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Se per le Regioni la sanità resta sempre un “affare”

di Claudio Testuzza

19 MAR - Gentile Direttore,
mi permetto di intervenire nel Forum lanciato da Quotidiano Sanità sul tema della sinistra e la sanità con alcune riflessioni che partono dal tema della spesa sanitaria e del peso che essa ha nei bilanci regionali dove rappresenta mediamente il 75 per cento del bilancio complessivo della regione.
 
Ad esempio, dei 24 miliardi del bilancio della Regione Lombardia ben 18 sono rappresentati dalla spesa sanitaria e circa 2 miliardi dalla spesa socio sanitaria. Circa 90 mila sono i sanitari presenti a carico della stessa regione.
 
Il prof. Cassese, sul Corriere della Sera di martedì scorso, plaude alla decisione della Corte Costituzionale in merito alla decisione, almeno, sulle misure dirette a contrastare la pandemia, di farne ricadere la competenza esclusiva allo Stato.
Con molta correttezza il prof. Cassese ne indica il limite alla “profilassi internazionale” definendolo compito urgente.
 
Ma il Titolo V° della Costituzione definisce materia di legislazione concorrente la tutela della salute e spetta quindi alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
E aggiunge sempre il prof. Cassese, con la lucidità e la lungimiranza che lo contraddistinguono, una volta terminato il periodo eccezionale della pandemia, nel quale lo Stato ha il potere esclusivo di dettar norme, si riproporrà il problema della concorrenza tra Stato e regioni in materia sanitaria. Realtà che potrà acuire i già tesi rapporti centro-periferia e i divari regionali”.
 
Ma da dove nascono questi rapporti già tesi da tempo e che si sono acuiti proprio nel momento della tragica pandemia? A non voler essere presuntuosi ma neanche a cadere nell’ipocrisia, basta vedere le cifre esposte all’inizio: la sanità per le regioni è un “affare” economico, politico, clientelare.
Ed è certo che nessuno vorrà abdicare ad una realtà così vantaggiosa anche se questa condizione ha prodotto divari nella quantità e qualità delle prestazioni ed, addirittura il mancato rispetto dei livelli essenziali di assistenza.
 
E ci appare solamente un mero auspicio quanto più volte ha segnalato la Ragioneria dello Stato: “ .. si rende necessaria la definizione di un sistema di regole che ne disciplini i rapporti di collaborazione nel rispetto delle specifiche competenze. Ciò al fine di realizzare una gestione della funzione sanitaria pubblica che sia capace di coniugare le istanze dei cittadini in termini di bisogni sanitari ed il rispetto dei vincoli di bilancio programmati in funzione degli obiettivi comunitari discendenti dal Patto di stabilità e crescita”.
 
Ricordiamo che l’articolo 5 della legge istitutiva del sevizio sanitario (legge n. 883/1978), Indirizzo e coordinamento delle attività amministrative regionali, limitava la funzione delle regioni a funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative in materia sanitaria, e non alla sua gestione che, invece , spetta allo Stato e “viene esercitata, fuori dei casi in cui si provveda con legge o con atto avente forza di legge, mediante deliberazioni del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, d'intesa con il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale”.
 
Con ciò – si noti – non s’intende esaltare il ruolo centrale dello Stato, che peraltro – coerentemente a tutte le esperienze federali – quando trasferisce competenze e si snellisce assume una veste più forte per effetto dei controlli che esso può attivare, verificandosi quasi sempre, nell’arretramento delle competenze, un rafforzamento qualitativo delle stesse.
 
Ma si vuole, invece, perorare il principio che, almeno negli aspetti organizzativi, la pedissequa e puntigliosa precisazione dell’organizzazione delle USL, dei modelli di esercizio ed erogazione delle prestazioni, della ripartizione dei compiti tra livello regionale e locale, così come tante altre parti della legislazione fondamentale vigente nella materia sanitaria risultano ormai in contrasto con le esigenze operative che si impongono a livello nazionale e forse non più in grado di assicurare un accrescimento dello stato di benessere della collettività superando conflitti, egoismi, e differenze insanabili.
 
Claudio Testuzza
Medico e pubblicista

19 marzo 2021
© Riproduzione riservata

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