E se a riformare la sanità non fosse la sinistra?
di Maria Luisa Agneni
30 MAR -
Gentile Direttore,
ho letto il recente
pamphlet del Prof Cavicchi “La sinistra e la Sanità” e vorrei contribuire al Forum di Qs come medico, specialista ambulatoriale romana e quindi inserita nel SSN dai primi anni ’80 ad oggi, che ha assistito e subìto le modifiche del SSN, le sue evoluzioni e involuzioni, passando anche per la disastrosa esperienza del piano di rientro.
Il sistema sanitario all’inizio della sua nascita ha accordato a noi medici molta fiducia per togliercela col passare del tempo quasi completamente, preferendone la sottrazione ad un sano, giusto e valido governo inserendo limiti sempre più stringenti che hanno determinato anche l’indefinitezza della nostra professione.
Per giustificare questo si sono invocati problemi economici di compatibilità in nome dei quali si sono costruiti percorsi , modalità di approcci clinico assistenziali e molto altro per mantenere una discreta assistenza, o sperare di farlo, addirittura orientando e condizionando in alcuni casi anche la clinica.
Questo ha sottratto alla professione l’impronta intellettuale che ha sempre avuto, ha livellato il sapere medico, ha favorito lo scollamento del rapporto fiduciario con i cittadini che sempre più, potendo, si sono rivolti al privato accreditato o puro e hanno stipulato assicurazioni sempre più impegnative con esiti talvolta imprevedibili.
L’aziendalizzazione del ‘92 è stata la trasformazione responsabile del declino del diritto alla salute come valore assoluto.
Effettivamente ciò che negli ultimi tempi abbiamo percepito e temuto, almeno fino al sopraggiungere della pandemia, è che il SSN in pochi anni si sarebbe dedicato solo o quasi ai pazienti più fragili, (sia dal punto di vista sanitario che sociale) e che ben presto fondi o assicurazioni e privati avrebbero ingaggiato una tale spietata concorrenza da metterci all’angolo, già penalizzati come siamo da sedi e apparecchiature poco competitive.
Il Covid però ha riportato alla ribalta la necessità, anzi l’indispensabilità di un SSN efficiente , un Sistema al quale nessuno adesso si sentirebbe di rinunciare e al quale , dovrebbero pervenire molti fondi.
Ma per fare cosa?
Le riflessioni del professor Cavicchi vorrebbero dare una risposta a questa domanda accendendo i riflettori sui deludenti risultati di una riforma coraggiosa e universalistica come quella del ‘78 (dopo il fallimento economico e non solo delle mutue) modificata ed integrata numerose volte che ha perso gradatamente la sua anima, scivolando verso una controriforma, incagliandosi nella più evidente contraddizione :il rapporto fra spesa sanitaria e PIL: la sostenibilità. Un assillo.
Già nella “Quarta Riforma” del 2016 il professore segnalava tutti i problemi del Sistema analizzandoli con grande competenza e lungimiranza e offrendo proposte di riforme dalla ridefinizione di tutela al riconoscimento di un nuovo ruolo del cittadino, al ripensare la medicina.
Oggi infatti non basta tutelare la salute in tutte le sue declinazioni, prevenzione e cura ma bisogna
costruire la salute con la relazione fra un buon medico e il cittadino o il paziente che ben informato avrà un ruolo attivo, partecipativo in una logica clinica e non igienistica e per fare questo anche la medicina va ripensata e ridefinita nel rispetto del malato che non è solo evidenza ma complessità bio-ontologica , nel rispetto del medico che percepisce, ragiona e decide responsabilmente.
Il limite culturale più presente in tutti i tentativi di riformare la sanità è costituito dall’approccio riorganizzativo, o di aggiustamento infatti non si è progettata mai una vera e necessaria riforma.
Perché nessuno è stato in grado di immaginarla? O è stata immaginata ma nessuno è stato in grado di codificarla e attuarla? A 43 anni dal ’78 è cambiato il mondo e un intervento di maquillage sarebbe imbarazzante, eppure i denari che arriveranno rischiano di essere impiegati solo per quello; o peggio, quando la criticità della pandemia (come speriamo tutti) finirà, il nostro SSN rischierà di ritornare ad essere trascurato e non più oggetto di attenzioni se per tempo non sarà stato riformato grazie anche alle prossime potenzialità economiche. “
Prima del Covid i rischi per il sistema sanitario di regredire, di implodere, di essere privatizzato e delegittimato anche pesantemente dalla società, di perdere la sua condizione universalistica erano davvero forti”
Ho trovato interessante e coinvolgente considerare che una riforma debba superare le attuali contraddizioni di sistema: tra autonomia e gestione di un limite, tra vecchia idea di tutela di salute e moderna idea di salute, tra azienda e complessità… nella consapevolezza che la sostenibilità del sistema sanitario è in relazione alla risoluzione proprio delle contraddizioni che devono essere prima individuate e riconosciute.
Per fare questo ci vuole forza, dedizione e competenza e allora sarà possibile immaginare un Sistema socio sanitario di Comunità con i Consorzi per la salute di Comunità come viene ipotizzato dal professore senza trascurare la riforma del lavoro del medico a cui verrebbe riconosciuto l’essere autore di salute protagonista e azionista e non esecutore di prestazioni. Ma qualsiasi riforma della sanità non potrà essere vincente se non ripenserà il modo con cui si fa medicina , fare meglio, non di più!
Concludo con una domanda: siccome per fare una riforma del SSN ci vuole tra l’altro coraggio, passione per l’obiettivo e consulenti competenti senza conflitti di interesse, il riformatore deve ancora nascere o già ci sarebbe? Potrebbe non necessariamente essere nelle fila in cui Cavicchi si aspettava di trovarlo?
Una cosa è certa sprecare le risorse che arriveranno per accontentarci di piccole migliorie sarebbe un vero peccato.
Maria Luisa Agneni
Pneumologa Ambulatoriale
Vedi gli altri interventi relativi a questo Forum: Cavicchi, Bonaccini, Maffei, Rossi, Testuzza, Spada, Agnoletto, Zuccatelli, Mancin, Pepe, Asiquas, Giannotti, Agnetti, Gianni.
30 marzo 2021
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