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Tamponi Covid. Ognuno faccia il suo mestiere

di Roberto Verna

30 NOV - Gentile Direttore,
il grande problema, che si sta verificando in Italia e che è venuto alla luce a causa di questa pandemia, ma forse anche grazie ad essa così da non commettere più gli stessi errori, è il tentativo di nascondere la vergogna dell’inefficienza e della mancata programmazione, tirando in ballo una quantità di figure che non avrebbero dovuto essere coinvolte.
Mi riferisco in particolare al problema dei tamponi. Conosco personalmente numerose persone che si sono messe in fila per ore per fare un tampone e che da decine di giorni non riescono ad avere la risposta, con il risultato di rimanere quarantenati, anche se asintomatici fin dall’inizio, per un tempo indefinito. Il problema nasce da lontano, dal non aver voluto capire che la diagnostica di laboratorio è essenziale per la prevenzione e per la precoce individuazione delle malattie. A basso costo.

Il costo dei ricoveri inadeguati raggiunge il 15% della spesa sanitaria; il costo degli esami di laboratorio il 2-3%. Ma i tagli sono stati fatti sempre e solo sui laboratori. E non solo riducendo i test da attuare ma, soprattutto, nella riduzione del personale. Ecco quindi per quale motivo i laboratori pubblici non sono ora in grado di evadere rapidamente le centinaia di migliaia di tamponi che vengono effettuati; se negli scorsi anni, ma anche solo negli scorsi mesi, si fosse pensato di implementare i laboratori pubblici di Università ed Ospedali, ora non si dovrebbe assistere a tale scempio.

Ma ecco l’idea grandiosa: facciamo fare i tamponi rapidi (non quelli molecolari) alle farmacie.
Potreste dire che l’idea è brillante perché scarica la pressione dai laboratori pubblici. Certo, ma analizziamo bene cosa avviene.

Chi esegue i tamponi in farmacia? Non sempre personale qualificato, ma spesso i farmacisti, i quali professionalmente e culturalmente preparati per la dispensazione di farmaci e per le interazioni fra farmaci, non hanno la minima idea di come si faccia un tampone e delle possibili problematiche connesse. Se un paziente sviene, cosa fanno? Se un paziente sanguina, cosa fanno? Hanno idea della procedura corretta per eseguire un tampone? E se lo fanno male e si determina un falso negativo?

Sono solo alcuni esempi, ma se possono citare molti altri. Uno fra tutti, il referto. Non è loro competenza. Un conto è fornire al paziente un auto test come per la gravidanza o il diabete: il paziente svolge la procedura autonomamente e riceve un numero in risposta.

Qui invece va refertato: positivo o negativo. E non può essere un compito demandato al farmacista il quale, fra l’altro, nella maggior parte dei casi non è protetto civilmente e penalmente da ogni possibile conseguenza negativa.

E qui viene la genialata. Entra in gioco l’Ordine dei Biologi a supporto delle farmacie. L’Ordine selezionerà fra gli iscritti coloro i quali hanno esperienza nell’esecuzione dei tamponi. E fin qui, nulla da dire, anzi. C’è però una contropartita: l’apertura a tutti i laboratori privati per l’esecuzione dei tamponi. E il cerchio si chiude.

Qualcuno potrà pensare che io ce l’abbia con i farmacisti e con i biologi; nulla di tutto ciò. Ho molta stima di entrambe le categorie perché sono professionisti di valore che fanno bene ciò per cui sono stati addestrati ed abilitati.

Il problema non sono loro, è il sistema pubblico che, invece di investire sui propri teatri ed attori e cioè Università, Ospedali, ASL, con medici, farmacisti, biologi, infermieri, tecnici di laboratorio, tutti operatori sanitari con le rispettive competenze ed eventualmente acquisirne altri per migliorare il sistema, cosa fa?

Non sostiene la ricerca per trovare una soluzione alla pandemia (si, certo, finanzia Aziende private per la ricerca del vaccino….), ma demanda ai privati attività che non sono di loro competenza, prefigurando anche un futuro nel quale i farmacisti somministreranno i vaccini, cosa per la quale non sono abilitati.

Certo, sappiamo tutto di questo virus: come è fatto, come entra nelle cellule, i danni che determina. Ma siamo sicuri? Con tutti i contagiati che ci sono, non sarebbe difficile costruire un programma di ricerca epidemiologica che possa definire meglio le varie classi di pazienti in base alla carica virale ed all’eventuale presenza di varianti del virus, alla quantità di anticorpi, alla sintomatologia ed a tutti quei parametri che possano definire meglio il rischio di essere contagiati.

Non mi risulta che sia stato fatto qualcosa del genere, tranne l’associazione della gravità dei sintomi con il gruppo sanguigno, cosa che però non sempre trova riscontro.

Forse in un sistema governato dall’ultra destra capitalista tutto ciò sarebbe normale; ma siamo in uno Stato governato dalla sinistra alla quale dà sostegno il partito dei puri che non farebbe mai una cosa del genere. Però lo fanno.

Prof. Roberto Verna
Ordinario di Patologia Clinica UniCamilus, Roma
Presidente World Association of Societies of Pathology and Laboratory Medicine

 

30 novembre 2020
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