 
A quanto pare il magistrato può vietare a un medico di visitare un proprio paziente in barba a tutte le abilitazioni e le iscrizioni all’albo.
 
Montesquieu è vissuto invano e ormai viviamo un paese anarchico, dove ciascuno fa legge a se stesso, con la differenza che la magistratura si è autoproclamata sovraordinata a ogni altro legittimo potere e autorizzata a decidere su tutto. Debolezza della politica!
 
Questa è la principale osservazione ma ve ne sono altre. I MG sono legati al SSN da una ACN che impone loro di tutelare la salute dei propri iscritti, di promuoverla e di prevenire i danni, di curarli in studio e a domicilio, di seguirli sul piano clinico e psicologico.
 
Ma il TAR se ne rende conto? Come si può comportare il MG di fronte a una sintomatologia incerta, a un paziente polipatologico che lui solo sa inquadrare quando vi è un sospetto epidemico, di fronte a una banale ILI che, tuttavia, sfido chiunque a decidere aprioristicamente cosa in realtà è o può divenire?
 
E’ ovvio che i MG debbono essere ben protetti dal contagiarsi per non contagiare gli altri e che i pazienti e i loro familiari hanno lo stesso diritto. IL MG deciderà volta per volta, a seconda del suo giudizio, quando visitare personalmente il paziente sospetto, e poi curarlo se positivo, oppure quando inviare l’USCA sotto la sua personale responsabilità e potendone, se vuole, farne parte.
 
Altrimenti a che servono i medici di famiglia? Tutta la politica deontologica dei medici e etica degli amministratori è volta a ricomporre l’unità dell’uomo che la moderna tecnologia tende fatalmente a scomporre in piccole sezioni specialistiche.
 
Prima di emettere sentenze di così forte impatto politico e deontologico nei confronti del SSN sarebbe bene riflettere su tutti gli aspetti di una questione senza fermarsi alla lettera, che spesso tradisce il pensiero e induce in errore.
 
Antonio Panti 

20 novembre 2020
© Riproduzione riservata

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