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Covid e alcolismo. Sintomi ridotti nei pazienti in terapia con disulfiram

di Fabio Lugoboni e Luigi Stella

08 MAR - Gentile Direttore,
pur se sottofinanziato e spesso vittima di cattiva stampa, il Sistema italiano dei Servizi Pubblici per le dipendenze patologiche (Ser. D.), mostra vitalità e creatività scientifica anche in questi tempi di pandemia. E’ recente la pubblicazione di un interessante studio, effettuato da uno gruppo storico collaborazione scientifica tra i Servizi per le Dipendenze Patologiche, il GICS, coordinato dal Dott. Fabio Lugoboni, dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona, in merito agli effetti dei pazienti (pz) in trattamento con disulfiram, noto farmaco impiegato dagli anni 50 nella terapia dell’alcolismo, nella patologia del Covid-19.

Lo studio, partito su impulso del Dott. Ernesto de Bernardis, farmacologo presso il Servizio Tossicodipendenze (Ser. D.) della ASP di Siracusa, formulato, elaborato e portato fino a pubblicazione dai docenti della Università di Verona: Stefano Tamburin, Elisa Mantovani e Donato Zipeto, che ha coinvolto un totale di 1297 pz seguiti per problemi alcool-correlati, di cui 752 in trattamento con disulfiram e 545 con altre terapie.

I pazienti sono stati seguiti durante la prima “ondata” del Covid-19, tra febbraio e maggio 2020, con interviste telefoniche da parte dei Loro curanti, del gruppo GICS; è stata indagata l’insorgenza di sintomi legati al Covid-19, e l’eventuale positività al tampone molecolare per SARS-CoV-2.

Lo studio, ha mostrato che il trattamento con disulfiram era associato ad una significativa e notevole riduzione dei sintomi, febbre (OR=0.37, C.I.95% 0.18-0.77), dispnea (OR=0.53, C.I.95% 0.31-0.82) ed esito composto di febbre o dispnea (OR=0.44, C.I.95% 0.29-0.70). La differenza nell’incidenza di positività al tampone molecolare non raggiungeva la significatività statistica (0.53% nel gruppo trattato con disulfiram, 0.73% in quello di controllo) anche a causa della difficoltà, nel corso della prima “ondata”, per l’esecuzione di tamponi diagnostici per i pz non ospedalizzati.

Il meccanismo di azione dell’attività del disulfiram nel Covid-19 è potenzialmente legato a due fattori: un’attività antivirale, documentata in vitro come inibizione della proteasi di SARS-CoV-2, responsabile della separazione della poliproteina trascritta sulla base dell’RNA virale in singole proteine funzionali, ed un’attività antinfiammatoria legata all’azione di disulfiram su una proteina, la gasdermina D, responsabile di fenomeni infiammatori (piroptosi, NETosi) coinvolti nello stato iperinfiammatorio caratteristico del Covid-19.

Ovviamente, sono studi preliminari e quindi saranno necessari ulteriori studi sia per definire meglio e con più evidenze, i meccanismi farmacologici coinvolti, sia per confermare se le azioni osservate possono essere trasferite nella pratica clinica quotidiana; a tal proposito, è possibile consultare il sito clinicaltrials.gov, dove risulta che sono almeno due ad oggi gli studi randomizzati e controllati registrati, ancora in fase precoce, che hanno investigato l’azione di disulfiram nel Covid-19.

Il lavoro dei Colleghi dei Ser. D., dell’Azienda Ospedaliera e dell’Università di Verona è stato pubblicato su Internal and Emergency Medicine (rivista ufficiale della Società Italiana di Medicina Interna).

La Società Italiana Tossicodipendenze (SITD), si congratula con i Colleghi che hanno realizzato lo studio e due dei quali soci della SITD, auspicando un sempre maggiore investimento culturale e scientifico nel settore, atto a favorire la continuazione della proficua contaminazione tra il mondo della clinica delle dipendenze e quello delle malattie infettive, iniziata con la lotta al virus HIV, continuata con il lavoro attualmente in corso nei confronti dell’epatite da HCV, e nei confronti della pandemia da SARS-CoV-2.

Fabio Lugoboni
Comitato Scientifico Nazionale Società Italiana Tossicodipendenze (SITD)

Luigi Stella MD, PhD
Presidente Nazionale Società Italiana Tossicodipendenze (SITD)


08 marzo 2021
© Riproduzione riservata

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