Non basta una lettera per difendere gli interessi e i diritti di una categoria professionale
di Calogero Spada
02 MAR -
Gentile Direttore,
a poche ore di distanza si avvicendano notizie che propongono sul medesimo argomento prospettive alquanto diverse … e forse la loro “distribuzione” geografica non è nemmeno troppo imprevedibile.
Mentre la regione Veneto plaude al secondo infermiere-direttore generale di un’azienda pubblica in Italia (
ne dà notizia la FNOPI), in Calabria ad un primo guaio nelle linee guida degli atti aziendali del commissario ad acta, se ne aggiunge subito un altro: ma se per il primo – il declassamento a “Casa della Salute” degli ospedali di Trebisacce e Praia (CS) – l’ovvia insurrezione popolare per fortuna ne scongiura l’infausto esito [
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3], per il secondo la fattispecie non sarà di così rapida soluzione, perché forse meno “sensibile” … non soltanto alla pubblica opinione.
Il caso riguarda delle indicazioni a dir poco singolari sul numero e qualifiche di nuovi dirigenti da istituire nell’ambito delle professioni sanitarie: il documento prevede al punto n. 48 l’istituzione di un generico dirigente delle professioni sanitarie cui viene attribuito il coordinamento di 3 aree organizzative funzionali ed al punto n. 54 soltanto «un dirigente delle attività infermieristiche e di quelle della riabilitazione»; tutto ciò secondo «quanto previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, rispettando la necessità di una graduazione degli incarichi di struttura aggiornabile in relazione all’eventuale evoluzione organizzativa».
Di qui la presa di posizione di più ordini professionali TSRM PSTRP, che si è concretata in una lettera indirizzata al presidente facente funzioni della giunta regionale, allo stesso commissario ad acta, al Direttore Generale del dipartimento della Salute della Regione; con la stessa si significa, pur elogiando «l’encomiabile decisione di prevedere l’istituzione di tre figure dirigenziali dedicate» e significando la possibilità di un “errore materiale”, causato da una mancata concertazione con gli ordini professionali di riferimento, ed altresì invocando «pari dignità» per le professioni infermieristiche, ostetriche, sanitarie riabilitative e tecnico-sanitarie, di «modificare prevedendo l’obbligatoria istituzione, accanto al dirigente delle professioni sanitarie, delle attività infermieristiche e delle attività di riabilitazione, di ulteriori figure dirigenziali dedicate, alle professioni tecnico – sanitarie, alle professioni tecniche della prevenzione ed alle professioni sanitarie dell’area sociale».
Ebbene, la fattispecie risulta assai controversa; ecco perché.
Sebbene lo stesso corpus normativo invocato dagli ordini (leggi n. 42/99, n. 251/00, n. 01/02 e 43/06) non indichi mai delle direttive cogenti nel merito della istituzione di quali e quanti dirigenti delle professioni sanitarie (ne è indicata facoltà, non obbligo), sono comunque previste precise, specifiche e diversificate “competenze” professionali (non “attività”).
E questo non esclusivamente per una “pari dignità” ma, più concretamente: «in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali», «per l'uniforme applicazione dei percorsi diagnostici e terapeutici in ambito locale», in attuazione «del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell’azione amministrativa», nonché «per il miglioramento dell’efficienza dei servizi pubblici locali».
Il medesimo pool normativo indica specifiche attribuzioni e competenze, soprattutto in funzione di vigilanza: non in seno agli ordini professionali, bensì alla Conferenza Stato – Regioni, ed in particolare alla Conferenza Stato – Città ed Autonomie Locali, organismi sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Infine vale la pena ricordare che qualsivoglia documento amministrativo (tale resta la qualifica di qualsivoglia linea guida, anche se prodotta da un organismo governativo), sia gerarchicamente subordinato ai testi normativi e giurisprudenziali ed anche a quelli dottrinali (ove si può inserire l’attività di un ordine), cui deve peraltro conformarsi (certamente non solo ai CCNL).
Per questi motivi l’unica azione utile che gli ordini professionali TSRM PSTRP di Cosenza, Reggio Calabria e Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia dovevano intraprendere era quella di rivolgersi alle istituzioni competenti per impugnare seriamente tale documento, non scrivere semplici lettere di indulgenza, significando, in inconfondibile modalità adulatoria, «errori materiali, pari dignità, … valori indiscutibili» ed altri inutili dadaismi in concerto.
Se davvero si vuole tutelare quella tanto osannata «valorizzazione dei ruoli e delle autonomie delle singole figure professionali» bisogna essere pronti ad assumersi le responsabilità discendenti da un preciso ruolo e mandato istituzionale; certamente non si può aggregare ai garbugli degli amministratori pubblici quelli degli organismi rappresentativi.
Dr. Calogero Spada
Dottore Magistrale
Abilitato alle Funzioni Direttive
Abilitato Direzione e Management AA SS
Specialista TSRM in Neuroradiologia
02 marzo 2021
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