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Per criticare il Pnrr bisogna per forza passare per anti italiano?

di Costantino Troise

30 APR - Gentile Direttore,
crede che passerei per anti italiano se avanzassi qualche valutazione critica al Pnrr? O per un neo iscritto al “club del vediamo cosa non va bene nel Pnrr”, anche se prometto di non parlare delle balene grigie? O, peggio ancora, per moderno benaltrista? Comunque sia, sono deciso a correre il rischio, perchè se nel Pnrr approvato dal Parlamento c’è “il destino del Paese”, Draghi dixit, in questo destino c’è posto solo in piedi per l’ospedale e i suoi medici.
 
1) Le risorse del Next Generation EU dedicate alla Sanità hanno subìto, con il passare del tempo, un calo impressionante, passando dai 64 mld del progetto iniziale del Ministro Speranza ai 19,7mld della versione approvata a gennaio per approdare ai 15,6 del progetto attuale, divenuti 20,2 solo grazie al ricorso alla “terza gamba” del disavanzo nazionale.
 
Meno di quanto concesso al superbonus edilizio, vale a dire che “il principale investimento per il nostro futuro, la chiave della crescita e della coesione sociale, il Servizio sanitario nazionale, il bene più prezioso che abbiamo” (Speranza) è stato giudicato degno di investimenti inferiori a quelli riservati ai condomini ed alle ville. E meno male che siamo vicini al 30 aprile, altrimenti non si sa dove saremmo arrivati, specie dopo avere mollato il MES perchè non c’è, secondo Draghi, “un piano di spesa per la sanità”. Agli ospedali è andata anche peggio, con una caduta dai 34,3 mld del progetto Speranza ai 5,6 finali.
 
Per decenni la programmazione del rapporto tra rete ospedaliera e territoriale è stata concepita attraverso un unico filo conduttore, l’abbattimento della dotazione dei posti letto e di personale ospedaliero nel vuoto di politiche attive per le cure primarie. Ora, con un atteggiamento speculare e simmetrico, ma sempre interno alla vecchia logica dei silos che rinuncia a ricostruire un sistema sanitario unitario, si assegna alla sanità territoriale un terzo delle risorse, promettendo una riforma, ma non si restituisce il maltolto in posti letto e personale alla sanità ospedaliera né si apre ad una modifica della governance delle aziende sanitarie. Forse come premio per avere evitato il collasso sociale e sanitario, l’ospedale non viene giudicato bisognevole di adeguati investimenti, se non nel parco digitale e tecnologico e nell’ adeguamento alle norme antisismiche.
 
2) Adeguare il parco tecnologico è cosa buona e giusta. Ma macchinari moderni in assenza del personale deputato a farli funzionare faranno solo la gioia dei produttori. E un ospedale vetusto di 50 anni, come è la grande maggioranza degli ospedali italiani, diventa capace di migliorare quantità e qualità della assistenza solo perchè messo in condizione di reggere ai terremoti? E la digitalizzazione dei DEA supplisce alla mancanza di medici e infermieri nei Pronto Soccorso, visti i concorsi deserti e le fughe?
 
Dovrebbe dire qualcosa il fatto che l’Italia ha avuto un eccesso di mortalità dovuto a cause non Covid pari al 40%, per ritardi di diagnosi, di presa in carico, di attivazione di trattamenti salvavita, rispetto al 27% del Regno Unito, al 5,6 della Francia, al 1,8 della Svezia, al quasi 0 della Germania. Eppure, non c’è un cenno nel Pnrr alle criticità responsabili e in particolare alla necessità di ridefinire dotazioni organiche in espansione per fronteggiare la altra pandemia alimentata da decine di milioni di prestazioni rinviate.
 
Le assunzioni fatte per l’emergenza, un piccolo esercito di precari, non compensano nemmeno le perdite di medici dell’ultimo decennio, aggravate da una insopprimibile tendenza alla fuga che ogni anno, porta fuori dal sistema il 3-6% dei medici attivi. Che non vanno in pensione ma in settori più vivibili. Certo, il virus ha fatto il miracolo, in una Italia arrivata indebolita al tragico appuntamento, di aumentare la spesa sanitaria al 7,5% del PIL nel 2020, anche per il calo del Pil. Poi l'incidenza passerà al 7,3% nel 2021, al 6,7% nel 2022, al 6,6% nel 2023.
 
Ma già nel 2024 si prevedono livelli precovid, senza la volontà di liberare spesa corrente a favore del lavoro nella sanità pubblica, che ne è valore fondante e insieme il segmento più costoso e complesso. E non vale l’obiezione che il Pnrr si occupa solo di spesa in conto capitale, visto che tocca temi normativi come la riforma degli IRCCS e i concorsi a primario.
 
Certo la sicurezza delle cure passa anche attraverso un ammodernamento degli edifici e delle tecnologie, ma non si rilancia la assistenza ospedaliera con pochi posti letto, poco personale, poca flessibilità organizzativa, molta burocrazia. L’ospedale da luogo per eccellenza dell’ospitalità è diventato inospitale per pazienti e medici che, su fronti opposti della barricata, condividono le stesse difficoltà.
 
3) Si investe, però, in formazione manageriale, per la gioia di organizzazioni universitarie e parauniversitarie, e delle Regioni. In una cultura, cioè, funzionale ad un modello aziendalistico fallimentare, che ha sostituito i diritti con i numeri, dove il tempo è denaro e la valutazione della performance conta più degli esiti di salute. Nella illusione di trasformare i professionisti in mini manager, ma senza alcun ruolo nei processi decisionali, nuovi cultori dell’ “adapte or die”. In un sistema dove i medici sono numeri chiamati a produrre altri numeri, in una condizione di scarsa democrazia, non senza venature di autoritarismo, che li vuole “inascoltati, colpevolizzati, censurati, aggrediti, intimiditi, estorti del valore del proprio lavoro, svalorizzati nel proprio ruolo sociale, ricattati sul piano etico e lasciati comunque sempre soli di fronte a tutte le mancanze e le carenze organizzative” (Tramarin). Non a caso lasciano gli ospedali.
 
4) Il Sud avrà 80 mld, ma nessun finanziamento dedicato alla sanità, lasciata nelle condizioni di inadeguatezza strutturale ed organizzativa che conosciamo. In compenso, molta alta velocità, di modo che la migrazione sanitaria potrà essere più veloce, e magari aumentare in numeri per meglio finanziare la sanità del Nord. Le diseguaglianze territoriali e sociali di salute, aspettativa di vita, prevenzione, accesso alle cure rimarranno intatte.
 
5) Alle donne, punto di forza trasversale, sono state dedicate molte parole e pochi fatti. Il piano asili nido prevede 228.000 posti pubblici, meno dei 622.000 giudicati necessari a gennaio. Il che, per la sanità, in cui la forza lavoro è per 2/3 femminile, allontana l’obiettivo di un welfare di prossimità che veda un asilo almeno negli ospedali più grandi. Confusa e parsimoniosa la normativa sulla imprenditorialità femminile, debole la promozione di posizioni dirigenziali di alto livello, da verificare la efficacia del rafforzamento dei servizi di supporto domiciliare per una migliore conciliazione tra vita professionale e vita privata.
 
Scelte sbagliate e miopi hanno, a più riprese, indebolito la sanità pubblica considerando la salute un costo. Oggi era lecito aspettarsi una risposta vera ai sacrifici e alle sofferenze di tutti, e all’Italia intera che, con una consapevolezza acuita dall’emergenza, chiede una sanità pubblica più forte. Per dirla con il Papa, “peggio di una crisi c'è solo il rischio di sprecarla” e noi non possiamo farlo. Misurare quanta distanza c’è tra la condizione del medico ospedaliero e “la retorica degli eroi, che spesso ha attraversato la nostra discussione di questi giorni” (Speranza) significa riconoscere le determinanti della crisi ed essere piu sfidanti nel risolverle. Perchè non si rafforza la sanità del futuro con parole o atti privi di visione di sistema. Curare una parte non salverà il tutto.
 
Molto lavoro c’è da fare per il Parlamento, i partiti, le rappresentanze sindacali e professionali dei medici, se vogliamo rispondere con maggiore efficacia al dettato costituzionale di tutela della salute, individuale e collettiva, e farci trovare più preparati da un’eventuale nuova pandemia, pagando un minore prezzo in termini di vite umane.
 
Costantino Troise
Presidente Nazionale Anaao Assomed

30 aprile 2021
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